I diritti sono una specie in via di estinzione. La dimostrazione è nelle proteste di queste ultime settimane per #BlackLivesMatter, nelle parate dei Fridays For Future, nel fiume di berrettini rosa con le orecchie da gatto e nelle bandiere arcobaleno svolazzanti. Ma anche nelle occupazioni delle piazze davanti ai municipi, col distanziamento sociale e le mascherine. Quest'anno il Pride si fa online e per salire sul carro virtuale dei diritti ti basta il wi-fi.

Prima della pandemia era da mezzo secolo che non si vedevano così tanti ragazzi scendere in piazza per difendere il diritto ad avere un pianeta in cui abitare, il diritto ad amare chi ti pare, il diritto di poter decidere se, come, quando e con chi riprodurti. In molti casi sono sfilate di protesta pacifica, per ribadire alcuni valori non negoziabili, che la situazione politica sta mettendo in pericolo.

Sfilare in corteo per le vie della tua città è un modo per far sentire la tua voce, dire che non ci stai e qualcosa deve cambiare, ma puoi farlo anche dal divano di casa. Dal clima impazzito per colpa di decisioni politiche ed economiche sconsiderate, ai diritti acquisiti che all’improvviso vengono negati (vedi il diritto all’aborto), a quelli che non vengono ancora riconosciuti ma credi che dovrebbero esserlo, le proteste virtuali all'epoca del Covid-19 stanno diventando un nuovo modo di esserci e farsi sentire. Come fa Greta: se non potete scendere in piazza, siateci comunque.

Esserci al Pride, perché sì

Se sei già stata a un Pride, sai già che è una festa: musica a tutto volume, anche vintage (dalla Carrà a Tiziano Ferro, dai Dead or Alive a George Michael, da Madonna alle Scissor Sisters), drag infilate in corpetti da paura con gonne a ruota e LED, piume di struzzo, megafoni, insomma un mega Carnevale dove ciascuno può dare libero sfogo alla propria personalità, dove l'eccentrico non fa paura anzi ispira, accomuna, ti fa sentire parte di una grande community.

Fuori dal luogo comune, il Pride è molto di più: è una parata dell'orgoglio omosessuale che sta diventando una celebrazione molto più fluida e complessa, che abbraccia i generi, l'identità e gli orientamenti senza volerli per forza etichettare.

È una sfilata che sprizza tanta voglia di rompere gli schemi dell'omologazione, anche quando prende i contorni di una sfilata virtuale. Storicamente il Pride è concepito come un'esibizione esagerata e festosa del "diverso" contrapposto a un concetto di normalità sempre più fluido, al punto che le definizioni perdono di significato, anzi rischiano di creare pericolosi fraintendimenti. Ma cos'è normale? Cos'è diverso?

La risposta a questa domanda, in un paese civile, può essere una sola e l'ha formulata molto bene Ana Brnabic, la prima donna primo ministro apertamente lesbica in Serbia, che nel 2017 ha sfilato al Pride di Belgrado: non era da sola, anche il sindaco della città e altre cariche politiche si sono fatte largo a testa alta tra striscioni, ghirlande colorate e bandiere arcobaleno. "Il mio messaggio ai cittadini serbi è che il governo rispetta i diritti di tutti i cittadini, sia le maggioranze sia le minoranze. Vogliamo lanciare il segnale che la diversità può contribuire a creare una società ancora più forte", ha spiegato in un'intervista a una radio locale.

Fare numero fa la differenza

Appartenere a una minoranza da sempre è una premessa per la discriminazione. Pensa a un modo dove chi ha i capelli rossi (questi tratti si trovano circa nell'1% della popolazione), viene discriminato perché "diverso" dai biondi, dai castani o dai mori che sono la maggioranza. Rimpolpare le fila del Pride, a prescindere dal tuo orientamento sessuale, lancia un messaggio forte e chiaro: love is love, vivi e lascia vivere, ciascuno sia libero di essere se stesso e di esprimersi, senza essere giudicato.

L'esempio dei politici è importante, perché dà un segno istituzionale di apertura. Il primo ministro canadese Justin Trudeau non si perde un Pride a Vancouver, Toronto e Montreal, in prima fila con sua moglie e i figli.

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Jacinda Ardern, primo ministro neozelandese, poco dopo essere stata eletta ha sfilato per la prima volta al Pride nel suo paese, per lanciare un chiaro messaggio sull'inclusività e autodefinendosi #RelentlesslyProud (inesorabilmente orgogliosa)

In Italia il sindaco di Milano, Beppe Sala, all'ultimo Pride è salito sul palco, ha preso il microfono e ha detto: "Questi colori sono i colori di Milano".

Cosa fanno i politici della tua città: ci sono o nicchiano? Ti senti rappresentata da un sindaco che non sostiene o addirittura ostacola il Pride?

In prima fila, anche dietro uno schermo

La parata per definizione è inclusiva: spesso ha in testa le famiglie con i bambini nei passeggini, ci sono nonni con i nipotini, giovani e anziani insieme, famiglie arcobaleno o che l'arcobaleno ce l'hanno nel cuore. Ci sono persone che tra le file di questa parata trovano la forza di essere chi sono davvero e sentire la vicinanza dei propri amici è un boost pazzesco alla fiducia in se stessi.

Unirti al coro, che quest'anno si alzerà dai live su Facebook e dalle dirette su Instagram, anche quando ciò per cui ti batti non ti riguarda direttamente, è il gesto più altruista che puoi fare. E sì, anche un po' egoista, perché sei felice se lo sono i tuoi amici e questo ovviamente rende felice anche te.

Viviamo in un momento storico in cui di omofobia si muore: far sapere da che parte stai è importante ora, più che mai.

Durante la marcia da Selma a Montgomery, nel 1965, alcuni bianchi si unirono a tante persone di colore che sfilavano pacificamente capitanate da uno dei più grandi leader morali di tutti i tempi, Martin Luther King Jr. Quella marcia ispirò il suo discorso più famoso, I have a dream. Il fatto che alcune persone dalla pelle bianca avessero deciso di unirsi a una lotta che non li riguardava direttamente ha reso ancora più potente il suo messaggio.

Allo stesso modo, anche se non sei LGBTQIA+, anche se come tanti tuoi coetanei rifiuti le etichette e la divisione binaria dei generi (aggiungi qui il tuo "anche se..."), la tua presenza al Pride è ancora più importante per ribadire che nessuno dovrebbe vergognarsi di amare un altro essere umano, punto.

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