Alice, 24 anni

«Ho sempre pensato che le ragazze fossero più belle dei maschi: mi sembrava una realtà inconfutabile, ma fino ai 20 anni ho avuto storie solo con ragazzi. Poi ho conosciuto Giulia: mi consolava per uno che mi aveva scaricato, e siamo diventate amiche. Io sapevo che a lei piacevano le ragazze, ma il dubbio, su di me, non mi ha mai sfiorato. Senza rendermene conto, ho cominciato a vestirmi carina se sapevo che in compagnia c’era lei, e ad abbracciarla spesso, io che sono sempre stata una fredda. Poi una sera, eravamo sui Navigli a Milano con i nostri amici, ci siamo baciate, davanti a tutti. E ho capito che mi piaceva lei. La cosa da ridere è che io probabilmente sono stata l’ultima a capirlo, le persone attorno a me avevano già visto tutto! Per un anno abbiamo fatto tira e molla, quando ci lasciavamo io uscivo con ragazzi e mi rendo conto ora che in quei mesi faticavo ad accettarmi.

Ho sempre evitato di definirmi, gay o etero. Io sono Alice e basta.

Poi abbiamo fatto pace, io soprattutto, e ora è tre anni che viviamo assieme. Per nessuno della mia famiglia è stato un problema, neppure per mia nonna che ha 75 anni: non mi sono mai sentita discriminata, in nessuna occasione. La vita è la nostra, chi ci ama ci vuole bene e basta. Come l’ho detto a mia mamma? È stato lei a tirarmelo fuori, con naturalezza. Un giorno ero a casa dei miei, lei stirava nel soggiorno, e io lì con lei. A un certo punto mi chiede a bruciapelo: “Sei lesbica?”. E io: “No, però sto uscendo con Giulia”, ed è stata fatta. Ed è così che mi sento: ho sempre evitato di definirmi, gay o etero. Io sono Alice e basta».

Liliana, 22 anni

«L’ho sempre saputo in realtà, ma non mi era chiaro. Da piccola mi sono innamorata dell’amichetta, della maestra e di chissà quante attrici della televisione. I miei sentimenti però erano qualcosa di non decifrabile, qualcosa che poteva confondersi con l’immedesimazione, e tutto è rimasto dentro di me senza spiegazione fino ai 17 anni. Poi ho conosciuto una ragazza e ho perso la testa per lei, non ci dormivo la notte. Così ho lasciato il mio fidanzato e le ho scritto una canzone nella speranza che quel sentimento fosse ricambiato… ma ho preso il mio primo due di picche.

Da piccola mi sono innamorata dell’amichetta, della maestra e di chissà quante attrici

Dopo un po’ di tempo ho conosciuto una ragazza più grande di me, ci siamo innamorate e ne ho parlato con mia mamma, che ha reagito benissimo. Penso che la sua tranquillità e la sua capacità di accogliermi siano state la chiave per accettare me stessa. Sono stata molto fortunata».

Federica, 27 anni

«Quando avevo 6 anni uno zio che non vedevo da tempo venne a trovarci e mi regalò il camper della Barbie… Era così soddisfatto di esser riuscito a comprarmelo che finsi stupore. In realtà mi sentivo delusa e intontita, perché dentro a quel pacco mi aspettavo delle scarpette nuove da calcio, un completo del Milan o qualsiasi cosa che non fosse rosa. A 10 anni ero capitano della squadra di calcio maschile del mio piccolo paese. Le mie giornate si consumavano nelle campagne, sempre alla ricerca di qualcosa di misterioso. Le mie compagne di classe si ritrovavano per raccontarsi gli inciuci e imparare a truccarsi, mentre io improvvisavo partite in ogni dove con i miei amichetti. In qualunque modo passassi le giornate, tornavo a casa sempre con le ginocchia sbucciate. A 13 anni persi mio padre in un incidente e all’improvviso, iniziai a provare una certa rabbia verso i maschi e decisi di passare più tempo con le femmine.

Fu mia mamma ad aprirmi le porte della conoscenza di me stessa.

Dopo qualche anno venni selezionata per andare a giocare in una squadra di Milano, una categoria di calcio molto ambiziosa in cui le ragazze erano molto più grandi di me, e iniziai a scoprire il mondo dell’omosessualità. Nello spogliatoio si scopre sempre tutto: alcune ragazze erano fidanzate tra di loro e raccontavano le loro storie. Quell’anno iniziai a frequentare locali gay di Milano e mi domandavo perché ritrovassi sempre le stesse persone e soprattutto perché non si poteva passare il tempo in locali frequentati dalla “gente normale”. Un giorno tornai a casa dopo aver passato l’ennesima giornata con una ragazza molto più grande di me. Mia madre mi domandò: “Federica, ma quella ragazza: non è che forse la ami?”. Credo di essere scappata per qualche ora, ma poi tornai e le risposi: “Forse hai ragione”. Iniziai ad avere le mie prime esperienze, le mie prime fidanzate, ma in quegli anni al liceo non molti sapevano della mia omosessualità. In questa situazione ci sono due cose da affrontare: non accettarsi e non accettare che gli altri non ti accettino. Io ero tranquilla con me stessa, ma temevo che gli altri si sarebbero allontanati da me. Mia madre (e la terapia dopo, eheheh) mi diede coraggio: fu lei il simbolo dell’accettazione, fu lei ad aprirmi le porte della conoscenza di me stessa. Un Natale consegnai una lettera alla mia migliore amica: stavo facendo coming out. La lesse, mi chiamò e mi disse: “ Ma sei scema a non avermelo detto prima?”».

Caterina, 23 anni

«14 anni, primo giorno di liceo, incontro Giulia, profondità in cui perdersi, idee seducenti, modo strano di vestirsi. Fin da subito abbiamo cucito un legame enigmatico, lei quasi ossessiva, io che tendevo a nascondermi dagli altri e forse da me stessa.

Poi il tempo ha fatto il suo dovere, e io mi sono lasciata andare all’amore

Abbiamo passato notti di luce e ombra assieme, annodandoci sempre di più, ma i risvegli sono sempre stati feroci per me, non riuscivo a fermare la mia immagine nello specchio e ad accettare il suo amore. Mi odiavo per questo. Mia madre se n’è accorta da sola e non ha fatto altro che abbracciarmi e vivere la normalità di sempre, in casa e fuori dalle nostre mura. Mio padre ha fatto lo stesso. Poi il tempo ha fatto il suo dovere, e io mi sono lasciata andare all’amore».

Maddalena, 30 anni

«Da piccola giocavo tanto sia con le Barbie sia con le tartarughe ninja. Da adolescente ho avuto molte esperienze di innamoramento sia con i ragazzi sia con le ragazze, ma dentro mi sentivo sempre un maschio. Volevo essere un maschio.

Mia mamma mi vorrà sempre sposata con un avvocato, ma da quando io mi accetto, anche lei lo fa.

Peccato però che il destino mi abbia dotato di un corpo decisamente femminile, capelli biondi, occhi azzurri, un sedere “importante” e una famiglia conservatrice, oltre a una assoluta incapacità di fare qualsivoglia sport (cosa che mi avrebbe sicuramente dato accesso a un mondo di ragazze più simili a me). Si può facilmente comprendere come io ci abbia impiegato anni per ammettere con me stessa e con la mia famiglia la mia omosessualità. Un giorno ho incontrato una ragazza, che oggi è la mia fidanzata e ho capito che mentre io ero convinta di essere la persona meno discriminante al mondo, in realtà mi ero discriminata per anni, impedendomi di vedermi come ero. La paura di non soddisfare le aspettative degli altri può giocarti lo scherzo di credere di poter vivere una vita che non è la tua. Mia mamma mi vorrà sempre sposata con un avvocato o un dottore ma da quando io mi accetto, lei mi accetta».

Sofia, 27 anni

«Eugenio Montale scriveva: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

Non mi sono mai riconosciuta nello stereotipo gay: sono sempre stata felice della mia femminilità.

Non ricordo il giorno in cui ho ricevuto, ironicamente parlando, “la chiamata”, ma la mia verità un giorno a 20 anni me la sono detta al contrario, come suggerisce Montale. Un giorno mi sono resa conto, prima dolorosamente, ma poi con grande liberazione, di ciò che non ero: attratta dal genere maschile. Non mi sono mai riconosciuta nel classico stereotipo omosessuale: sono sempre stata felice della mia femminilità, l’ho sempre esaltata e usata, non ho mai praticato un solo sport in vita mia, avevo solo amiche femmine. Mi chiedevo cosa mi stesse sfuggendo. Lo scoprii poco tempo dopo attraverso l’amore di una ragazza che con delicatezza si innamorò di me e io di lei. “Cosa sono? Cosa voglio?”. La risposta era la stessa a entrambe le domande: sono una donna, voglio una donna. Avvicinarsi all’idea più fedele della nostra persona è difficile ma è un dovere, per noi stesse e per tutte».

Giulia, 23 anni

«Capire che ami una persona e chiederti perché è già una faccenda molto difficile. Ma se è dello stesso sesso può essere difficilissimo. Ho impiegato tanti anni ad accettare chi poteva stare al mio fianco, ostinandomi a frequentare uomini solo per essere l’immagine di quella che avrei voluto essere e per rispettare il cliché della società.

Quando ho annunciato che ero gay, tutti i miei amici mi hanno risposto la stessa cosa: "Lo sapevo".

Sono cresciuta in una famiglia aperta, frequentando sempre locali gay e avendo amiche lesbiche, e l’omosessualità non è mai stata un tabù per me. Ma accettare me stessa è stato il cammino più lungo: buffo vero? Ho superato tutto con il passare del tempo e incontrando la persona che ha messo leggerezza e tranquillità sulla questione. Quando ho annunciato che frequentavo una donna, tutti i miei amici mi hanno risposto la stessa cosa: “lo sapevo”. Era ovvio, e dopo tutto quel tempo lo è stato anche per me».

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