Quella di Baby Reindeer, miniserie Netflix in streaming dall'11 aprile, è una storia che si capisce meglio partendo dai numeri. Il primo è 41071, che sono le e-mail ricevute in 4 anni da Richard Gadd, comico scozzese e protagonista non solo della serie ma anche della storia vera cui si ispira, da parte della sua stalker; 350, le ore di messaggi vocali che lei gli ha inviato. A queste si aggiungono 744 tweet, 46 messaggi su Facebook e 106 lettere. Baby Reindeer è la storia di un'ossessione: Gadd, che ha vissuto sulla sua pelle la vicenda, l'ha già raccontata in uno spettacolo teatrale di grande successo, poi l'ha riscritta e interpretata per Netflix. La protagonista femminile, che per questioni di privacy non ricorda in alcun modo nelle fattezze la stalker di Gadd, è la bravissima Jessica Gunning: nella serie si chiama Martha, una donna con problemi mentali che si invaghisce talmente tanto del giovane comico scozzese Gadd da convincersi di essere la sua compagna.

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Baby Reindeer è un compiuto e profondo viaggio nel malessere e nella solitudine di Gadd/Donny Dunn, come si chiama il suo alter ego seriale, che in Martha trova una persona capace di pompare la sua autostima e di amarlo nonostante gli insuccessi personali e lavorativi. Da un lato vorrebbe allontanarla, dall'altro in Martha trova conforto e amore assicurato. Preciso e crudo anche il racconto della malattia mentale che porta la donna ad avvicinarsi alla sua vittima - la "Baby Reindeer", piccola renna, da qui il titolo - senza poterlo lasciare andare. Leggendo la vera storia di Richard Gadd è più facile comprendere l'abisso di ossessione di Martha, che è arrivata ad accusare di pedofilia il padre del comico solo per metterlo in difficoltà, a insultarlo durante i suoi spettacolo di stand up comedy, ad attenderlo a casa ogni sera e a perseguitarlo via web e dal vivo. Quattro anni, tanto è durata questa vicenda che è iniziata nel 2015 in un pub di Londra: Gadd ha raccontato di non essere stato a lungo creduto dalla polizia perché «quando è un uomo a essere perseguitato, la sua esperienza a volte viene rappresentata nei film come qualcosa di sexy. La stalker diventa una femme fatale che diventa sempre più sinistra. Non c’è la stessa minaccia di violenza fisica, ma nel mio caso ero comunque fisicamente spaventato, perché non sapevo fino a che punto potesse arrivare. Lei per quel che ne sapevo poteva avere un coltello».

Se nella serie - attenzione, spoiler - lo stalking di Martha si risolve con una condanna di nove mesi in carcere e cinque anni di ordine restrittivo per la donna e con non pochi strascichi psicologici di Gadd/Dunn, non è dato sapere come sia finita nella vita vera: è un dettaglio che il comico non ha mai voluto raccontare.

Nel 2016, Gadd aveva raccontato sul palco del Fringe, il più grande festival delle arti del mondo che si tiene ogni anno a Edimburgo, di aver subito ripetute violenze da un uomo più grande di lui che faceva parte del mondo dello spettacolo. Il monologo (si chiama Monkey See Monkey Do) con il quale ha vinto il festival, è diventato virale ed emblematico dello stile del comico, da sempre molto onesto rispetto non solo alle bassezze del comportamento altrui ma anche nei confronti delle proprie. Come ha raccontato al Guardian in merito alla storia della sua stalker e al modo in cui pensa di aver avallato la sua ossessione «molte persone hanno paura di ammettere i loro errori, e io credo che molti siano fatti per compiacere gli altri. Rimaniamo nella bugia perché così è più semplice abbassare la tensione. E io non avrei mai voluto turbare chi sembrava così vulnerabile».