Kabul è caduta - la notizia è motivo di preoccupazione mondiale - e con il ritorno dei Talebani, il primo pensiero è stato rivolto a tutte le donne presenti in Afghanistan che, per decenni, hanno lottato per il diritto alla libertà, per il diritto all’istruzione, per il diritto al lavoro. Nonostante Suhail Shaheen, uno dei portavoce dei Talebani, abbia dichiarato che le donne potranno continuare ad accedere all’istruzione e alle università (con l’obbligo esclusivo di indossare l’hijab e non il burqa), le voci di notizie diffuse dai primi giorni di occupazione si mostrano molto diverse da queste parole.

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Molte donne si sono nascoste. Coloro che hanno collaborato con Ong internazionali raccontano di vivere chiuse nelle case o nelle cantine da giorni per timore che la storia possa ripetersi, per timore che le donne siano nuovamente l'unica e sola parte a soffrire per una guerra portata avanti da uomini violenti. “Spero di non vedere le stesse scene di allora: donne violentate, lapidate, matrimoni precoci e pensare che possono farlo allo staff con cui lavori da 20 anni è mortale”, ha dichiarato Simona Lanzoni, vicepresidente della fondazione Pangea che, in questi giorni, aggiorna quotidianamente il canale Instagram con notizie sulle condizioni delle proprie collaboratrici. “La notte è passata e sono ancora vive”, ha scritto questa mattina.

C’è chi ha paura, giustamente. Chi si nasconde, piange e prega. C’è chi, invece, si espone facendo sentire la propria voce e il proprio coraggio come Zafira Ghafari, la più giovane sindaca dell’Afghanistan o come le donne che, nelle scorse ore, si sono munite di cartelli per protestare contro i Talebani.

“Sostenete la voce delle donne afghane”, “Le donne afghane esistono”, “Il lavoro, l’istruzione e la partecipazione politica sono diritti di ogni donna afghana”, “Non farci sparire”, citano i loro cartelli. A diffondere le loro immagini, arrivate da una via vicina all’aeroporto di Kabul, è stato Hahmed Mohd Shah, corrispondente dall’Afghanistan per Al Jazeera. Vicino alle donne si nota anche un gruppo di Talebani su un pick-up e alcuni miliziani armati: si intuisce una situazione inaspettata, ma nessuno reagisce. Quelle donne rimangono in piedi, con i loro cartelli e con la costante voglia di gridare aiuto al mondo intero.

I Talebani, arrivati a Kabul il 15 agosto, hanno voluto mostrarsi diversi ai media, meno radicali dell'ultima volta, dichiarando la volontà nel rispettare i diritti umani di ogni persona. Ricordiamo, però, che lo stesso accadde 25 anni fa. Oggi conosciamo le pagine seguenti di quella storia: le donne vennero private di qualsiasi forma di libertà, vennero obbligate a indossare il burqa per strada - dove non potevano camminare sole -, venne strappato loro il diritto all'istruzione e al lavoro. In quali punti vennero rispettati i diritti umani? In nessuno. Cosa accadrà, oggi, se nessuno deciderà di intervenire attraverso l'organizzazione, ad esempio, di corridoi umanitari?