Ci sono debutti che fanno tremare le ginocchia e altri che montano l'entusiasmo nelle vene. Caterina Ferioli, dal 4 aprile su Netflix nei panni di Nica, protagonista di quel Fabbricante di lacrime che è stato il caso letterario più eclatante del 2022, oscilla tra questi due mood. Gioia per ciò che arriverà, impazienza per scoprire le reazioni del pubblico, affezionatissimo al romanzo di Erin Doom.

Nata a Bologna, Caterina ha 20 anni, fa la modella da quando ne aveva 16 e con il ruolo della dolce Nica segna il suo esordio in un progetto attesissimo dal pubblico. Il film (produzione Colorado Film, Iginio Straffi e Alessandro Usai, è scritto da Eleonora Fiorini e Alessandro Genovesi, che è anche il regista) traspone in video il legame tra Nica e Rigel, protagonisti di una storia d'amore nera che ha incantato milioni di lettori. Cresciuti in un inquietante orfanotrofio, a 17 anni i due ragazzi vengono affidati, insieme, a una famiglia: immersi nel mondo vero, pieni di lividi e traumi emotivi, dovranno imparare a sopravvivere. E, soprattutto, a volersi bene. Insieme a Caterina, nei panni del travagliato Rigel, c'è Simone Baldasseroni, quel Biondo di Amici (che oggi biondo non è più).

Con Caterina, protagonista della cover digitale di Cosmopolitan, abbiamo parlato della fragilità di Nica, dell'amore che salva, della forza che c'è nel lasciarsi aiutare e di fiabe che non tramontano mai.

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NETFLIX / Pasquale Autorino a.k.a. SIERMOND
Caterina Ferioli è la nuova cover digitale di Cosmopolitan. L'attrice veste Philosophy di Lorenzo Serafini

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Sei alla tua prima esperienza importante come attrice. Come ti senti?

«È un'emozione forte, stranissima. La cosa più bella del ritrovarsi sullo schermo è vedere che forma ha preso l’impegno che abbiamo tutti messo sul set mentre giravamo».

Come sei arrivata sul set del Fabbricante di lacrime?

«Ho sempre avuto questo desiderio di fare la modella, l'ho realizzato a 16 anni quando ho visto per caso il manifesto di un casting e mi sono buttata. Lavoro nel settore da allora. Mi piace anche la recitazione, ho fatto corsi di teatro da piccola. Quando mi hanno chiamata per il Fabbricante di lacrime è stata una sorpresa bellissima».

Avevi letto il libro, prima di avventurarti nella sceneggiatura?

«Quando ho fatto il provino non sapevo nulla del fenomeno dietro al libro, sono andata un po’ alla cieca. Ma è andata bene! La mia mamma però lo conosceva, era convinta mi sarebbe piaciuto e mi aveva suggerito di leggerlo. Poi in realtà l'ho divorato una volta ottenuta la parte insieme allo script».

Nica è una ragazza ferita, di cui nessuno, per molto tempo, si prende cura. Com'è stato indossare il suo dolore?

«Oltre all’amore, tema cardine del libro e del film, credo che la cosa più importante che riguarda Nica sia la sua crescita. Tutto in lei parte dalla sofferenza: è una ragazza che ha subito abusi e traumi sin da piccola. Piano piano, però, la vediamo maturare. All'inizio ha persino paura del contatto fisico, oltre che di quello emotivo. Lei non sa come volere bene e neanche come accettare il bene che le viene dato. Anche con gli amici, all’inizio, ha difficoltà. La sua evoluzione è la parte più bella della storia».

Nica è anche dolce e timida. Tu come sei?

«Siamo molto diverse, soprattutto nella gestione dei rapporti umani. Per fortuna non ho subito i traumi che ha subito lei, ho dovuto cercare nel mio piccolo qualcosa che assomigliasse alla sua esperienza. Però entrare in contatto con Nica non è stato difficile a livello emotivo. Ho accettato un buon consiglio che mi ha dato la mia manager: ho decostruito tutto quello che sapevo sulla fragilità. Nica è come una bambina, con lei ho potuto tirare fuori tutte le emozioni profonde che in questo mestiere a volte nascondi dietro una maschera. Per questo è stato facile. Bello e delicato allo stesso tempo».

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Più che una storia d’amore, il Fabbricante è una storia di un dolore che pesa di meno se condiviso...

«Sì e secondo me il cuore di tutta la storia è che è fondamentale farsi aiutare. Che non c’è fragilità o vergogna nel chiedere aiuto. Man mano che che giravamo scene importanti che riguardavano la sfera psicologica e l’emotività dei personaggi, ho capito che il nodo della storia è proprio questo. Nica è ambivalente: da una parte è restia a farsi aiutare dalla sua nuova mamma e dai suoi amici. Pensa di poter aiutare Rigel e se stessa da sola, perché è abituata così. Poi una volta che si lascia prendere per mano dai suoi nuovi genitori, impara ad aiutare anche il suo amico. Il bene è una catena».

Rigel è il tipico bad boy ferito e irresistibile. Tu nella vita vera ti lasceresti affascinare da un tipo come lui?

(Ride, n.d.r.) «Nica è legata a lui soprattutto perché hanno una storia comune, sono cresciuti insieme in orfanotrofio. Infatti all'inizio è come se fossero fratelli. Nella vita vera non so se un tipo come Rigel mi attirerebbe. Certo, se sentissi che ne vale la pena darei me stessa. Ma non sempre è facile aiutare chi non vuole essere salvato».

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Loris Zambelli//Netflix
Caterina Ferioli e Simone Baldasseroni

Il legame tra Nica e Rigel è molto commovente. Com’è stato lavorare con Simone?

«Con lui abbiamo trascorso tantissimo tempo insieme, condividiamo molte scene, siamo stati attaccati 15 ore al giorno sul set e, lavorando sui personaggi, abbiamo trovato il nostro equilibrio. Ci sono stati anche momenti di astio, abbiamo litigato, ma ci siamo anche molto amati. Insomma, è stato intenso».

Nel Fabbricante di lacrime si fa spesso riferimento alle fiabe, quelle con la protagonista innocente e il lupo che la insidia. Tu che rapporto hai con questo tipo di storie?

«Credo che le fiabe abbiano ancora il valore che avevano quando sono state scritte, quando l’amore ovviamente non era la cosa a cui pensiamo ora, noi viviamo in un'epoca in le principesse si salvano da sole. Però il loro significato di fondo per me vince sempre. Non sempre il cuore di queste storie è la salvezza. A volte è solo questione d’amore».

Qual è secondo te il potere del Fabbricante di lacrime?

«Per me è un personaggio fiabesco che insegna a lasciarsi andare, a sognare. Che racconta l’importanza di poter essere fragili. Io sono molto sensibile e sento tanto le cose, sia positive e negative. Però credo che bisognerebbe imparare non solo a sentirle ma anche a mostrarle al mondo esterno. Essere fragili non è una cosa da deboli».