Flessibilità totale, un lavoro smart che puoi fare potenzialmente da ovunque tiri un refolo di Wi-Fi, organizzando spazi e tempi a tuoi piacimento, anche per un'azienda di Timbuctù, anche senza spostarti da casa. La professione che ti promette tutte queste meraviglie ha tante facce, tutte riconducibili al mondo ICT, che significa information and communications technology.

Se ti stuzzica l'idea di diventare programmatice o sviluppatrice questo è il momento perfetto per approfondire. In momenti difficili come il periodo della pandemia da corovirus è stato più che mai chiaro che le competenze digitali sono sempre più richieste. Lo erano già prima e lo saranno sempre di più. Un cambio di passo che sta accelerando a razzo la digitalizzazione del nostro paese.

"Imparare facendo, è oggi, per alcuni aspetti del digitale, richiesto e favorito dalla realtà. Quello che sta accadendo non è solo circoscrivibile all’uso di alcune tecnologie per far fronte ad una situazione sociale altamente critica, ma anche alla crescita di molte domande sul suo corretto uso e sulla sua validità, in particolare nei percorsi educativi e formativi. Ciò apre molte domande di grande interesse che rappresentano – e rappresenteranno certamente in futuro – un importante contributo al cambiamento culturale che la trasformazione digitale sta imponendo,"

scrive Mario Mezzanzanica, professore associato dell'area dei Sistemi di Elaborazione delle Informazioni del Dipartimento di Statistica e Metodi Quantitativi dell'Università degli Studi di Milano Bicocca, presentando i risultati dell'Osservatorio delle competenze digitali 2019.

Le competenze tecniche più utili da acquisire se vuoi lavorare in questo settore sono quelle legate all’intelligenza artificiale, machine learning, big data, IoT, cloud computing e computer vision. Saper usare software, strumenti di analisi e linguaggi di programmazione come Python, Hadoop, Hive, Scala ti dà una marcia in più.

Secondo il più recente report del Women Tech Council le donne nel comparto tech nel mondo sono circa il 20%. Un po' pochine...

"Anche in Italia si arriva ad avere poco più di un 20% di donne impegnate nell'ambito tech (percentuale comunque seppur demoralizzante superiore ad altri paesi europei come la vicina Germania), ma la percentuale scende drammaticamente al 15% se si considerano i ruoli da manager nel settore ICT. Questi dati stanno aumentando rispetto al 10% di qualche anno fa, ma troppo lentamente per immaginare una parità nell'arco di pochi anni," ci spiega Scilla Signa, creatrice di GirlsTech, un evento promosso da Synesthesia che si interroga sul gender gap nelle professioni tech e l'11 febbraio scorso in occasione della giornata mondiale delle donne nella scienza, durante i Torino Digital Days, ha radunato alcune delle donne italiane più autorevoli in tema di ICT e STEM.

L'ultimo report stilato dall'European Institute for Gender Equality (EIGE) rivela che le donne che fanno professioni tech sono meno propense ad essere libere professioniste o freelance, e preferiscono lavorare in team con altre donne. La grande contraddizione? Le donne rispetto agli uomini riescono a gestire meglio il lavoro per bilanciarlo con la propria vita privata, ma pur lavorando di più vengono pagate meno.

Quali sono le professioni più richieste? Ecco le figure più cercate dalla aziende in questo momento, secondo un'analisi dell'Osservatorio delle competenze digitali 2019.

  1. Data Specialist,
  2. DevOps Expert,
  3. Quality Assurance Manager e Blockchain Specialist,
  4. Digital Educator,
  5. Cloud Computing Specialist,
  6. Product Owner,
  7. Solution Designer

"Le donne sono sicuramente multitasking e questa caratteristica bene si presta ad un tipo di lavoro in cui la flessibilità è importante. Purtroppo il loro apporto all'interno dei progetti seppure riconosciuto da quasi tutti su un piano emotivo, non lo è affatto, in pratica, sul lato economico", continua Scilla Signa.

Non è una novità: da sempre le donne hanno dovuto lottare per poter lavorare coi numeri. Ce lo conferma l'esperta Marta Regge, una delle prime esperte di computer science in Italia, che da Udine, passando da Princeton, è arrivata al Politecnico di Torino. Mentre studiava fisica e ingegneria elettronica, traduceva il primo manuale del DOS in italiano e allevava quattro figli. È anche stata per un anno in Kenya a insegnare algebra in una scuola missionaria. Un esempio vivente del fatto che le donne possono avere tutto, ma devono andare a prenderselo e soprattutto cercare di tenerselo stretto.

La sua energia è dirompente. Sul palco di Girls Tech ha incantato la platea di ragazze presenti, raccontando la storia delle Rocket girls, le donne che alla fine degli anni ‘30 al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena in California hanno programmato la tecnologia che ci ha permesso di creare i primi razzi e andare sulla Luna.

Durante il suo intervento ha detto una cosa forte, che si può riassumere in "i numeri erano nostri e gli uomini ce li hanno portati via". Le abbiamo chiesto di spiegarci meglio come è potuto succedere.

"Per numeri intendo calcolo, intelligence, informatica e sviluppo software. Sono tutti aspetti della stessa medaglia", ci spiega Marta Regge, raccontando l'importanza del contesto storico che ha portato le donne davanti ai computer. "La seconda guerra mondiale ha avuto come conseguenza anche l'inserimento delle donne in ambiti lavorativi fino al quel momento dominio degli uomini. Nel ruolo di human computer venivano già utilizzate le donne, più abili a effettuare un lavoro considerato preciso e ripetitivo e più economiche. Nel dopoguerra il grosso del processo di digitalizzazione è rimasto in mano alle donne: chi sapeva utilizzare i primi computer erano donne e per almeno un decennio hanno continuato a occuparsene".

Poi però è cambiato qualcosa, preparati ad arrabbiarti moltissimo se ancora non conosci questa storia, ce la racconta Marta.

"Negli anni 60, in Inghilterra cominciano a considerare il saper usare un computer un lavoro da persone intelligenti, e dunque da uomini. Chiedono quindi alle donne di insegnare ai maschi il mestiere e poi le licenziano. L'Inghilterra è passata in pochissimo tempo da prima della classe all'ultimo posto. Negli Stati Uniti invece richiedevano una laurea in Ingegneria per poter avere il ruolo di programmatori e dunque le donne erano inquadrate come operatrici pur programmando".

"Con l'avvento dei personal computer, verso la fine degli anni 70 ormai il ruolo delle donne è diventato marginale in tutto il mondo, rendendo la vita lavorativa di noi ragazze informatiche estremamente difficile e irta di ostacoli, veniamo regolarmente escluse ed ignorate. Solo negli ultimi anni c'è qualche segnale di miglioramento, forse più attenzione al problema, ma la discriminazione nei nostri confronti rimane ancora molto presente".

"Gli effetti si vedono, oggi l'informatica produce tante idee ma pochi risultati, manca pragmatismo e attenzione ai veri problemi che potrebbero essere risolti. Manca la capacità di creare team in cui i talenti individuali sono una parte dell'insieme. Oggi ci si concentra su sfide piccole e anche un po' banali evitando qualsiasi complessità. Ritengo che questa complessità potrebbe tranquillamente essere affrontata da un gruppo di donne e la loro intelligenza collettiva".


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