Era tutto pronto, sarebbe dovuta partire il 16 agosto con la sua delegazione per gareggiare alle Paralimpiadi di Tokyo, si allenava da mesi e sarebbe diventata la seconda donna afgana a partecipare ai giochi. Poi in poco tempo tutto è cambiato anche per lei: Zakia Khudadadi ora è bloccata a Kabul, la città è in mano ai talebani che con ogni probabilità non le permetteranno di lasciare il Paese. “La mia famiglia è in una situazione molto brutta. Siamo tutti sotto il controllo dei talebani e questo è un grande incubo per me” ha scritto su Facebook la lottatrice di taekwondo chiedendo che la sua storia non venga dimenticata, che se ne parli (e non solo su Instagram) e che qualcuno aiuti lei e la sua famiglia a mettersi in salvo, “Tutte le mie foto e i miei video vengono trasmessi sui social e mi aspetto che succeda qualcosa a me e alla mia famiglia in qualsiasi momento” ha aggiunto, “Questo è l’apice della paura e del panico”.

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Quella di Khudadadi è una delle tante testimonianze delle donne afgane che in queste ore vedono le loro speranze di libertà allontanarsi fino a scomparire. Chi in questi anni ha lottato per il cambiamento impegnandosi per costruire un Paese diverso o anche solo per seguire le proprie aspirazioni dopo anni di diritti negati ora rischia la repressione più dura. “Sono qui seduta ad aspettarli” ha scritto Zarifa Ghafari la sindaca più giovane del Paese, anche lei rimasta bloccata senza via di fuga. Khudadadi da parte sua era parte di un timido movimento di sportivi e sportive afgane: oggi ha 23 anni, ma ha scoperto il taekwondo quando era ancora ragazzina proprio guardando le Olimpiadi. Il suo modello è il taekwondoka afghano Rohullah Nikpai, unico sportivo del paese a vincere alle Olimpiadi, nel 2008 a Pechino e poi a Londra nel 2012. Ispirandosi a lui Khudadadi ha cominciato ad allenarsi: “Per fortuna la mia famiglia mi ha sostenuta” ha raccontato sul sito ufficiale Paralympics. Le difficoltà per una ragazza con disabilità erano tante, ma la giovane lottatrice ci ha creduto fino in fondo: negli anni dopo la sconfitta dei talebani alle giovani ragazze era permesso frequentare le palestre e persino allenarsi con i ragazzi coetanei e così lo sport femminile ha visto una nuova crescita che andava di pari passo con l’emancipazione delle donne. Proprio per questo oggi Khudadadi rischia la vita in quanto simbolo di una libertà femminile che a Kabul sta venendo annientata. "Sono l’unica donna afghana che ha ottenuto la qualificazione paralimpica, ma ora vedo i miei sogni crollare”, ha scritto nel post.

“Questa situazione ha lasciato la nazione senza parole, ha distrutto tutti i sogni di pace e prosperità" ha commentato il capo delegazione Arian Sadiqi al Telegraph. “È terrorizzata di uscire di casa", ha aggiunto parlando di Khudadadi,"Il nostro appello è a qualunque Paese sia in grado di aiutare i nostri due atleti e gli allenatori ad arrivare a Tokyo”. I giochi inizieranno martedì 24 agosto e se la delegazione paralimpica riuscisse a partire significherebbe dare agli atleti una speranza di salvezza. "Stavamo facendo la storia, Zakia poteva essere un modello per le donne del suo paese" ha aggiunto Sadiqi al The Guardian e le sue parole sono dolorose quanto i sogni infranti delle ragazze afgane.