Il 6 ottobre è uscito il nuovo disco di Tommaso Paradiso. Lo ha chiamato Sensazione Stupenda seguendo l’istinto delle sue emozioni perché oggi, dopo due anni difficili in cui anche le cose più semplici come uscire di casa erano diventate impossibili, può di nuovo dirsi felice. Ha compiuto quarant’anni, si ritrova adulto in un mondo che a guardarlo bene spaventa, ma sceglie di non avere paura, che è anche il titolo di una delle sue canzoni più belle. Sceglie di vivere, circondandosi delle persone che ama, tenendo fisso lo sguardo su quello che prova e che da sempre forma la sua poetica.

Ci sono i suoi amici, quelli veri che da sempre lo tengono con i piedi per terra, attorno a tavole imbandite e una chitarra, c’è la sua compagna Carolina con cui sta da sei anni e ci sono i suoi musicisti tra cui ricompare Marco Rissa, ex Thegiornalisti, che torna a suonare con lui nel Tommy 2023 Tour, in partenza da Roma il 16 novembre. È felice delle canzoni che ha scritto e di come suoneranno live.

Non è cambiato il suo modo di scriverle, con quello sguardo attento a quello che succede nel mondo, partendo da sé. Si sente la nostalgia, si sente l’amore per quello che è stato, con un occhio attento sul presente, si sente la voglia di viversi tutto, di nuovo. Parla della sua Roma, la città in cui è nato e che ama, del diventare adulti e soprattutto di quanto sia importante l’amore e racconta così la sua rinascita. Da "Figlio del Mare" che saluta quel buio che lo ha avvolto a "Blu Ghiaccio Travolgente", il nuovo inno con cui farà cantare a squarciagola nei palazzetti, Tommaso continua a raccontare la sua visione del mondo che oggi ha ritrovato tutti i colori. Lo abbiamo incontrato.

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Alex Valentina
Tommaso Paradiso è il volto della nuova cover Extra di Cosmopolitan. Foto di Alex Valentina.

Qual è questa sensazione stupenda?

«Sono tante. La verità è che questo titolo c’era da un po’. Io mi conosco, è un titolo molto emotivo e passionale. Non rifletto molto, a meno che non sia necessario. Sull’emotività vado di pancia. Dopo la restrizione della pandemia, la chiusura, l’impossibilità di toccarci, di prenderci per mano, mi ha travolto una bellissima felicità. Io sono una mina, accumulo, metto tutto dentro, ma poi quando apro la porta esplodo. Quando è tornata la possibilità di vivere mi sono mangiato tutto e mi sono riappropriato di tutte quelle sensazioni mancate. Nel primo concerto sono stato travolto da questa sensazione stupenda di riprendersi la vita così come piace a me. Di faccia, di pancia, di potenza. Mi è sembrato tutto incredibile. Pure troppo».

Sei stato male, tanto da non riuscire a fare le cose più semplici, lo hai raccontato in molte interviste, cosa ti ha salvato?

«Stare male è una cosa normale che capita a tutti, c’è chi è più esposto e lo può dire in un’intervista e chi solo a un amico o allo psicologo. Io scrivo canzoni sincere, non faccio mistero dei miei pensieri. Ho affrontato le mie ansie giornaliere facendo un percorso, vivendo i piccoli cambiamenti positivi che mi hanno riportato a stare bene. Non riuscivo ad andare a un punto A a un punto B da solo, allora arrivavo dalla mia dottoressa e le dicevo che mi sembrava un miracolo. Poi, un piccolo obiettivo alla volta, con calma, senza che fosse una sfida, mi ha fatto ricominciare. E so che si può ricadere indietro, non è un dramma, ci sono giorni sì e giorni no, ci saranno sempre. La vita è questo, parli con il tuo cervello, trovi piccoli escamotage, piccole parole da dirsi quando servono. Ma un giorno finalmente ti chiedi come è che ora stai così bene?».

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In un momento storico come questo dove l’ansia è così presente è importante parlare ma anche raccontare che davvero si può stare meglio.

«È la verità, quando sei veramente nella merda e pensi che sia tutto finito e hai davvero troppa paura e pensi che non ne uscirai mai, bisogna crederci che invece così come è arrivata, l'ansia passerà. Niente è per sempre. Ci sono alternanze, ci sono due facce della stessa medaglia. Come stai male è altrettanto vero che puoi stare veramente bene».

Si parla poco di chi sta accanto a chi sta male. Chi ti è stato accanto?

«Carolina prima di tutto, poi i miei amici e ecco, sono proprio queste persone che causano le mie sensazioni stupende. Nei weekend ceniamo spesso tutti insieme a casa, siamo il solito gruppo. È anche il mio pensiero felice del lunedì, quando riprende la settimana con tutti gli impegni. E invece quel pensiero della cena con le persone della mia vita è un bel modo per vivere la settimana».

Tu sei una persona che aiuta gli altri?

«Sono un ottimo demiurgo per gli altri, riesco a curare, ho questa capacità. Non riesco a curare me stesso ma riesco a far star bene gli altri. Quando vedo la gente che soffre, io mi trasformo. Mi viene naturale».

L’amore adulto di cosa è fatto?

«Ci si conosce di più, riesci a capire esattamente prima quando qualcosa può far piacere o dispiacere. La conoscenza diventa totale. Però ci tengo a precisare che quello che vivo è un amore molto vivo, non c’è più la sorpresa o le farfalle nello stomaco ma non è che dico buonanotte e mi giro dall’altra parte, non è un amore duraturo che porta alla noia, anzi, la maggior conoscenza è una bellissima cosa che puoi usare per goderne di più».

“Questo disco l’ho scritto per te”, è per Carolina?

«No, è per te che ascolti, per tutti»

E quando in "Figlio del mare" canti di un anello al dito?

«È un anello con una pietra grezza, il rubino stellato. Me l’ha regalato mia mamma, è molto semplice. Mi piace da morire e lo tengo sempre con me».

Crescere ti fa paura?

«Il musicista ha una caratteristica, è un eterno coglione, in senso buono. E alla fine non cresce mai. Arrivano le gastriti, i primi acciacchi, arriva la vita adulta e c’è più serietà. Ma rimane per sempre una parte leggera, di divertimento, soprattutto quando stai a contatto con la band. Quindi no, non mi fa paura».

E se pensi al futuro?

«Mi spaventa solo che ho compiuto 40 anni a giugno e sono volati. Non faccio previsioni, non penso al futuro, ma sono volati. Se mi guardo indietro, mi sembra tutto vicinissimo. La memoria gioca scherzi temporali bastardissimi. Se penso alle elementari mi sembra ieri, se penso alle vacanze con il mio amico Luca a Fregene a sgonfiare le ruote delle biciclette, mi sembra ieri. Non mi spaventa il futuro, mi spaventa il tempo».

Com’eri da bambino?

«Stupendo. Molto migliore di adesso. Ero proprio una forza della natura. I sentimenti positivi sono rimasti tutti intatti, perché sono rimasto buono, uno che cerca sempre di vedere il bello negli altri. Da piccolo non avevo difetti, ero un bambino felice. Sono stato un adolescente felice. Ho sempre fatto ridere gli altri, anzi li faccio ancora ridere, poi però sono subentrate le angosce, le ansie che da ragazzino non avevo. Ok, come quasi tutti avevo paura di andare a dormire da solo, ma di giorno era solo felicità»

Hai nostalgia del passato?

«So che sembro un “passatista”, e sicuramente guardo al passato, ma senza pensare che fosse più bello. Io sono molto più felice adesso. Prima c’era l’incoscienza in quello che facevo. Ho fatto trentasei palazzetti, ho fatto il Circo Massimo, i dischi… andavo come un rullo, senza rendermi conto di nulla. Ora invece me la sto godendo. Sono più consapevole, capisco quello che sto facendo, me lo vivo fino in fondo».

Questo star bene interiore come si relaziona a quello che sta succedendo nel mondo? In "Figlio del mare" lanci un messaggio d’amore alla Terra.

«Anche togliendo le cose oggettive che vediamo nei telegiornali, vedo il terrore nelle persone attorno a me, anche nelle piccole cose. La paura di partire, il senso di pericolo. Tra cataclismi, guerre, pestilenze sembra di essere tornati nei secoli bui. Scopriremo solo tra qualche anno, quando potremo rileggere questo presente, quel che è successo. Non so fare previsioni, forse basterebbe che qualcuno di potere si svegliasse e decidesse di fare qualcosa. Noi assistiamo e basta».

Come si affronta il quotidiano, con così tanta paura attorno?

«Ti svegli, fai colazione, vai al lavoro. Cercando di insegnare più educazione che si può. Bisogna comportarsi bene, rispettare il prossimo, fare la vita di tutti i giorni nonostante quello che ci accade attorno. Non possiamo mettere un timer alla vita, non possiamo fermarci. E allora cerchiamo di continuare a vivere, il mondo va avanti»

I ragazzi di oggi come li vedi?

«Sono tutte persone per bene, appassionate, intelligenti. Sono i genitori a dover essere ancora più bravi. I nostri dovevano solo proteggerci da tv e videogiochi. Io non sono mai stato malato di gaming, non ero bravo, ma mia mamma per esempio aveva fatto mettere un lucchetto alla tv dall’elettricista, per non farmi stare tutto il giorno davanti ai telefilm. Oggi ci sono i social, ci sono le visualizzazioni e i like. I valori si confondono, qualcosa di terribile come schiantarsi in macchina può sembrare figo, così come tirarsi un cazzotto per un like in più. Ci sono parametri che si perdono e gli educatori di oggi devono stare ancora più attenti».

L’idea di diventare genitore ti spaventa?

«Be, sì, da un lato non potrei privare un ragazzino dal presente, certo mi piacerebbe farlo crescere come se fossimo nel 1813, ma non potrei. Io sono stato educato in modo molto rigido, ma anche naturale. Dovrei essere in grado di insegnare i valori fondamentali, quelli universali».

Che rapporto hai con le bugie?

«Se sono bianche e non fanno male a nessuno vanno bene. Le bugie grosse invece escono sempre, conviene non dirle».

L’addio più difficile che hai dovuto dire?

«Tutte le persone che volevo nella mia vita sono ancora qui, non ho detto addio a nessuno di chi volevo con me. L’addio più difficile è quello alle abitudini. Quelle senza cui non riesci a vivere anche se fanno male. Mi piacerebbe smettere di fumare, ma alla fine le abitudini prevalgono sempre».

Tra le abitudini più belle, torni a suonare live. Sei pronto?

«Ho tantissima voglia. Stiamo provando e l’unica apprensione che ho è che le prove sono troppo perfette. E allora mi chiedo come faremo a replicare questa perfezione? Andrà sicuramente storto qualcosa, è davvero troppo bello».