Chiara Ferragni sbarca al Lido di Venezia portando se stessa e la sua storia nel documentario Unposted, diretto da Elisa Amoruso (in sala eccezionalmente dal 17 al 19 settembre prossimi, poi si vedrà) che alla Mostra del Cinema di Venezia 2019 era annunciato come uno degli eventi di punta generale, collocato nella sezione Sconfini.

Influencer in vetta alle classifiche di Forbes, imprenditrice digitale, punto di riferimento nel mondo della moda, tanto da essere un caso studiato pure alla prestigiosa università di Harvard, la donna dai 17 milioni di followers su Instagram decide così di mettersi a nudo in un ritratto celebrativo e inedito.

Dai filmini amatoriali della mamma Marina Di Guardo insieme alle sorelle, Valentina e Francesca, alle fashion week di Milano e New York, tutto diventa l’inizio – chiusura di un percorso temporale, nei quale amici, collaboratori, fan, i grandi designer, Silvia Fendi, Alberta Ferretti, per citarne due, lei stessa, dialogano davanti alla macchina da presa. Nel mezzo il racconto della vita privata, il matrimonio da sogno, a Noto, con Fedez, la nascita del piccolo Leone, e quella lavorativa, la nascita del blog The Blonde Salad, la guida in prima persona della Chiara Ferragni Collection, numeri, record, indotti, rivincite, dietro e davanti le quinte. Pioniera, protagonista di una “rivoluzione” tecnologica e linguistica, impossibile da ignorare.

Cosa significa adesso essere stata vista attraverso uno sguardo diverso?

"All'inizio ero molto spaventata dal fatto di lasciar raccontare la mia storia ad un altra persona, non sapevo che risultato sarebbe uscito, sembrava strano, abituata come è stato dai 16 anni tramite i social. Grazie ad Elisa (Amoruso, ndr) si è creata una bellissima energia, lei ha avuto soprattutto la sensibilità di toccare temi, anche molto profondi, della mia vita privata e professionale, scavando dentro di me".

E lì trovare..?

"La parte dell’infanzia, la fiducia proviene da lì. Se sono la persona di oggi lo devo tutto a mia madre, è stata fondamentale, perché è riuscita a insegnarmi il modo di esprimermi davanti alla telecamera. Nel riprenderci non teneva solo ricordi importanti, mi faceva sentire speciale".

Che effetto fa essere accolta molto di più di tante star di Hollywood?

"Le riprese risalgono ad un anno fa, prima del matrimonio, il nostro sogno era portarlo proprio in questo scenario, a Venezia, non avrei mai potuto pensare di realizzarlo. L'approccio ha origine su Netflix, non era però il prodotto giusto, verteva di più sulla mia sfera personale, dopo abbiamo creato un team, volevo che potesse emergere altro, come ho iniziato, dove sono oggi. Più mi raccontavo, più creavo interesse, ma il mio lavoro non mai stato farsi un selfie e basta, dietro c’è sempre tanto lavoro di squadra. Spero che chi lo guarderà possa ispirarsi, in qualche modo".

Nessuno vince sempre, bisogna accettare e tirarsi su

Se parliamo di idoli, vogliamo un nome.

"Leonardo DiCaprio, dai tempi di Titanic. Nella mia cameretta, a Cremona, avevo un pieno di suoi ritagli di giornali, tatuaggi trasferibili, poi l’ho visto a Cannes nel 2013. Io e una mia amica c’eravamo avvicinate per farci una foto insieme, purtroppo c’hanno bloccate prima (ride, ndr)".

Torniamo seri, hai mai ragionato sul prenderti una pausa, spegnere la luce per un po’ insomma.

"Sono una persona capace di caricarsi molto velocemente, ogni tanto, certo, mi sento sopraffatta da tutto ciò che mi succede intorno, sento il bisogno di stare sola, capire, ma la maggior parte sono avvenimenti positivi a cui è difficile credere. La mia vita è stare in mezzo alle persone, raccontarmi, avere feedback, leggo tanti messaggi diretti, commenti, stories, sondaggi, mi cibo di questa energia, anche quando nessuno credeva in nei momenti di difficoltà. Eclissarmi completamente? Non ne sento il bisogno, mi basta una giornata offline, mai dire mai, in futuro chissà, questa idea, comunque, piacerebbe più a Fedez".

Al di là della vostra unione, lui sembra quello a pronto a sdrammatizzare, a toglierti pressioni, è così?

"È un grande supporto. Dal principio ci siamo molto completati a vicenda, io sono quella che lo calma in alcune situazioni, abbiamo caratteri diversi, è vero, che stanno però molto bene insieme. Io sono più positiva, vedo le cose col sorriso, lui è il tenebroso, ha reazioni talvolta esagerate, ma ci capiamo, veniamo d'altronde da mondi diversi, ci siamo fatti da soli, ci stimiamo, siamo davvero i più grandi fan l’uno dell’altro".

Guardando quello che fai, sembra che nel tuo vocabolario la parola “fallimento” non sia contemplata.

"Al contrario, ci penso, ne ho avuti, piccole, grandi delusioni. Fanno parte del percorso, nessuno vince sempre. Bisogna accettare e tirarsi su, tentando di capire cosa abbiamo sbagliato, portandoci nella direzione più giusta, a cercare una versione migliore di se stessi, e lì visualizzare gli obiettivi".

Il web è la piattaforma in cui sei riuscita a crearti il tuo spazio, ora c’è l’idea di prendere parte a dei progetti contro il cyberbullismo, quanto è importante parlarne?

"Molto spesso mi viene chiesto di sostenere cause umanitarie, beneficenza, qui volevo trovare qualcosa in cui ritrovarmi al 100%, è un fenomeno più che mai attuale, io stessa ne sono vittima da sempre, ma l’ho vissuta in maniera positiva. Prima di Instagram pubblicavo su 2.0, Flickr, dopo è arrivato il blog. Il modo di raccontare la mia quotidianità da sempre innesca anche tanti commenti negativi, l’hating, l’ho sperimentato anche nella realtà".

In che senso?

"Alle prime sfilate e gli eventi di moda. Mi presentavo sola, non conoscevo le regole del mercato, le persone, sentivo dirmi in faccia commenti distruttivi tipo 'questa ragazza fra sei mesi nessuno saprà più chi è', mi facevano male e dubitare. Ora è più 'facile' fregarsene, all'epoca no, immagino invece persone più piccole, fragili, doversi confrontare con i cosiddetti leoni da tastiera".

Che messaggio vorresti mandare?

"Quello di educare l’utente, e dall'altra insegnare che è normale avere critiche negative".

Una delle cose che ha scatenato l’odio virtuale, è stato postare immagini di tuo figlio, Leone: non hai paura che un giorno questo gli si potrebbe ritorcere contro?

"Prima che nascesse non c’eravamo posti il problema, non avevamo pensato, 'lo pubblicheremo o no, faremo quello che per noi è naturale'. Leo è la mia vincita della vita, è figlio in ogni caso di due persone celebri, ogni giorno ci ritroviamo i paparazzi sotto casa, il modo di reagire sta nell'essere stati trasparenti ed onesti. Ci sono persone che non condividono, rispetto la loro decisione, è giustissima, dall'altra parte Internet ha cambiato le generazioni, le regole. Mia madre ci riprendeva per noi e basta, quando Leo avrà 18 anni avrà invece una schiera di immagini, è cambiato il concetto di privacy".

Quali sono i limiti in cui rimane, però, la tua condivisione?

"È un concetto strano. Da piccola mettevo parte della mia vita a favore degli utenti, il desiderio era provocare reazioni, non era scattare la foto per me, volevo che potesse vederla il mondo, sapere cosa ne pensasse, trovare una corrispondenza, nell'adolescenza non avevo tanti amici, forse era trovare mia identità in un mondo esterno. Adesso, né io né Fedez, prefissiamo qualcosa, se ci viene voglia lo facciamo, non ci priviamo, quello che è una minima parte della giornata, non c’è quindi una scelta programmata".

Recentemente Instagram ha decido di prendere in considerazione il fatto di oscurare il numero dei "like", per andare contro la dittatura numerica, cosa ne pensi?

"Il like è di fatto una gratificazione che piace a quasi tutti, stanno facendo delle prove in Canada, ora in Italia, mia sorella per dire non li vede, io sì, dipende dall’utente. Alla fine credo sia un ottima mossa per non creare contenuti in maniera ossessiva ricercando l’attenzione delle persone, per gli influencer non cambia nulla, i brand vedono, seguono. La trovo comunque bella liberazione, l’idea di non dover far per forza contenuti, distinguerli, piace più l’immagine legata al look, o di coppia, famiglia, il paesaggio, cesserà l’ansia dei like, e io sono d’accordo".

Una curiosità, nel documentario parli spesso in terza persona, quasi come se ci fosse una minima distanza tra la Chiara influencer e la donna, è così?

"Non esiste nessun distacco, in realtà sono un libro aperto, quando qualcuno pone domande, amici o giornalisti che siano, rispondo quasi allo stesso modo, ne vado fiera, so di essere una brava persona. Cerco di fare testa mia, chi mi conosce sa quanto poco ci metta nel fare delle scelte. Un social funziona se è vero, istantaneo, deve avere pochissimi filtri, in meno di 5 minuti pubblico, voglio potermi godere il resto. Non mi autocensuro ecco, certo faccio degli errori, preferisco, però, essere istintiva. Parlo in terza persona perché ho l’idea della persona che vorrei essere, quella a cui ambisco".

Cosa vorrebbe fare quella Chiara allora in futuro?

"Non ho un lavoro codificato, ogni giorno è diverso, la sfida sarà reinventarsi in tanti ruoli".