Zaika Koudadadi aveva fatto appello alla comunità internazionale attraverso l'ANSA il 17 agosto, le sue parole erano state rilanciate dal New York Times e in poco tempo il suo era diventato un caso internazionale. È un'atleta paralimpica di taekwondo e oggi sarebbe dovuta essere a Tokyo, a rappresentare l'Afghanistan alla cerimonia di apertura, ma con l'ascesa dei talebani i suoi sogni si sono infranti per far spazio alla paura. Anche Nilofar Bayat, capitana della nazionale afghana di basket rischiava ripercussioni nel Paese: ora che alle donne non è più consentito nemmeno uscire di casa, le atlete sono nel mirino delle milizie. "Quando ho visto i talebani ho detto a mio marito che volevo lasciare il Paese perché non posso vivere con quelle persone", ha raccontato in una recente intervista, "Distruggeranno tutti i desideri e le conquiste degli ultimi 20 anni". Koudadadi e Bayat hanno vissuto ore e giorni terribili aspettandosi il peggio, ma oggi è arrivata la notizia che entrambe sono riuscite a mettersi in salvo lasciando il Paese: la solidarietà internazionale si è mossa e possiamo tirare un sospiro di sollievo.

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"È una notizia che ci riempie di gioia", così Angelo Cito, Presidente della federazione italiana taekwondo, ha commentato l'annuncio dato dai media australiani che Zaika Khudadadi è riuscita a imbarcarsi per Dubai su un aereo militare, dopo che Canberra ha concesso a lei e ad altri cinquanta atleti e atlete a rischio dei visti umanitari. "È stata un'operazione riservata, con l'obiettivo di portare in salvo gli atleti senza mettere a rischio le famiglie", ha spiegato Cito e infatti, dopo l'appello lanciato dalla ragazza, la federazione mondiale e il comitato paralimpico internazionale si sono mossi riuscendo a portarla in salvo.

le atlete paralimpiche afghane zakia koudadadi e nilofar bayat sono salvepinterest
LILLIAN SUWANRUMPHA//Getty Images
L’atleta paralimpica Nilofar Bayat

Anche Nilofar Bayat e suo marito Ramesh Naik Zai, entrambi giocatori di basket su sedia a ruote, sono riusciti a partire da Kabul su un aereo diretto in Spagna. Lì grazie all’impegno della federazione di pallacanestro e del governo spagnolo, l’atleta potrà giocare nella Bidaideak Bilbao Bsr e ricominciare una nuova vita. Lasciarsi il passato alle spalle, però, è quasi impossibile: "Sono molto contenta di essere qui", ha riferito la cestista ai media spagnoli, "ma anche triste e arrabbiata per la situazione difficile in cui si trova il mio Paese. Negli ultimi giorni ho visto il pericolo e la sofferenza che comporta per le persone un governo dei Talebani". Bayat aveva due anni quando è stata colpita da un razzo sparato proprio dalle milizie dei fondamentalisti: "Hanno portato un dolore inarrestabile nelle nostre vite, una disabilità permanente che dobbiamo accettare" racconta ringraziando per la catena di solidarietà nata a partire da un giornalista iberico che ha portato le richieste d'aiuto di Bayat e del marito all'attenzione delle autorità. La ventottenne, negli ultimi anni, di pari passo all'impegno nel basket ha portato avanti battaglie per i diritti civili e studiato legge per diventare avvocata. Ora nel suo Paese non c'è più posto per lei: "Essere una donna nel regime talebano non significa nulla, non fai parte della società per loro" ha dichiarato con dolore ai giornalisti spagnoli, ma non smetterà di lottare per chi è rimasto indietro. "Chiediamo alle Nazioni Unite e agli altri Paesi di aiutare l'Afghanistan e non lasciarci soli", ha infatti concluso, "I talebani sono gli stessi di 20 anni fa, e vediamo come questo sia un pericolo soprattutto per donne e bambine".