Se anche tu da oltre tre mesi sei in modalità lavoro smart working a causa dell’emergenza coronavirus, in questi giorni potresti avere la sensazione che il tuo impegno non ti venga riconosciuto. Qualcuno ha perfino insinuato che il lavoro agile sarebbe una scusa per non fare nulla, mentre invece è esattamente il contrario, e tu lo sai meglio di chiunque altro. Perché lo smart working non è una vacanza, ma un diritto in un mondo ideale e, soprattutto, un modo diverso di concepire il lavoro. Un modo che ti ha reso più autonoma sì, ma anche più efficiente, responsabile e creativa. Lo dicono ormai diversi studi. In particolare, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che da anni monitora il fenomeno, ha stimato che aumenta della produttività di circa il 15%.

Solo un anno fa molte aziende ostacolavano il lavoro agile

Eppure, solo un anno fa la stragragrande maggioranza delle aziende italiane tecnologicamente avanzate, quelle che avrebbero potuto da tempo adottare lo smart working nella sua forma classica (1-2 giorni a settimana da casa, il resto in ufficio), invece di promuoverlo lo ostacolava. Come se i datori di lavoro non si fidassero dei dipendenti. Se la tua company prima del lockdown si era rifiutata di applicare il lavoro agile sai di cosa sto parlando. Tra i motivi addotti, di solito c'era la necessità della presenza per fare gioco di squadra e creare coesione di gruppo. Ma probabilmente alla fine avrai avuto la sensazione che la ragione era un’altra. Forse il tuo capo sospettava che volessi usare l’orario di lavoro per farti i fatti tuoi, e che una volta collegata dal tuo portatile al server aziendale ti dedicassi a pulire casa, fare yoga sul divano, chiacchierare con l’amica, dipingerti le unghie, qualsiasi cosa pur di non lavorare. Non voleva perderti di vista, come se l’efficienza dei propri sottoposti fosse direttamente correlata alla possibilità di controllarli fisicamente.

Con lo smart working lavori per obiettivi

Il concetto stesso di smart working, però, demolisce questo pregiudizio perché introduce una nuova mentalità. Non si tratta solo di operare da remoto, ma di lavorare per obiettivi. Sei stata veloce? Avrai più tempo libero per te. Il progetto di cui ti stai occupando richiede più tempo? Per oggi il tuo orario si allungherà di un tot. Ecco come funziona, riassumendo molto. E la seconda circostanza non è per niente rara ed evidenzia uno dei pochi difetti del lavoro agile, quello di dilatare a volte gli orari a tuo svantaggio, tanto da darti l’impressione non di “lavorare da casa” ma di “abitare al lavoro”, perennemente. Detto ciò, i vantaggi per il lavoratore sono molti: lo smart working fa risparmiare tempo e soldi per gli spostamenti casa ufficio e dà la possibilità di gestire l’orario in modo flessibile. Ma soprattutto avrebbe un impatto positivo sulla parità di genere. Secondo lo studio “Smart working: work flexibilty without constraint” (2020) di Marta Angelici e Paola Profeta dell’università Bocconi di Milano, aiuta a bilanciare lavoro e famiglia favorendo la partecipazione degli uomini alla cura della casa.

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Il lavoro smart working può essere molto produttivo e utile, purché ci siano regole condivise e rispettate tra lavoratore e anzieda.

Un anno fa l'Italia non era un paese per il lavoro smart working

Che l’Italia prima del virus non fosse un paese per lavoratori agili lo conferma anche la recente indagine Istat dedicata alle conseguenze dell’emergenza sanitaria Covid-19 sulle imprese. “Nei mesi immediatamente precedenti la crisi (gennaio e febbraio 2020), escludendo le imprese prive di lavori che possono essere svolti fuori dai locali aziendali, solo l’1,2% del personale era impiegato in lavoro a distanza. Tra marzo e aprile questa quota sale improvvisamente all’8,8%”, si legge nel rapporto. Con il lockdown il 90% delle grandi imprese e il 73,1% delle medie hanno applicato o esteso lo smart working raggiungendo percentuali altissime (rispettivamente, 31,4% e 21,6%). I settori più coinvolti sono stati quelli dell’informazione e comunicazione (da 5,0% a 48,8%), le attività professionali, scientifiche e tecniche (da 4,1% a 36,7%) e l’istruzione (da 3,1% a 33,0%).

Smart working per sempre? Tornare indietro è impensabile

Dopo un salto così grande è impensabile tornare indietro, dicono in molti esperti di organizzazione del lavoro. Di nuovo, la conferma viene dall'indagine dell’Istat. Anche dopo la fine del lockdown (maggio-giugno 2020), secondo lo studio, la quota di lavoratori impiegati a distanza resta significativa soprattutto nelle grandi e medie imprese (25,1% e 16,2%). Questi dati suggeriscono che un numero consistente di imprese è riuscito nel giro di poche settimane a estendere a tantissimi dipendenti una modalità prima riservata a pochi, e questo grazie allo sviluppo di strumenti informatici e organizzativi che si spera lascino una traccia duratura.

Twitter e Facebook lavoreranno agile per sempre: cosa ci impedisce di fare lo stesso?

In conclusione, ti sei ritagliata a fatica un angolo ufficio in sala. Hai adattato una sedia con cuscini e poggiapiedi per evitare dolori alla schiena. Ogni mattina preghi che la tua connessione hi-fi regga, ti vesti e ti trucchi con cura per andare dalla camera da letto al portatile in salotto. Hai imparato a controllare inquadratura e fondale quando partecipi a una video call su Teams, Google Meet o Zoom e spesso gli obiettivi te li dai da sola, perché in queste settimane sei diventata la boss di te stessa. E quando, dopo la fine del lockdown, hai ricominciato ad andare ogni tanto in ufficio ti sei accorta che è bello, sì, tornare alla “nuova normalità”, tra mascherine, disinfettanti, turni e postazioni distanziate, ma la possibilità di lavorare ancora da casa almeno al 40-50% sarà una delle poche cose belle, probabilmente l’unica, che la pandemia ti ha regalato. Un diritto per chi ha figli piccoli minori ai 14 anni come ha disposto il DL Rilancio fino a fine emergenza, che però andrebbe esteso a tutti e senza scadenze temporali, compatibilmente agli obiettivi di ciascuna azienda. Twitter e Facebook, intanto, hanno decretato lo smart working per sempre per i propri dipendenti. E se lo fanno loro…

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