Secondo una recente stima della World Health Organization (WHO), ogni anno quasi 12 miliardi di giorni di lavoro vengono persi a causa di attacchi depressivi e ansiosi di professionisti che devono allontanarsi dal posto di lavoro per prendersi cura della propria salute fisica e mentale. Un dato allarmante, acuito dalla pandemia e dai suoi ritmi altalenanti, di cui però, nel corso del 2022, si è visto ben più di uno spiraglio. I trend del mondo del lavoro nati negli ultimi 12 mesi ci raccontano che l'etica votata al sacrificio e alla performance non è più sostenibile, che non siamo più disposti a lavorare oltre orario in virtù di chissà quale avanzamento di carriera, che lo stipendio deve essere sì commisurato a competenza e orario di lavoro svolto ma non è più obiettivo fondamentale per la realizzazione personale.

Parole come downshifting, quiet quitting ed espressioni come grandi dimissioni hanno cominciato a circolare insistentemente sui social network, in particolare sui profili di creator appartenenti alla Gen-Z, i primi a rendersi conto che 'vivere per lavorare' non è più un mantra adeguato ai tempi e alle esigenze che corrono. A piccoli passi, anche le grandi aziende si stanno accorgendo che questi tipi di approccio che puntano a rallentare, mollare la presa o addirittura a dimettersi volontariamente per cercare un lavoro più a misura di sé e delle proprie aspettative di vita, non sono solo capricci temporanei, ma veri e propri stili di vita. Abitudini che stiamo internalizzando e trasportando fuori dal privato, in tutti gli ambienti con cui ci troviamo a interagire.

Le cause del burnout

Sempre secondo il report della WHO, tra le cause più ricorrenti di burnout, ovvero stress da lavoro, ci sono, tra le altre cose, un carico operativo o pressioni esterne eccessive, l'insoddisfazione legata alle proprie performance e a quelle dei colleghi, la mancanza di supporto a livello manageriale o cattive relazioni con i colleghi. Negli ultimi due anni sono state scardinati alcuni dei pilastri aziendali - residui del carrierismo selvaggio degli anni Ottanta - che mettevano al centro della scena traguardi irraggiungibili e sacrifici ricorrenti da parte dei lavoratori. Anche se la strada è ancora lunga, nel 2023 si consolideranno alcuni dei trend già analizzati nell'anno che sta per finire. L'obiettivo primario è - e sempre di più sarà - salvaguardare il proprio benessere mentale, così come la sfera individuale e intima, separando in modo netto vita lavorativa e privata per puntare dritti all'equilibrio.

I trend del lavoro del futuro: flessibilità, attenzione al benessere, tempo libero

Non siamo più disposti ad accettare niente di meno: essere flessibili, pur garantendo a committenti e datori di lavoro qualità e chiusura delle task nei tempi richiesti, sarà una delle prerogative del 2023. Il successo della settimana lavorativa di 4 giorni, con il progetto britannico che si chiama 4 days a week poi replicato virtuosamente in molte altre nazioni, ha anche rimarcato la necessità di rivedere gli orari lavorativi classici, controvertendo la regole per cui, senza le canoniche 8 ore quotidiane in ufficio, non è possibile svolgere un lavoro qualitativamente e quantitativamente alto. A novembre 2022, quasi 100 aziende britanniche hanno firmato per garantire ai propri dipendenti settimane corte a parità di stipendio, alla luce dei dati positivi in termini di produttività e crescita aziendale ottenuti nel periodo pilota.

Tra i benefici riscontrati dai dipendenti già coinvolti in questa rivoluzione, c'è in particolare la maggiore libertà nel dedicarsi alle passioni e agli hobby nel giorno off guadagnato con la settimana breve. Anche il lavoro da remoto, necessario nel periodo pandemico più duro, avrà un ruolo nella rivoluzione del mondo del lavoro dei prossimi anni, seppure con opportuni controlli, conteggi orari e ripartizione sana del tempo dedicato al lavoro: non siamo più disposti a mescolarlo con quello privato, in una fusione che si è rivelata poco efficiente in termini psicologici.

Sempre più apprezzati, inoltre, i progetti che integrano la mindfulness o lo yoga al lavoro, percepiti come segno di attenzione e di cura da parte dei vertici nei confronti dei lavoratori. Il tempo libero sarà vitale: le passioni e sogni nel cassetto saranno al primo posto, anche quelli che non sono remunerativi ma solo piacevoli. Nel 2023, secondo un approfondimento di Linkedin, l'ondata di grandi dimissioni, che è costata molto in termini economici e non può essere sostenibile a lungo termine, si trasformerà in maggiore attenzione nei confronti del talento: l'obiettivo sarà trattenerlo e farlo crescere, non spingerlo a volare via. E così, termini come negoziazione entreranno di prepotenza nel lessico lavorativo del futuro. Ora che sappiamo cosa vogliamo, come ottenerlo e come tenere in equilibrio sfere che prima sembravano agli antipodi, non è più possibile tornare indietro.