Non è un momento facile sul lavoro, lo sappiamo. Per colpa della crisi economica, i malumori e le tensioni in ufficio aumentano. Proprio in questa fase comunicare nel modo giusto è particolarmente importante. «Le parole che dici giocano un ruolo fondamentale nel creare l'immagine che hanno gli altri di te. A prescindere dal fatto che, in una determinata situazione, tu abbia ragione o torto», afferma la psicologa del lavoro Maria Ludovica Varvelli, autrice di "Capaci di innovare". «Per questo occorre che tu faccia attenzione a come parli, specialmente con il tuo capo». Non è difficile, e Cosmo è qui per aiutarti. Basta imparare alcuni accorgimenti per dire esattamente quello che vuoi in un modo che, non solo non ti danneggi, ma possa persino aumentare le tue quotazioni. Ecco sei situazioni in cui ti può capitare di pronunciare una frase inopportuna; scopri come riformularla nel modo migliore.

Situazione 1

Mai dire: «Ma tu non mi avevi detto di fare così!». Ok, può darsi che il tuo capo ti abbia dato un'indicazione sbagliata. Ma farglielo notare in maniera diretta e aggressiva non è una buona idea: gli sembrerà che tu voglia sfidare la sua autorità. Non si chiederà se hai ragione o no, noterà solo che punti il dito contro di lui.

Meglio dire: « Ora ho capito che cosa vuoi lo faccio subito». Così indichi semplicemente che c'è stato un errore di comunicazione. «Inoltre, pur non negando il problema, ti muovi verso la soluzione: che è ciò che lui si aspetta da te», aggiunge la psicologa del lavoro Consuelo Casula. «È importante, poi, fare una verifica di comprensione, ripetendo ad alta voce la richiesta, per evitare ulteriori problemi». Non dire niente, invece, agli esperti sembra una pessima idea. «Il silenzio è ambiguo, ognuno può interpretarlo come vuole», spiega Casula. «Il capo potrebbe pensare che non hai capito ciò che chiedeva. O che non hai avuto voglia di farlo. Così, invece, dimostrerai che sei attenta e disponibile».

Situazione 2

Mai dire: «Non rientra nelle mie competenze». In un momento economico come questo, il requisito più richiesto negli uffici è la flessibilità. «Occorrono persone elastiche, non burocrati attenti solo a se stessi e non all'azienda. Se rifiuti un incarico con questa motivazione, non brillerai in questo senso», afferma Casula.

Meglio dire: «Lo faccio volentieri, ma ho dell'altro lavoro da finire: puoi indicarmi le priorità?». In questo modo ti fai vedere flessibile, ti metti a disposizione del boss, ma lasci a lui la responsabilità di decidere le priorità. «Se, però, ti viene chiesto qualcosa che non sai proprio fare, la risposta giusta può essere: "Non me ne sono mai occupata, non ho maturato le capacità adeguate. Posso provarci, ma mi occorrerà del tempo..."», specifica Casula. «Qualora, infine, tu possieda le conoscenze, ma ciò che ti viene chiesto non rientra neanche lontanamente nei tuoi compiti attuali, accetta ma fai capire che si tratta di un evento straordinario. Che non intendi trasformare in un'abitudine».

Situazione 3

Mai dire: «Non ho ottenuto la promozione che mi era stata promessa!». È probabile che anche al tuo capo siano state fatte promesse non mantenute e con questa frase rischi di passare per una che non si rende conto della situazione di crisi generale. «Le aziende, inoltre, sono proiettate verso il futuro: parlare del passato, per di più in modo recriminatorio, può sembrare un'irritante perdita di tempo», avverte la psicologa Maria Ludovica Varvelli.

Meglio dire: «Capisco che oggi avere un aumento è difficile, ma vorrei discutere altre opportunità di avanzamento». «La regola generale, quando si chiede un aumento o una promozione, è di non parlare di ciò che "ti spetta" ma degli obiettivi che hai raggiunto», chiarisce Varvelli. «In questa circostanza vale la stessa regola. Spiega ai tuoi superiori perché ritieni di essere utile e perché, quando l'economia migliorerà, dovresti essere ricompensata. Non si tratta di ignorare eventuali promesse ricevute ma, visto che al momento non possono essere mantenute, di mostrarti flessibile e proporre qualcosa di alternativo. Per esempio un aggiustamento nell'organizzazione del lavoro, qualche responsabilità in più, maggiore autonomia, la possibilità di seguire un corso di aggiornamento. La tua comprensione verrà premiata in futuro». Certo, è un investimento senza garanzie scritte: ma, secondo gli esperti, vale la pena farlo.

Situazione 4

Mai dire: «Il mio collega ha fatto una cosa... ». Se parli male di qualcuno che lavora con te, il capo ti classificherà subito come persona inaffidabile. Si domanderà come mai ti stai focalizzando sul lavoro altrui anziché sul tuo. Penserà che vuoi metterti in luce alle spalle di altri. Infine si chiederà: «Perché mi sta ponendo un problema, anziché propormi una soluzione?».

Meglio dire: proprio niente. «Non è compito tuo sottolineare le malefatte dei colleghi. Di questi tempi, tra l'altro, è meglio mettere in evidenza i propri contributi, piuttosto che denigrare quelli altrui», specifica Varvelli. E, comunque, non ci si allea mai con il capo contro i colleghi. «Le alleanze si fanno tra pari», dice Casula. «È una questione di etica, ma anche di opportunità: il boss potrebbe, in futuro, cambiare idea su di te e fartela pagare. I colleghi potrebbero scoprire la tua delazione. La persona che hai accusato potrebbe far carriera prima di te e vendicarsi». Morale: meglio evitare alleanze effimere.

Situazione 5

Mai dire: «Sabato sera sono uscita con i miei amici e ho bevuto troppo». Benché possa sembrati un episodio divertente da raccontare, potresti pentirtene. Perché quando il capo cercherà una persona affidabile a cui commissionare un progetto speciale, l'immagine di te che balli sul cubo con un Mojito in mano lo dissuaderà. Meglio evitare di dare l'immagine di una che perde il controllo.

Meglio dire: «Ho passato un divertente weekend con i miei amici». Il punto non è evitare ogni riferimento alla tua vita privata, ma omettere i dettagli imbarazzanti. Certo, può darsi che sia il tuo capo, per primo, a fare confessioni pubbliche di notti brave. E che tu e gli altri colleghi vi sentiate autorizzati a fare altrettanto. «Anzi, ci sarà chi lo farà di proposito, per mettersi in mostra con lui», riprende la psicologa del lavoro Consuelo Casula. «Tu, però, evita. Lui è il capo e se lo può permettere; tu e i tuoi colleghi no. Un giorno lui potrebbe decidere di mettere la testa a posto e guardare con diffidenza chi conduce ancora quella vita "allegra". In generale, poi, una regola da tener presente è che non ci si mette mai alla pari con il capo, anche se lui ha un atteggiamento goliardico: oggi che negli uffici è approdato l'uso del "tu" tra capi e sottoposti, cadere in questa trappola è ancora più facile. Ma è bene stare attenti».

Situazione 6

Mai dire: «Non posso rimanere oltre le cinque: ho lezione di spinning». Equivale a dire: «Il mio lavoro non è così importante; la tonicità dei miei glutei sì!». E scommettiamo che non è questo il messaggio che vuoi dare al tuo superiore. Certo, oltre al lavoro c'è dell'altro... ma non è un buon motivo per far sapere di che si tratta. Quando devi fornire una scusa, meno indizi dai, meglio è.

Meglio dire: «Mi spiace, avevo già preso un impegno e dovrò uscire alle cinque». Non occorre aggiungere altro. «Ma mostrati comunque aperta alle richieste del capo: per esempio offrendoti di arrivare un po' prima l'indomani mattina, oppure fermarti di più la sera dopo», suggerisce Varvelli. Se vuoi farti vedere davvero disponibile, puoi anche aggiungere: «È urgente? Potrei provare a spostare il mio appuntamento...». A quel punto, però, dovrai valutare bene la risposta del capo. «Se ti rendi conto che esiste un'effettiva urgenza, puoi anche decidere di rinunciare all'impegno, sottolineando comunque che si tratta di un'eccezione», avverte Casula. «Ma se capisci che l'urgenza è dettata solo dalla sua ansia, allora puoi fingere di provare a spostare il tuo impegno, scusarti per non esserci riuscita e, poi, tener fede al tuo programma».