Non sono mai state così tante: 61 è il numero delle atlete azzurre qualificate alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 e noi vogliamo conoscerle tutte. Certo, alcuni nomi sono più noti di altri (vedi Bebe Vio, portabandiera alla cerimonia di apertura o Monica Boggioni che proprio in queste ore sta facendo parlare di sé per aver vinto il bronzo nei 200 metri a stile libero), ma ora che i Giochi sono iniziati è l'occasione buona per scoprire tutte le loro storie, le loro conquiste, le loro ambizioni. Intanto ne abbiamo scelte sei, ma non c'è dubbio che siano tutte meravigliose. Forza azzurre!!

Greta Elizabeth Muti, pararowing

A quattro anni suona il violoncello, dipinge e studia canto lirico. Frequenta le elementari a Buffalo, le medie a Roma e il liceo a Hamilton in Canada, poi si iscrive a Biologia ad Aquisgrana in Germania. È chiaro che nulla può fermare questa ventisettenne, nemmeno la paralisi di Erb, la malattia con cui è nata. Il canottaggio lo scopre all’isola del Giglio, terra dove oggi Greta Elizabeth Muti vive (e su cui ha realizzato un documentario per la tv norvegese, NRK raccontando la vita nell'isola dopo l’emergenza sanitaria) e da allora ha collezionato medaglie, è diventata capovoga del quattro con PR3 misto italiano ed è approdata alle Nazionali.

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"Il canottaggio non serve per vincere e le Paralimpiadi", ha scritto su Instagram da Tokyo, "non servono per conquistare le medaglie, servono per superare i propri limiti e divertirsi mentre si raggiungono i propri obiettivi".

Carolina Costa, judo

Ventisei anni e figlia d'arte: suo padre è Franco Costa, presidente della Federazione Italiana Kendo morto nel 2006 e sua madre l’olimpionica polacca Katarzyna Juszcak. Carolina Costa si allena fin da piccola e nel judo raggiunge ottimi risultati. “Nella palestra di papà sono entrata che muovevo appena i primi passi", racconta sul sito del Comitato Paralimpico italiano, "Ricordo che ero ipnotizzata dal rumore dei tonfi sul tatami, dalle urla e le corse dei bambini che facevano lezione. Già allora la mia vita era tutta lì, o al seguito di mamma impegnata all’estero nelle gare".

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David Finch//Getty Images

Poi, nel 2016 arriva la diagnosi di una malattia degenerativa, il cheratocono, che in giovane età può portare alla cecità progressiva. Diventa necessario il passaggio allo sport paralimpico; navigando online scopre federazione per la categoria riservata agli ipovedenti e da allora colleziona vittorie: un bronzo ai campionati del mondo e un oro ai campionati europei. Non la ferma più nessuno.

Giada Rossi, tennis da tavolo

Due sport sono legati per sempre al nome di Giada Rossi: la pallavolo e il tennis da tavolo. Rossi, infatti, inizia la sua carriera sportiva con i corsi di Minivolley a Zoppola, dove vive. Poi passa ai campionati giovanili di pallavolo, ma nel 2008, a 14 anni, un incidente in piscina cambia tutto.

Oggi Rossi ha 26 anni ed è campionessa di tennis da tavolo: nel 2013 partecipa ai suoi primi Campionati Italiani, il primo oro lo vince nel 2015 al Torneo Internazionale di Ostrava nella Repubblica Ceca. Poi gli Europei di Vejle, in Danimarca e le Paralimpiadi di Rio nel 2016 dove vince il bronzo individuale nella categoria 1-2. Oggi è a Tokyo e possiamo solo aspettarci grandi cose.

Sara Morganti, paradressage

"Io non credo nella diversità, ma nella varietà. Non servono le distinzioni, non esistono. L'umanità è varia, solo questo". Sara Morganti ha 45 anni e vive a Castelnuovo Garfagnana. A 19 anni è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla, ma l'amore per l'equitazione non si è mai spento. Oggi è campionessa del mondo in carica nella disciplina di para dressage freestyle e tecnico, è stata 24 volte campionessa italiana, ha vinto 2 argenti e 4 bronzi ai campionati europei e nell’agosto del 2015 e nell’aprile 2016 si è classificata prima nel Ranking Mondiale FEI nel Paradressage.

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Scott Heavey//Getty Images

È anche laureata in Lingue ed è la prima atleta nella storia dell’equitazione paralimpica a far parte delle Fiamme Azzurre. Che dire, non vediamo l'ora di vederla trionfare anche a Tokyo.

Veronica Yoko Plebani, paratriathlon

Canoa, ginnastica artistica, danza, snowboard, triathlon e mille altri progetti per il futuro (tra cui quello di lavorare nella comunicazione istituzionale europea), Veronica Yoko Plebani non si ferma un secondo. "Sono orgogliosa del lavoro che ho svolto negli ultimi anni", scrive su Instagram da Tokyo, "orgoglioso dell'atleta e della persona che sono diventato e mi sento estremamente fortunato ed entusiasta di essere nel miglior posto al mondo".

Dal 2012 al 2018 ha collezionato 19 medaglie ai campionati internazionali e 16 ori a quelli nazionali, ma non chiamatela "eroina" per aver fatto tutto questo dopo la meningite contratta a 15 anni: "Quando si racconta la disabilità bisogna fare attenzione", dice infatti intervistata da Repubblica, "molte volte la narrazione è enfatica, i ragazzi vengono presentati come degli eroi, mentre invece secondo me è importante tornare al concetto di normalità, è lì la chiave di tutto. Il nostro corpo è bello perché è normale".

Francesca Porcellato, paraciclismo

Per Francesca Porcellato, Tokyo 2020 rappresenta l'undicesima Paralimpiade tanto che l'atleta cinquantenne è ormai considerata una vera e propria icona dello sport paralimpico. Ha infatti iniziato la sua carriera da giovanissima dopo che a 18 mesi ha perso l'uso delle gambe a seguito di un incidente stradale. A sei anni ha già deciso che diventerà un’atleta: "A quell'età ho ricevuto una sedia a rotelle", racconta, "Prima camminavo con dei tutori e un piccolo deambulatore.

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Sean Dempsey - PA Images//Getty Images

Con la carrozzina sono diventata più autonoma. È servita a integrarmi nella società, a togliermi un po’ di diversità. Farmi percorrere da sola il tragitto fino a scuola è stato regalarmi la libertà. Quando mi ci sono seduta, il primo pensiero è stato farla volare lontano, il più veloce possibile. Così è nato il sogno di essere atleta". Atletica leggera, sci nordico e ora paraciclismo: Porcellato nella sua carriera ha ottenuto sei titoli olimpici, 13 medaglie d'argento e 10 di bronzo, un record che a Tokyo siamo pronte a vederle battere.