“Non si vince da soli ma ci si allea”, anche sul palco, insieme. Uniti dalla musica e da una profonda amicizia nata di fronte a un aperitivo più di dieci anni fa, quando i numeri che contavano non erano sui social ma nei concerti, Coez e Frah Quintale celebrano in un tour partito da Mantova l’11 gennaio il lungo viaggio che li ha portati qui, tra le canzoni del loro primo joint album Lovebars e i brani che li hanno resi un punto di riferimento della scena indie italiana, anche se la definizione che più li rispecchia oggi è alternative pop. Dividono lo spazio, fondono le sonorità, mescolano le loro differenze e ritrovano l’incontro con il pubblico che si specchia nei loro testi, tra date sold out e dischi di platino. Il live è la dimensione preferita per entrambi. Quella in cui essere loro stessi, allontanando la timidezza e l’essere schivi.

Diversi, ma anche molto simili, Silvano Albanese e Francesco Servidei hanno sei anni di differenza e una visione del mondo comune. Coez di Roma, diventato mainstream con “La musica non c’è”, ha sei album all’attivo; Frah Quintale di Brescia, ha fatto il salto con un doppio disco di Platino per l’album di esordio Regardez Moi. Carriere differenti, ma pensieri comuni, con la voglia ora di fare un pezzo di strada insieme per cantare l’amicizia che, per loro, ha sempre a che fare con l’amore.

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Simone Biavati
Coez e Frah Quintale sono i volti della nuova cover Extra di Cosmopolitan.

È più bello insieme?

Frah: «Sicuramente è diverso. Oltre a essere più divertente è sicuramente meno difficoltoso perché ci si divide i compiti. Anche il concerto diventa meno faticoso, non hai tutti gli occhi addosso, non sei solo tu tutto il tempo. E ogni tanto puoi riprendere fiato».

Vi ricordate il vostro primo incontro?

Frah: «Eravamo a Brescia. Per diverso tempo abbiamo avuto lo stesso manager. Ci siamo trovati a bere insieme».

Che amici siete oggi?

Frah: «Io vedo in Silvano un fratello maggiore. Ha avuto un altro percorso rispetto al mio, è arrivato prima, ha aperto tante porte, non solo a me. Mi consiglia».
Coez: «Io vedo il fratello minore, quello però più intelligente. Siamo molto complementari, anche a livello vocale. Averlo sul palco con me mi dà sicurezza. Abbiamo fatto dischi ma nasciamo entrambi da quell’epoca dove in un anno potevi fare anche cento date live. Se guardo alla mia sinistra o destra e lo trovo, sto tranquillo».

In cosa siete diversi?

Frah: «Silvano va dritto al punto. Sa esattamente quello che vuole ancora prima di averlo. Io ci metto di più».
Coez: «Vado dritto è vero, ma non sempre arrivo al punto. Lui mi mostra soluzioni diverse, magari anche più imprevedibili».

Nelle canzoni che avete scritto insieme, come “Local Heroes”, c’è uno sguardo nostalgico al passato, per un sogno nella musica che non sembrava reale. Cosa provate?

Coez: «Vivevamo di un sentimento puro, non si pensava all’aspetto economico, ci abbiamo messo tutto senza aspettarci nulla in cambio. Oggi è diverso, i ragazzi iniziano a vent’anni e sanno già di firmare con la major. Per noi è stato un processo inverso. Era un sogno difficile».
Frah: «Se mi guardo indietro ringrazio di averci creduto. E di aver avuto appoggio dai miei, da mia mamma. Un po’ me lo sentivo, ma in quegli anni quasi ti vergognavi a dire che volevi fare della musica il tuo lavoro».

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Simone Biavati

Nello stesso brano in effetti c’è una critica anche al mercato discografico attuale…

Coez: «Be’ un po’ ci piace fare quelli che criticano, ma quando vieni dalla gavetta vera è chiaro che te la rivendi. In realtà siamo contenti che oggi ci siano dei canali più facili rispetto al passato. È stata una gran fatica, ma almeno noi abbiamo raccolto i frutti. Se penso al mondo del rap, in tantissimi non ce l’hanno fatta».

C'è stato un momento sliding doors nella vostra vita, che vi ha portato qui?

Frah: «Sì, a fine 2011 avrei dovuto andare a lavorare a Barcellona. Mi piaceva, avevo un amico che stava partendo. Ho pensato di partire anche io, un salto nel vuoto senza sapere che cosa avrei trovato. Non l’ho fatto perché il mio progetto stava iniziando a funzionare… Ho scelto di restare e investire nella musica».
Coez: «Io non ne ho uno così definito, ho fatto tante scelte, ho mollato il lavoro per fare musica, facevo il fonico tv, lavoravo ai concerti, poi a un certo punto stavo in cucina di amici che avevano un ristorante, poche ore durante il giorno per avere le sere libere e suonare. Ho scelto di dare alla musica una corsia preferenziale».

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Simone Biavati

È questo il futuro che sognavate?

Frah: «Lavorativamente parlando, non è male. Ma se si smette di sognare finisce l’energia, quindi il vero sogno deve ancora arrivare».
Coez: «Questo lavoro ti mette di fronte a tante cose che non erano immaginabili. Ci sono tanti aspetti difficili, quando ci stai dentro vedi quanto costa questo sogno. Rimane comunque il mestiere più bello del mondo, ma preferisco chiamarlo progetto».

Diventare adulti è difficile?

Coez: «Ho quarant’anni, sono più grande di Frah. Sento il passaggio del tempo».
Frah: «Più vado avanti, nella mia professione e nella vita personale, più cerco di scegliere solo quello che mi fa davvero contento. Prima avevo di più l’esigenza di dimostrare, accettavo cose anche controvoglia, dovevo per forza correre. Più vado avanti più sento che la mia direzione è quella di andare dove sto bene. Non vale la pena dire sì a tutto».

Crescendo conta più l’amore o l’amicizia?

Frah: «Conta l’amicizia e conta anche un amore sano, perché spesso l’amore si confonde con tante altre cose e diventa un’arma a doppio taglio. Invece quando c’è anche amicizia nell’amore, è un bel goal. In questo momento comunque scelgo l’amicizia nei rapporti. Anche con le donne».
Coez: «Rispecchia molto il mio pensiero. C’è una fase della vita in cui l’amore prende completamente un’altra accezione ma poi ti rendi conto che era l’unico che conoscevi. Andando avanti, anche grazie all’esperienza, alla tantissima sofferenza, le emozioni mutano. L’amicizia rimane. E mi sembra anche più facile da gestire. Anche se in questo lavoro a volte bisogna stare attenti, ci sono persone che si avvicinano per altri fini, ci si può fare molto male. In ogni fase della vita bisogna comunque scegliere il proprio amore».

In “Vetri Fumé” parlate di chi vi ha voltato le spalle. È successo spesso?

Coez: «Quando è il tuo momento la gente salta sul carro, quando l’hype cala bisogna vedere chi ti rimane accanto. Bisogna dare confidenza in modo più attento».

Vi capita di sentirvi soli?

Coez: «Io sto solo molto spesso, amo la solitudine, ma so di avere persone vicine, anche se non le vedo spesso. Questo mestiere poi ti spinge un po’ all’auto isolamento… Mi capita di voler andare al parco oppure in centro, ma poi penso che è pieno di ragazzi … Finisce che ti costruisci un tipo di vita un po’ lontano dalle persone. Bisogna fare i conti con la fama, è il rovescio della medaglia. All’inizio è figo, ma per chi fa canzoni è quasi controproducente. Senza incontri, senza storie, non si scrivono canzoni. Allora viaggio tanto, ma uno non è che può andare sempre all’estero. Dovrei imparare a vivermela meglio».
Frah: «Dipende da come sei, io cerco di stare in mezzo alle persone anche quando non mi va e preferisco essere onesto e non fare foto, se in quel momento non voglio. Faccio in modo che questo lavoro, che è un miracolo nella mia vita, non diventi allo stesso tempo la mia prigione. Quindi cerco di educarmi ed educare a proteggere la sfera personale. Sono timido da sempre».

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Il vero incontro è nei live?

Coez: «Quello per me è il momento più sano di tutti, in cui si vive uno scambio reale, non è una foto, è darsi. E magari la foto la si fa lo stesso ma racchiude un momento umanamente forte, è emozione da immagazzinare».

Cosa deve aspettarsi chi viene a sentirvi?

Coez: «Sai quando vai a quei concerti che quando esci cammini a un metro da terra? Spero sempre più in quello, spero sia quella l’emozione che diamo al pubblico».

Scaletta?

Frah: «Suoniamo il nostro disco e abbiamo un po’ di mash up per ripercorrere le nostre due carriere».

Il disco si chiude con “Aspettative”. Le vostre?

Frah: «Selezionare quello che voglio davvero, eliminare gli obblighi. Vivere con un po’ di sano egoismo, per stare bene».
Coez: «Uscire da certe dinamiche, non sono più la stessa persona che ha intrapreso questo percorso né a livello lavorativo né personale. Sono in una fase in cui ho capito cosa mi ha portato fin qua, ma vorrei capire cosa fare per andare più in là. Vorrei superare questa fase, senza troppi danni».

Di andare a Sanremo non vi è venuta voglia?

Coez: «In passato ho presentato un paio di pezzi e non sono stati presi. Le cose sono andate bene anche senza, anzi forse anche in modo più organico, però non lo escludo per il futuro. Se avessi il pezzo veramente giusto ci andrei… Solo che questo pezzo giusto non c’è».
Frah: «In questo momento non credo che Sanremo sia un canale interessante per me e per il pubblico a cui voglio parlare e con cui voglio comunicare. Svegliatemi quando finisce Sanremo».

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Simone Biavati


Le date del tour

Giovedì 18 gennaio 2024, Napoli – Pala Partenope SOLD OUT

Sabato 20 gennaio 2024, Catania – Pala Catania SOLD OUT

Venerdì 26 gennaio 2024, Roma – Palazzo dello Sport

Sabato 27 gennaio 2024, Roma – Palazzo dello Sport SOLD OUT

Lunedì 29 gennaio 2024, Milano – Mediolanum Forum SOLD OUT

Giovedì 1 febbraio 2024, Firenze – Mandela Forum