«Spero di essere me stessa tipo sempre», rappa Marianna Mammone in arte BigMama in “Poker”, brano del suo primo album Next Big Thing. Non è certo facile, specie se cresci in una città di provincia in Campania, specie se il tuo corpo fin da piccola non corrisponde allo standard imposto e nemmeno il tuo orientamento sessuale. Essere se stessi può assomigliare a un percorso a ostacoli. Oggi vediamo BigMama brillare mentre duetta sicura con Elodie a Sanremo, o poco prima che salga sul palco della Prima Estate (lo stiamo raccontando qui) il 26 giugno: ha solo 24 anni, ma non era per nulla in ansia quella sera, al massimo preoccupata di inciampare nel vestito aderente. Prima del Concerto del Primo Maggio, invece, «avevo la voce che tremava», mi dice. Ha comunque parlato a braccio di rivalsa, di corpo, di amore per sé stessi. Il video è diventato virale. Da qualche parte, tra la ragazzina bullizzata e incompresa che è stata e la donna che è, che sta diventando, ci sono tentativi, cadute dolorose e false partenze. Cambiamo sempre un passo dopo l’altro, con pazienza ci costruiamo una nuova pelle. A volte, però, si può intravvedere un punto di rottura che segna una direzione chiara. Nel 2016 BigMama ha caricato su YouTube “Charlotte”, il suo primo brano online, un pezzo intimo che parla di una ragazzina autolesionista. «Lo tenevo nel telefono da tre anni. Ogni tanto me lo ascoltavo, ma non avevo il coraggio di metterlo online, avevo vergogna». Poi il video ha iniziato a girare tra i ragazzi di Avellino, di telefono in telefono. «Un giorno viene da me una ragazza in lacrime, mi abbraccia e mi dice “Finalmente qualcuno mi ha capita”. Mi chiede di pubblicare "Charlotte": “Ti prego”, mi dice, “puoi salvare tantissime persone”. In quel momento ho capito che la mia musica non faceva bene solo a me».

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Foto di Adriana Tedeschi, styling di Francesca Cavalcanti, mua and hair di Serena Polh

Prima di tutto dimmi come stai.

«Bene, ma sono un po’ provata. Sto studiando e nel frattempo giro l'Italia per il tour. Quando avrò fatto questo esame starò meglio».

Studi Urbanistica al Politecnico, che esame stai preparando?

«Riguarda cambiamenti climatici e idrologia urbana. Speriamo vada bene».

Non un argomento leggero.

«Studiare il cambiamento climatico è ancora più preoccupante perché ti rendi conto che ormai ci sono pochi metodi per tornare indietro. È pesante però che ti posso dire? Non mi faccio prendere male da quello che studio».

No, non mi sembri il tipo. Com’eri da piccola?

«Una bambina come tante altre, non penso avessi qualcosa di speciale, ecco. Diciamo che mi sono un po' bruciata le tappe. Non bisognerebbe essere bombardati da cattiverie già all'asilo o alle elementari. Ti porta a vedere il mondo in maniera negativa già da bambino».

Quindi il bullismo è iniziato molto presto.

«Sì, io non sono mai stata magra nella vita, la mia forma fisica si notava già quand'ero piccolina. E non era solo bullismo da parte degli altri bambini, magari fosse stato solo quello. Tutti si sentivano di dover per forza commentare il mio aspetto fisico: maestre, professoresse, amici dei miei genitori, signore del paese. E io pensavo che, essendo una persona grassa, dovessi per forza accettare consigli sulla mia salute e critiche sul mio fisico».

Di solito con l’adolescenza il rapporto con la propria immagine peggiora.

«L'odio porta altro odio, quindi crescere con un bel carico sulla schiena di commenti d’odio e non ha fatto nient'altro che portare a odiarmi. Non mi curavo, uscivo con magliettone enormi. Mi nascondevo, ma i commenti arrivavano lo stesso e si sono trasformati in violenza, anche fisica».

Come passavi le tue giornate?

«Odiavo la scuola. Avevo completa riluttanza nei confronti di tutte le materie. Facevo fatica a studiare perché non vedevo la scuola come un posto non sicuro».

«Quando finalmente sono riuscita a rivelarmi per ciò che ero, a fidanzarmi con una donna, è stato come correre in discesa»

A pensare alla te di oggi, iscritta all’università, con una carriera avviata, vestita in latex sul palco dell’Ariston, sembri un’altra persona. Cosa è successo?

«Beh, prima di tutto ho cambiato città, mi sono trasferita a Milano. Di colpo non c’è più tua mamma che ti fa la spesa, ti fa tutto: diventi padrona di te stessa. Ho trovato persone con la mia stessa mentalità, persone che hanno fame, fame di diventare qualcuno, fame di avere una stabilità economica che ti permetta di non arrivare a fine mese con l'acqua alla gola. Fame di voler essere una persona completa senza dipendere da nessuno. Sono persone che non fanno commenti sul fisico, non hanno bisogno di sminuirti. Milano è una città così veloce che la gente non ti calcola proprio. Non hanno il tempo di darti fastidio perché stanno facendo troppe cose».

Questo ha influito sulla fiducia in te stessa?

«Avere fiducia in sé stessi forse è una delle cose più difficili che esista sulla faccia della Terra. In ogni periodo della tua vita può esserci qualcosa che ti porta a non fidarti di te stesso. È più facile costruire la consapevolezza di sé. A Milano ho iniziato a fare musica seriamente, mi sono resa conto che ci sono persone felici di ascoltarmi, che gli altri iniziavano a guardarmi per il mio talento e non solo per la mia forma fisica».

La musica, però, è sempre stata una costante.

«Da ragazzina ho avuto varie fasi. Cose tipo Jonas Brothers e Hannah Montana ma i miei idoli indiscussi di quando ero piccolina erano gli One Direction (ride, nda). Poi, da un giorno all’altro, nel 2013 ho cambiato completamente genere musicale. Ho iniziato ad ascoltare rap tipo Salmo, la Machete, Clementino».

C’è qualcuno a cui ti sei ispirata nel mondo musicale?

«Non potevo ispirarmi a nessuno perché non c'era nessuno come me. Mi sono costruita da sola. Una persona che oggi posso dire di stimare davvero come se fosse mia madre è Lizzo anche se a livello musicale siamo molto diverse. Ho visto il suo concerto al Forum e mi sono emozionata 1000 volte. Lei e le sue ballerine sono tutte grasse, eppure si muovono benissimo, non hanno il fiatone, non mostrano il minimo segno di difficoltà. E questo è il messaggio vero che sta dietro a ‘sta cazzo di body positivity: una persona grassa può fare tutto. Non per forza meglio, non per forza peggio, però può fare tutto».

Quindi dei corpi che fanno cose, che non si limitano ad apparire.

Il corpo non è un guscio esterno, sei tu. È letteralmente ciò che sei, dall'inizio alla fine e a me piace trattarlo bene. Seguo la dieta di una nutrizionista, mangio sano e mi alleno. Adoro fare box, mi aiuta a sfogarmi.

Com’è cambiato il rapporto con la tua immagine?

«Non è mai una linea retta, ognuno ha i propri sbalzi. L'anno scorso c’è stato un periodo che mi guardavo allo specchio e vedevo letteralmente la Madonna, cioè mi adoravo in tutto: le mie forme, i miei capelli, stavo benissimo con me stessa. Nell'ultimo anno, invece, ho ricevuto delle brutte batoste e mi sono po’ lasciata andare e ora sto cercando di aggiustare i pezzi. Nella mia musica parlo di body positivity, ma non vuol dire apprezzarsi ogni giorno, magari anche in punto di morte mi vedrò un capello storto, capito? Tutti abbiamo i nostri problemi e io i miei».

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Foto di Adriana Tedeschi

Corpo è anche salute. Su Instagram hai parlato della tua esperienza con il linfoma di Hodgkin.

«Non mi piace pubblicizzarlo, non mi piace il pietismo. Non sono un’eroina, sono solo una a cui la chemioterapia ha funzionato. Immagina un periodo positivo, ti vedi bene, inizi con la musica, stai per firmare un contratto con l'etichetta, vogliono investire su di te. Poi scoprì di avere il cancro a vent’anni. La chemioterapia mi ha salvato la vita, però la musica è stata la mia medicina. Non vedevo l'ora di arrivare all'ultima chemio per andare a cantare. Pensavo “Ah oggi devo fare un post”, “Domani mi devo mettere la parrucca perché devo fare un video”».

Di solito come scrivi le tue canzoni?

«Scrivo molto nella mia stanza di notte, il buio mi ispira. Poi dipende, a volte mi gira in testa una melodia, altre voglio scrivere qualcosa di profondo e allora viene prima la scrittura».

E l’amore ti ispira?

«Sincera? Per niente. Parlare d’amore non mi viene naturale.»

Però sei innamorata.

«Sono fidanzata felicemente con la mia ragazza da ormai quasi un anno e mezzo. Era come se stessi camminando tanti chilometri in salita, su un terreno scosceso e con uno zaino addosso. Quando finalmente sono riuscita a rivelarmi per ciò che ero, a fidanzarmi con una donna, è stato come correre in discesa».

Vedi che non è vero che non sai parlare d’amore. Com’è essere una ragazza bisessuale in Italia?

«Se ne parla poco, ma è più facile accettare una persona omosessuale che una persona bi. Si pensa che le donne bisex lo facciano solo per attirare i maschi, che le persone bi siano facili o ninfomani perché non si soddisfano solo con una cosa, le vogliono tutte e due.»

Sei appena stata al Roma Pride, ma anche al Pride di Avellino, la tua città.

«Ad Avellino mi sono commossa veramente. Io poi sono una che piange, eh. Ma vedere quella città che ho sempre trovato grigia dipinta da tutti i colori, piena di persone simili a me quando ero convinta che non ce ne fossero, mi ha lasciato un buco nel cuore. Non nego l’importanza del Pride di Milano, del Pride di Roma, di Torino, ma il Pride a casa propria, nella città dove hai sofferto, è un’altra cosa».

Parliamo del futuro. Next big thing?

«Sto scrivendo. Io non scrivo tantissimo, non sono una che ti chiama nel fine settimana con 27 pezzi nuovi, no. Ovviamente la speranza è quella di chiudere un album. Gli artisti dicono sempre “non so” ma stiamo tutti facendo gli album, segreto svelato! Poi boh, spero di uscire a breve con un singolo. In generale voglio tenere il piede sull'acceleratore, dare il massimo, continuare a fare belle cose e crescere con la musica. È la cosa che mi ha sempre tenuta in vita».