Ti senti discriminata sul lavoro perché sei giovane? L'abbiamo chiesto alla Cosmo community: il 69% ha risposto sì. Non sei da sola: una ricerca rivela che le ventenni sono le più penalizzate per "colpa" della loro età. La fascia 18-24 anni è quella che si sente più discriminata. Ne abbiamo parlato con l'esperta Marisa Campagnoli, HR Director di ADP Italia, la società di human capital management che ha condotto la ricerca.

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“Storicamente le donne subiscono maggiori discriminazioni sul posto di lavoro rispetto agli uomini: non solo divario salariale ma anche legate all’aspetto fisico o al proprio stato civile. Chi non si è sentita domandare a un colloquio se fosse sposata, fidanzata o single? È un retaggio culturale difficile da sradicare secondo cui le donne sarebbero più propense degli uomini a trascurare il lavoro dando più importanza alla famiglia e agli affetti", ci spiega l'esperta.

Le donne si sentono discriminate 7 volte più degli uomini per dedicarsi agli impegni famigliari e quasi 3 volte più degli uomini per il solo fatto di essere donne.

In teoria la legge dovrebbe impedire che accada. La Carta Sociale Europea Riveduta stilata dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali (CEDS), all’art. 20 sancisce il diritto alla parità di opportunità e di eguale trattamento nell’accesso al lavoro, nelle condizioni di impiego e di lavoro, compresa la retribuzione e le promozioni. Tradotto: che tu sia uomo o donna, ventenne o sessantenne, non dovrebbe cambiare nulla.

La realtà, proprio perché questa norma non sempre viene recepita, ci sono mille variabili personali e le conseguenze sociali del patriarcato, è molto diversa e il divario è tangibile. Per dirne una: anche se dopo il diploma o la laurea riesci a trovare lavoro, entro i 35 anni (età media in cui in Italia le donne fanno il primo figlio) hai grandi possibilità di perderlo: la maggior parte delle dimissioni volontarie sono da parte di donne impossibilitate a conciliare gli impegni lavorativi con quelli famigliari, i dati più recenti rilevati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro dicono che si tratta del 73%.

Più sei istruita, meno vieni discriminata

Dice un saggio che Ginger Rogers doveva fare gli stessi passi di danza di Fred Astaire, ma sui tacchi. Le donne devono fare più fatica perché hanno una specie di penalità incorporata che le costringe a dover fare più fatica, lavorare più ore guadagnando meno,

Un documento molto recente stilato dall'ISTAT (risale allo scorso febbraio, pre-pandemia) ha rilevato che ben un terzo delle donne ricorre al part time per riuscire a occuparsi di tutto, contro l'8,7% degli uomini. Più sei istruita e meno succede, questo significa che con una laurea o un dottorato in tasca aumenta il tasso di occupazione femminile e diminuiscono anche le probabilità di discriminazione.

Lo conferma l'esperta: "La giovane età è un problema per le ragazze che entrano nel mondo del lavoro: l’inesperienza, unita al fatto dell’essere donna, è spesso una combinazione deleteria. I colleghi uomini, più anziani, difficilmente lasciano spazio a una giovane ragazza, prediligendo colleghi con più esperienza e appunto uomini. Una giovane donna viene purtroppo ancora giudicata perché potrebbe assentarsi dal lavoro per una gravidanza e per l’assistenza dei figli. Finché non saranno intraprese delle politiche rigide su salario e paternità, la situazione difficilmente cambierà".

Non c'è progresso se le ragazze si fermano

La buona notizia è che le donne hanno reagito meglio degli uomini alla grande crisi economica del 2008, dimostrandosi più resilienti e in grado di gestire con flessibilità le condizioni avverse. Questo non significa che "siamo più brave noi" ma che abbiamo tutti gli strumenti per trovare delle soluzioni alle difficoltà. Ma tirare fuori la grinta non è abbastanza: deve cambiare qualcosa a livello istituzionale per invertire la rotta che sta portando alla deriva la carriera di milioni di donne.

Da anni è stato istituito al Parlamento Europeo un programma che entro il 2030 punta a ridurre questo divario e evidenzia un collegamento diretto tra empowerment delle donne e sviluppo sostenibile. Questa corsa è stata rallentata dalla pandemia, che ci ha fatto fare un salto indietro nel tempo: tante donne si sono trovate a dover rinunciare al lavoro, o alla propria autonomia. Molte giovani lavoratrici hanno perso il lavoro, specialmente per gli impieghi più precari come cameriere e commesse, che per la maggior parte sono svolti da donne. Con i ristoranti e i negozi chiusi, e la prospettiva di una nuova ondata, mantenere questi impieghi è diventata una corsa a ostacoli.

Anche nel lavoro d'ufficio ottenere uno stage o entrare in azienda se ti sei appena laureata è più difficile, mentre interi reparti sono in smartworking: se il tuo capo, o il collega da cui dovresti assorbire le tue prime competenze, è una faccia su uno schermo e una voce su Zoom, senza chiacchiere alla proverbiale macchinetta del caffè diventa ancora più complesso non solo mettere in luce le tue competenze, ma anche acquisirle. Le aziende si stanno adeguando a questa nuova realtà, con molta calma. Non è un tema esclusivamente femminile, ma riguarda tutti i ragazzi e le ragazze che quest'anno cercano il loro primo impiego.

"Esiste un tema di convivenza tra generazioni differenti di lavoratori: si tratta di un aspetto che le aziende dovranno sempre più gestire e monitorare. Occorre favorire il trasferimento reciproco delle conoscenze tra generazioni. Le digital skill, nelle quali sono i profili più senior ad avere maggiori lacune, possono essere recuperate dal trasferimento di competenze da parte dei più giovani che possono apprendere, a loro volta, dai colleghi senior maggiore esperienza professionale".

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