«Muoio./ Lo fanno tutti,/dovrò farlo anch'io./Sì, mi conformo/alla regola banale». Alla fine l'ha fatto nel giorno del solstizio d'estate, Patrizia Cavalli, che ci ha lasciati oggi a 75 anni dopo una lunga malattia. Chissà se è andata come si augurava: «La morte vorrei affrontarla ad armi pari/anche se so che infine dovrò perdere,/voglio uno scontro essendo tutta intera,/che non mi prenda di nascosto e lentamente». Lei tutta intera ci è rimasta o comunque, come tutti noi, ci ha provato sempre, alla costante ricerca della bellezza, della pienezza e della perfezione nelle parole, nella dizione, nelle immagini che creava, negli oggetti che la circondavano. «Patrizia, sono felice: sei una poeta», l'aveva consacrata Elsa Morante, sua grande amica e mentore, nei primi anni 70. E così Cavalli è stata una delle più importanti e più amate poetesse italiane contemporanee.

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Nata a Todi nel 1945, arrivata a Roma per studiare filosofia nel 68, la sua prima raccolta l'ha pubblicata nel 1974. Si intitola Le mie poesie non cambieranno il mondo. Il titolo l'ha scelto Morante, a partire da uno dei suoi versi. «Quando questo libretto di poesie è uscito, non me ne importava molto», ha raccontato in un'intervista al Foglio, «Non mi importava degli altri, volevo solo essere accettata e amata da Elsa, che era per me il massimo che ci potesse essere». Eppure, Cavalli ha segnato la storia della letteratura italiana parlando alle donne, alle donne lesbiche e alle persone, agli esseri umani tutti perché i suoi versi erano e sono profondamente umani.

Ora online è pieno di ritagli dei suoi versi, ognuno ci ritrova una parte di sé. «La sua poesia», scrive su Repubblica Silvia Ronchey, «non è stata, non è, un esercizio fatto per sé, né tanto meno per essere analizzato dai critici, ma un'armoniosa medicina universale dispensata per curare tutti. A migliaia - di ogni età, sesso, mestiere, estrazione sociale, formazione culturale - hanno affollato le sue performance nei teatri e nelle sale da concerto. In migliaia conoscevano e conoscono e portano a memoria i suoi versi». Cavalli, infatti, è sempre riuscita a rimanere attuale: non solo raccolte di poesie (e una di prose, Con passi giapponesi, Premio Campiello nel 2019), quasi tutte pubblicate da Einaudi, ma anche spettacoli in cui dava voce e musica ai versi, non solo suoi. Nel 2013, con la cantautrice romana Diana Tejera, ha realizzato il libro Al cuore fa bene far le scale e con la cantautrice Chiara Civello ha scritto il brano E se.

Quello che stiamo pensando tutti, oggi, è che un po' le sue poesie alla fine il mondo l'hanno cambiato. Fosse anche solo per il conforto che ci dà leggerle, una per ogni stato emotivo anche passeggero (qualche volta azzurro/ e qualche volta no), per ogni momento di ribellione alle norme e alle paure che ci imbrigliano, che ci spezzettano. «Tu mi vorresti come uno dei tuoi gatti/castrati e paralleli: dormono in fila infatti/e fanno i gatti solo di nascosto/quando non li vedi. Ma io non sarò mai/castrata e parallela. Magari me ne vado,/ma tutta di traverso e tutta intera».