È la regina del rock di questo Festival di Sanremo, ma anche della musica italiana. Una carriera iniziata negli Anni ‘70 fatta di grandi palchi, incontri, storie d’amore sui rotocalchi, le grandi difficoltà. Ma soprattutto le canzoni. Ieri e oggi, Loredana Berté è l’icona di una storia infinita fatta di estremi, nel bene e nel male, che viene celebrata sul palco dell’Ariston con una canzone autobiografica che mette al centro l’amore per se stessi: “Pazza” parla di lei, ma parla anche a tutti, per non cedere al giudizio degli altri.

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Sceglie di partecipare alla serata delle cover con Venerus, cantautore, produttore e polistrumentista d’avanguardia per cantare insieme “Ragazzo mio”, il brano di Luigi Tenco. Due generazioni a confronto che si uniscono tra i suoni di un brano immortale e nella libertà di espressione che contraddistingue entrambi. Liberi di cantare quello che vogliono, di vestirsi come vogliono, semplicemente liberi di essere.

Perché tornare al Festival?

«Torno al Festival perché ho la canzone giusta, quella che ti rimane in testa e diventa del pubblico. "Pazza" è per tutti i folli liberi, credo che tante persone ci si possano ritrovare. Poi Amadeus in questi anni ha fatto un grandissimo lavoro e a un suo Festival volevo proprio esserci».

Aprirsi così tanto può essere pazzia?

«In tutti questi anni sono stata sempre sincera e libera, l’ho anche cantato “Ho fatto invidia e ho fatto pena” e il mio pubblico non ha mai smesso di seguirmi. "Pazza" è la naturale evoluzione del mio percorso, di quello che è stata la mia vita».

Pazza di te... è stato difficile accettarsi, conoscersi, imparare ad amarsi in questi anni?

«Ho avuto dei periodi nella mia vita in cui mi sono odiata e passavo le giornate a guardare il soffitto, vorrei essere sempre perfetta e questo non è possibile come succede a tutti credo».

Cosa diresti a una ventenne, come si impara a volersi bene?

«Purtroppo non c’è una ricetta magica valida per tutti, quello che ho sempre fatto è di non essere mai venuta meno a quello in cui credevo, nel bene e nel male sono stata sempre me stessa e non mi son fatta inculcare principi e regole degli altri».


Come ti ricordi a vent’anni?

«Sai non ero così diversa da oggi, la ribellione è sempre la stessa Ribelle FOREVER! Nel ‘74 è uscito il mio primo disco e subito scoppiò il caos ma sono ancora qui».

Dici: "sono sempre la ragazza che per poco si incazza". La cosa che ti fa incazzare di più?

«Le ingiustizie mi fanno sempre incazzare e anzi vorrei che tutti reagissero facendosi sentire per le troppe cose che non vanno, bisogna fare casino. Vedo anche tante conquiste sui diritti che avevamo ottenuto e che vengono messe in discussione non si può».

Dici: “amarmi non è facile” e “non ho bisogno di chi mi perdona”. Sono collegati questi due versi?

«Se non rinunci a essere te stessa risulti scomoda, fastidiosa, bisogna farci i conti e non aspettare sempre gli applausi degli altri».

I sassolini dalle scarpe te li sei già tolti tutti?

«Non si finisce mai di togliersi i sassolini dalle scarpe, però non devo dimostrare più niente a nessuno».

Ti dicono che sei pazza e poi ti fanno santa. Oggi tutti ti amano. Cos'è cambiato?

«La costante in tutti questi anni è stata l’amore del pubblico che anche nei momenti più brutti non mi ha mai abbandonato. In questo Sanremo la canzone mette d’accordo tutti, "Pazza", è autobiografica e nello stesso tempo universale».

Nella serata delle cover porti Venerus. Perché "Ragazzo Mio" con lui?

«Realizzo il sogno di portare il grandissimo Luigi Tenco sul palco dell’Ariston con una canzone che avevo già inciso nell’84 con l’arrangiamento del Maestro Ivano Fossati. Sì con me ci sarà Venerus, è un artista libero e geniale di quelli che piacciono a me, un compagno perfetto per questo viaggio».

Cosa ti aspetti da questa partecipazione, da quel palco?

«Che “Pazza” diventi di tutti».


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