«L’universo è così ironicamente perfetto che anche questa volta si è pronunciato al momento giusto. Era da giorni che volevo scrivere una lettera a me stessa, a Voi, per parlare del Tempo, della sua importanza, della sua relatività e fuggevolezza e ogni volta in cui provavo a sedermi con i miei pensieri succedeva qualcosa che mi riportava alla frenesia. Siamo la generazione dell’ansia, figli di una società consumistica che va veloce, troppo veloce, disumanizzando il nostro modo di muoverci nel mondo, dalle interazioni sociali, alla connessione con ciò che realmente ci può salvare, la Natura e il nostro interiore. Demonizzare il modo in cui viviamo non è il mio obiettivo, non c’è cosa più inutile che lanciare giudizi fini a se stessi, ma non posso non soffermarmi un istante sul fatto che non riconosciamo più ciò che ci può salvare: rallentare, riequilibrare il sistema nervoso, respirare, l’azione più semplice ed involontaria del mondo, ciò che ci tiene in vita e che ci può salvare, dal panico, dalle decisioni sbagliate, da un’esistenza vissuta in apnea.

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add cosmopolitan, Getty Images
Foto di Alessandro Treves

Sono seduta su una panchina in un parco di Milano est. È da poco successo uno dei più grandi nubifragi che abbiano mai colpito la città e forse che io abbia mai visto. Alberi secolari sradicati dal terreno, strade e case allagate, sembra che l’ira di Madre Natura sia arrivata anche a noi, forte e chiara. Nonostante questo, nonostante sia tutto visibilmente bloccato, la gente continua ad andare veloce, suonare clacson isterici e assordanti e a non rendersi conto di quello che gli stia capitando attorno. Tutto ciò mi spaventa? Un po’ si. Non sono spaventata per la Terra che ci ospita, Lei vivrà, troverà un modo, come ha sempre fatto, di resistere, di esistere. La preoccupazione è rivolta a noi, ospiti un po’ maleducati che continuiamo a mangiare con fare bulimico nel piatto altrui e poi vomitiamo e sporchiamo sulla tavola dell’oste.

Prenderci del Tempo, rallentare la velocità di crociera
, respirare per osservare dentro e di conseguenza anche fuori sono gli unici strumenti che fino ad ora mi hanno salvata dalla caducità della vita. Fin da piccola sono sempre stata allenata a proiettarmi nel futuro o a consolarmi con il passato, spesso mi dissociavo dal presente, vivendo un’illusione, non aderendo quasi mai alla realtà. Per molto tempo pensavo fosse un meccanismo di difesa che mi potesse salvare dalla mia ipersensibilità, ma notai che andando avanti con gli anni, quella che mi sembrava una soluzione non lo era più, era diventata una trappola mentale. Malesseri e atteggiamenti compulsivi, fino ad arrivare al burnout. Ero all’inizio del mio viaggio lavorativo, anzi, all’inizio della mia vita e volevo fare bene, ma al tempo stesso non ci stavo già più dentro. A quel punto non potevo non staccare.

Sono finita in Amazzonia, dagli Ashaninka,
comunità indigena dell’Acre, dove ho imparato per la prima volta cosa significasse vivere in armonia, con se stessi e con ciò che ci circonda, vivere in Presenza, rispettando le stagioni e il loro corso (non solo della Terra, ma anche e soprattutto le nostre). Appena il mio cuore ha compreso quanto siamo tuttx profondamente legati ed essenzialmente la stessa identica cosa, qualcosa in me è cambiato profondamente. Sono rinata. Da quel momento ho sentito la necessità di ristrutturare la mia vita, anche perché non avrei potuto vestirmi nuovamente con gli stessi panni di prima e sorridere e annuire come se nulla fosse shiftato dentro di me.

Ora la qualità del mio quotidiano non è paragonabile a prima.
Il modo in cui vivo è completamente differente: ogni azione, pensiero, obiettivo ora ha un’intenzione che lo precede. Con le intenzioni creo presenza, con la presenza creo la realtà che vorrei vivere. Costruendo una realtà intenzionale, consapevole e in armonia con i miei pensieri e sensazioni, sono capace di vivere come dovrei, ringraziando ogni giorno per la benedizione di essere qui ed ora. Ed è tutto ciò che conta.

Per parlare più praticamente di come io abbia compreso una lezione così fondamentale per me ( e spero anche per Voi) ed evitarvi un viaggio oltreoceano (anche se vi consiglio prima o poi di farlo) sono dovuta andare alla radice di tutto: il respiro.
Non pensavo che concentrarmi sul respiro potesse donarmi un senso di pace immediata, non pensavo che prendermi 10-15 minuti ogni mattina per meditare, fare breathwork mi avrebbe non solo regalato uno spazio tutto mio dove fluttuare leggera senza dovermi immedesimare in tutti i miei pensieri, senza doverli giudicare, accogliendoli e basta. Non pensavo che andando avanti con la pratica, chiudendo semplicemente gli occhi e respirando con intenzione, mandando luce e Amore a tutte le cellule che abitano il mio corpo e che mi circondano, potessi visualizzare e creare opportunità per la mia vita, scoprendo sempre di più come funziono interiormente. E invece sì, respirare è sempre stata la soluzione.

Siamo tuttx un bellissimo contrasto ed è proprio questo chiaroscuro che ci rende speciali come esseri umani
. Non dico che dobbiamo diventare degli yogi, andare nella giungla o fare gli eremiti su una montagna per poterci riconnettere con noi stessi e dare un senso più profondo al nostro percorso su questo pianeta, ma sicuramente prendere spunto dalla loro capacità di fermarsi e semplicemente stare, essere, può avere un impatto immenso su di noi.

Spero che questa mia riflessione possa smuovere qualcosa, anche una minima parte di voi che scalpita sotto tutti questi pensieri e che vuole semplicemente essere ascoltata. Datele retta, per una volta, per un respiro soltanto. Mollate il timone e perdete il controllo, fidatevi di Voi stessi e respirate. Sono certa che appena riaprirete gli occhi, la vostra giornata avrà un nuovo sapore, i colori saranno più vivaci e il vostro umore più centrato e calmo.

Grazie per avermi concesso questi preziosi minuti della vostra esistenza, speriamo di vederci presto, se non di persona, magari in quello spazio mistico e pulito in cui il Tempo sembra fermarsi e i problemi non sono più tali».


Haux Haux,
Namasté,

Gaia