“Osserviamo completamente scioccati mentre i talebani prendono il controllo dell’Afghanistan", scrive Malala Yousafzai su Twitter e lei che sa fin troppo bene che significa quello che sta accadendo, lei che in Pakistan documentava proprio i soprusi del regime talebano, lei che quella violenza l'ha vissuta sulla sua pelle, di fatto dà voce a quello che in queste ore non possiamo smettere di pensare. "Sono profondamente preoccupata per le donne, le minoranze e i difensori dei diritti umani", scrive, "I poteri globali, regionali e locali devono chiedere un cessate il fuoco immediato, fornire urgenti aiuti umanitari e proteggere i rifugiati e i civili”. La situazione è grave, l'esercito islamista è entrato a Kabul e ha occupato il palazzo presidenziale, l'aeroporto è preso d'assalto e sembra di essere tornati indietro di vent'anni.

xView full post on X

Le strade vuote, le donne barricate in casa per paura di venire uccise o catturate, i manifesti pubblicitari oscurati per coprire le immagini delle modelle, le scuole femminili e le Università che vengono chiuse, le professoresse uccise e il panico che dilaga nel Paese. Chi è nato nel 2001 non sa cosa vuol dire vivere sotto il regime talebano che ha governato il Paese dal 1996 fino a quando l'esercito americano non l'ha rovesciato a seguito degli attentati dell'11 settembre. Chi invece conserva i ricordi di quegli anni drammatici, sa perfettamente a cosa sta per andare incontro, l'incubo è tornato. A rischiare maggiormente sono le donne e tutti coloro che in questi anni hanno collaborato con le istituzioni straniere che potrebbero venire uccisi all'avanzare dell'esercito talebano e che in queste ore stanno cercando di fuggire e nascondere o distruggere tutto il materiale che potrebbe insospettire. Come riporta il Wall Street Journal i cittadini afgani affermano di aver assistito ad attacchi ai civili ed esecuzioni di soldati catturati, mentre i comandanti talebani hanno chiesto che le comunità consegnino le donne non sposate perché diventino "mogli" per i loro combattenti.

"Se arriveranno i talebani probabilmente verremmo costrette a sposarci", raccontano al Corriere della Sera Nahal e sua sorella Mahvash,"Sappiamo che anche qui a Kabul stanno facendo delle vere e proprie liste con i nomi di tutte le ragazze nubili". Nel frattempo i negozi di burqa sono presi d'assalto per non farsi sorprendere dai soldati fondamentalisti a volto scoperto e gli attivisti stanno gradualmente chiudendo i loro account social perché anche gli smartphone sono proibiti sotto i talebani. “Sono tornati", scrive in un post su Facebook di doloroso congedo Fatima, 22 anni e prima guida turistica del Paese, "non potrò più mostravi le nostre meraviglie. Grazie a chi ha ascoltato la mia voce. Beati voi che non vivete in Afghanistan, che non dovete temere che un talebano vi ammazzi. Continuate a inseguire i vostri sogni e a viaggiare. Se rimarrò viva ci rivedremo alla fine di questo attacco, perché voglio credere che presto avremo la pace”. È una ferita che si riapre e i nostri pensieri vanno alle donne afghane che dopo anni di speranza e faticose conquiste saranno nuovamente private dei loro diritti, della possibilità di studiare e lavorare, di girare per le strade da sole e torneranno a essere trattate come oggetti privi di ogni volontà. "Pregate per noi" chiedono prima che le comunicazioni si interrompano, "non ci dimenticate".