Essere giovani è un percorso difficile, a tratti impossibile, a maggior ragione quando all'improvviso diventi uno dei personaggi più virali dei social, protagonista di uno dei progetti più seguiti (Defhouse) insieme ad altri creator. E come succede solo a quell'età, in pochi anni è cambiato tutto e oggi Alessia Lanza vive da sola a Milano, sta per comprarsi un cane, o almeno così vorrebbe, ha pubblicato un libro e registrato due stagioni di un podcast che è stata un'operazione personale, prima che professionale.

simone biavati alessia lanzapinterest
Simone Biavati
Top, Versace Pantaloni, Marco Rambaldi
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Simone Biavati
Top, Versace Pantaloni, Marco Rambaldi

Mille Pare, prodotto da OnePodcast, ha visto Alessia dialogare con la psicologa Samantha Vitali intorno ad alcuni dei temi più critici per gli adolescenti: l'accettazione del proprio corpo, le amicizie, il rapporto con i propri genitori, la gestione dell'ansia, le relazioni tossiche. «Tante volte non me la sono sentita di registrare, è stata una vera prova per me». Poi ecco la seconda stagione, con tanti amici che si sono aperti con lei e ci hanno portati nelle loro vite per dire che no, per nessuno è facile, nemmeno per Valentina Ferragni, Valentina Cabassi, Alfa, Young Miles, Martina Strazzer. Alessia è così, è l'amica che tutti vorrebbero, una chiacchiera con amici per tutti quelli che hanno bisogno di sentirsi meno soli, e più capiti. Noi abbiamo chiacchierato con lei di paure e nuovi traguardi. Ecco cosa ci ha raccontato.

simone biavati alessia lanzapinterest
Simone Biavati
Top e culotte, Missoni Stivali, Casadei



Ciao Alessia, come stai?

«Sto bene, è un bel periodo devo dire, non so se sia merito dell'aria natalizia o del fatto che avendo cambiato casa è cambiato un po' tutto. Mi sento più grande, più adulta».

Da che situazione venivi?

«In Defhouse eravamo otto creator, abbiamo vissuto insieme tre anni e poi quando mi hanno detto che il progetto sarebbe cambiato totalmente, e che ognuno andava a vivere da solo, è stato un grande cambiamento. Alla fine non è come dirlo, passare da vivere con otto persone a vivere da sola, sempre da sola. È come ricominciare da capo. Sono più abituata a stare con gli altri».

E come sta andando?

«Bene, devo ancora trovare una routine, però secondo me alla fine con quello che faccio io non sempre è facile, non puoi fare le stesse cose tutti i giorni, a volte destabilizza. Ma la gestione della casa mi dà delle regole, cose che devo per forza fare durante la settimana: la lavatrice, sistemare il frigo, mi dà più routine la casa che la mia vita».

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Simone Biavati
Vestito, Luna Ferrara Stivali, Le Silla

I ragazzi della Defhouse li senti ancora?

«Si, qualcuno sì, qualcuno meno, dipende. Quando stai insieme tre anni dopo un po' è anche bello prendersi un attimo di pausa gli uni dagli altri, però ci incontriamo spesso per i lavori le cose che facciamo».

È uscita la seconda stagione di Mille Pare, da cosa nasce il progetto?

    «Mille Pare è nato dal mio bisogno di fare qualcosa di diverso, volevo partecipare ad un progetto che fosse veramente significativo per me. La prima stagione era solo audio quindi è stato un modo per mettermi alla prova, capire effettivamente se avessi capacità, se mi piacesse. Volevo dimostrare a me stessa e agli altri che sapevo fare altro oltre ai balletti su TikTok, non so come dire. Perché c'è molto di più e volevo dimostrarlo al di fuori dell'estetica. Tante volte dicono "È bella quindi è tutto facile", ma non è così, bisogna avere delle capacità. Io ho fatto un percorso personale che mi ha portato a capire che valgo, che ho delle capacità, quindi volevo dimostrarle agli altri ma soprattutto a me stessa».

    Hai scelto di sviluppare un podcast che non è fine a se stesso, ma vuole essere un aiuto per chi ascolta.

      «Assolutamente. Il libro mi ha ispirato a capire che cosa fare dopo, perché lì comparivano i consigli di una psicologa e ho deciso di proseguire su quella scia. Nella prima stagione di Mille pare, infatti, mi concentro sui miei disagi, con i consigli di una professionista (Samantha Vitali, ndr) per parlare alla mia generazione e per aiutare anche gli adulti, i genitori, a capire cosa passa nella testa di un figlio. Allo stesso tempo la professionista spiega esattamente perché le cose vanno come vanno, perché i pensieri sono quelli che sono e come possono influire i comportamenti dei genitori sulla salute mentale del proprio figlio».

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      Simone Biavati
      Total look, Dsquared2

      Com'è stato parlare dei tuoi problemi in pubblico?

      «La prima stagione di Mille pare è stata super importante, bellissima e utilissima per me, è stata una vera e propria terapia. Ho raccontato di me e non è sempre stato semplice, anzi, in alcuni momenti non me la sono sentita di registrare perché sapevo che mi avrebbero sentito tutti. Inizialmente non è stato facile aprirmi così tanto. Eppure alla fine mi sono resa conto che era proprio quello di cui avevo bisogno, forse».

      Da adolescente hai mai sentito l'esigenza di avere uno strumento, come poteva essere il podcast che hai registrato, che ti aiutasse a capire che non eri l'unica a sentirti in un certo modo?

        «Sai qual è la cosa più bella del mio lavoro? Proprio il fatto che posso diffondere contenuti rilevanti a livello mediatico, che siano socialmente importanti. Io so che cosa avrei voluto sentire io a 14 anni, 15, 16, 17, 18, mentre facevo le superiori. Adesso so che posso effettivamente essere quella voce, la persona che parla a chi ha pochi anni meno di me, dire "guarda che anche io ho passato queste cose". La mia fortuna adesso è che posso aiutare la me del passato e tutti i giovani che stanno vivendo quei momenti adesso e posso farlo grazie al mio lavoro, è per me un grandissimo traguardo».

        Che idea ti sei fatta della generazione a cui appartieni?

        «Noi non capiamo i problemi dei più grandi, e loro non capiscono i temi centrali, e spesso purtroppo neanche i valori, dei giovani di oggi. Altre volte i problemi sono gli stessi e i genitori se li sono dimenticati con il passare degli anni. Sento che la Generazione Z ha molta paura, penso che la parola da associarle purtroppo sia "ansia". C'è tanto confronto degli uni con gli altri, la paura di non arrivare, la paura del futuro parlando di ambiente, di lavoro. Allo stesso tempo siamo una generazione che ha tantissima voglia di fare e di creare un futuro migliore. Io ci credo tantissimo. Se ognuno di noi mettesse un piccolo tassello, il nostro futuro sarebbe l'ultima cosa che ci deve preoccupare».

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        simone biavat
        Top e culotte, Missoni Stivali, Casadei

        L'ansia è colpa dei social?

        «Sì, bisognerebbe essere preparati prima di utilizzarli, è una questione di filtri, in ogni senso. Sono cose di cui ho parlato nel podcast e che ho affrontato per prima quando ho capito che oggi ho anche un certo tipo di responsabilità. Bisogna essere consapevoli quando si fa un certo mestiere, magari altri non sanno di averla e possono fare danni giganti perché ci sono ragazzi piccoli che utilizzano i social. Credo che però l'ansia venga anche tanto dal contesto, specialmente dai rapporti umani, dalla scuola, dalle insicurezze date anche dal confronto in contesti reali, non solo virtuali, com'è sempre stato».

        A proposito di pare, quali sono le tue?

          «Dipende anche tanto dai periodi, ma sicuramente quella che più mi invade la testa è essere in continuo confronto con gli altri. Non mi sento mai abbastanza e questo tante volte mi mangia viva, perché me la vivo malissimo, non sono mai soddisfatta di quello che faccio, nonostante quando sono più razionale mi rendo conto delle cose belle che faccio. Il problema è che poi vedo che una persona magari ha fatto di più. È vero quando dicono che se ti concentri troppo sugli altri ti perdi, insomma».

          E quando ti senti così cosa fai?

          «Piango. Mi faccio i piantini tattici (ride, ndr). No, dai dipende. Ci sono momenti di down e up come giusto che sia perché se non ci fossero i momenti in cui sei giù e ti disperi non apprezzeresti i momenti più belli. Nessuno mi tira su, se posso farlo solo io. Però è giusto, perché vuol dire che tengo a quello che faccio. Il continuo confronto è un'arma a doppio taglio perché mi paragono con gli altri e quindi do sempre il massimo sperando di arrivare lassù, ma a volte penso che all'obiettivo non arriverò mai perché ci sarà sempre qualcuno più in alto di me».

          Nella seconda stagione ogni puntata ha un ospite diverso. Da cosa nasce l'esigenza di parlare con qualcuno?

            «Proprio il fatto che a me la prima stagione ha aiutato tanto, per quanto sia stata complessa inizialmente, ho pensato che fosse ancora più utile per gli altri sentire anche altre vite. Ed è venuto fuori che chiunque tu sia, da Valentina Cabassi a Valentina Ferragni, da Alfa a Young Miles, tutti abbiamo avuto un'adolescenza con i pro e i contro di quella fase della vita. E sono persone che oggi sono l'esempio che certe cose bisogna "solo" attraversarle».

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            Simone Biavati
            Top e culotte, Missoni

            Quali sono le puntate della prima e della seconda stagione che ti hanno più stupito, in cui magari è venuto fuori qualcosa di inaspettato?

            «Nella seconda stagione sicuramente quella con Valentina Cabassi, che ancora non è uscita, e detto sinceramente non mi aspettavo di trovarmi così bene. È una persona meravigliosa, ma al di là del suo modo di essere mi sono ritrovata tantissimo nei suoi racconti perché alla fine raccontava che lei a 20 anni viveva delle cose proprio come me le vivo io ora, che ho cinque anni in meno di lei. Mi sono sentita capita e mi sono detta "tra cinque anni spero di essere come lei", di poter raccontare a qualcuno quello che ho vissuto come un problema che appartiene al passato. Mi sono sentita come se lei fosse la mia sorella grande. E ancora una volta il mio obiettivo di aiutare gli altri alla fine ha aiutato pure me, e forse confrontarsi con chi è più grande alla fine fa anche bene, spesso tra coetanei si tende ad auto affossarsi».

            E della prima stagione?

              «La più difficile è stata quella in cui ho parlato della relazione tossica. Se ci penso mi sembra una vita fa, è passato solo un anno e invece sono qui a dirtelo con una tranquillità diversa. È una cosa che fa parte del passato, allora era una situazione che avevo appena vissuto, invece adesso ne parlo proprio più serena. Anzi, oggi in quel periodo ci vedo anche del positivo che prima non riuscivo a vedere. Se ognuno di noi facesse un podcast e si confrontasse ogni anno con quello che ha detto l'anno prima secondo me saremmo tutti incoerenti, ma meno male esatto perché comunque fa parte della crescita. Quella è stata la più complessa, ma anche la più bella perché ha segnato davvero un momento della mia vita».

              A proposito di questo, se pensi alla parola amore per te e per gli altri? Che cosa vedi?

              «È una domanda che mi manda davvero in tilt. Penso subito al mio rapporto con Emily, alla mia famiglia, all'amore in generale, alla relazione quando è bella perché secondo me ti cambia il colore delle cose attorno, ti illumina, mi vivo meglio la giornata. Io penso a me due anni fa magari ero molto più cupa in certi momenti. Adesso invece, quando qualcosa non va, mi rendo conto di tutte le persone che ho attorno. Per me è quello l'amore».

              E invece rispetto all'amore di coppia, tu che hai avuto anche esperienza di una relazione tossica, che cosa pensi che sia fondamentale per vivere una relazione sana?

              «Supportarsi è una questione imprescindibile. Vedere che l'altra persona capisce quello che fai, ti supporta, ti aiuta, ti dà dei consigli. È quello. È il fatto di motivarsi e aiutarsi a vicenda quando fai due lavori diversi. Cioè per me il lavoro è una cosa fondamentale. E mi sono resa conto che se l'altra persona non riesce a capire quello che faccio o non ha il supporto dell'altra persona, non si interessa di quello che faccio, allora non potrà mai funzionare. Sono più egoista di un tempo, non voglio rinunciare a me stessa. Ero più piccola, non me ne rendevo conto, ma prima avrei rinunciato a tutto per l'altra persona. Adesso mi amo un po di più».

              Ascolti tantissima musica. Che canzone abbineresti a quel periodo della tua vita, e a quello che stai vivendo oggi?

              «Non ne ho una preferita in particolare, ne ascolto davvero tantissime. Ho una playlist che è piena di canzoni, le mie preferite variano al periodo che sto vivendo e anche in base alle nuove uscite. Se dovessi sceglierne una sicuramente Cigni di Ernia è una delle mie canzoni preferite».



              Foto di Simone Biavati
              Styling di Oana Cilibiu
              Assistant stylist Chiara de Giorgi e Donatella Ferrarese