Ci sono luoghi dove dimenticarsi degli standard e delle definizioni in favore di un approccio sincero a chi si é e chi si vuole essere è possibile. Angoli nascosti nel caos della città, spazi polifunzionali in cui pensare fuori dagli schemi per superarli e abbatterli diventa molto più di un metodo, ma uno stile di vita che conduce verso nuovi orizzonti di benessere. Proprio in questi luoghi avviene il cambiamento, quello più profondo e intimo, dove l'attività fisica smette di essere un dovere o un'imposizione a cui ci si obbliga per rispondere a dei canoni estetici e diventa un atto d'amore verso sé stessi. Uno di questi si trova a Milano in Ripa di Porta Ticinese 75. Più che un angolo, un enorme spazio polifunzionale in cui la proprietaria di casa, Sara Ventura, ha deciso di conciliare tutte le sue passioni, tra loro unite dall'idea di vivere il proprio corpo come una forma d'arte. Tennista professionista per 20 anni, prima, personal trainer e imprenditrice, oggi, Sara ci racconta come questa evoluzione e rivoluzione prende vita nel quotidiano nel suo tempio di benessere, il Sara Ventura Art & Body.

Sara Ventura è uno spazio in cui corpo, arte e moda entrano in contatto. In che modo l'attività fisica può essere cucita sulle persone con i tuoi programmi di allenamento?

«A volte ci iscriviamo in palestra per un senso di colpa, perché la società insegna che il nostro corpo non è mai abbastanza magro o abbastanza conforme. Come se fosse una sorta di punizione. L'allenamento invece dovrebbe nascere da una motivazione che spinge a raggiungere i tuoi obiettivi. So che potremmo avere paura o non aver fiducia, perché crediamo di non poterci riuscire o perché facciamo il paragone con i corpi delle altre persone e pensiamo di non essere all'altezza. Allora eccomi, chiedo di fidarsi di me. Dovrebbe essere il compito di ogni allenatore e allenatrice quello di instaurare un sincero rapporto di fiducia con tutte le persone che allena. La body ecology, una filosofia ecologica del corpo, vuol dire anche tenere una mano, credere in te quando tu hai dei dubbi. Significa gioire insieme dei piccoli risultati che man mano riuscirai ad ottenere. Significa aiutare a costruire un allenamento che non sia più una punizione, ma che liberi dai pregiudizi sul corpo e ti faccia stare bene. Perché io faccio la differenza? Perché certe cose bisogna viverle, invece di studiare e basta. Il mio corpo è stato il mio vestito, il mio lavoro, il mio terreno di sperimentazione tutta la vita».

Tra le attività che la palestra offre, c'è un corso di gruppo - Body Shape Class - dedicato alle donne e alla valorizzazione delle loro forme. In cosa consiste? In che modo si lavora sulle unicità di ognuna?

«Ho creato questo nuovo format di classi tutte al femminile sulla Body Shape. Finalmente, ogni corpo ha la sua dimensione. Questo non vuole essere l’ennesimo modo di “incasellare” le persone, ma un’opportunità per dare ad ogni individuo il giusto valore. Ognuno di noi merita grande cura, meritiamo di entrare in uno spazio fisico o “virtuale” dove veniamo accolti e valorizzati. L’allenamento diviso per forme del corpo vuole essere un’indicazione, non un’imposizione. Lo dovremmo vedere non come struttura rigida, ma come una bella opportunità. Per questa ragione le Classi Body Shape possono essere seguite online oppure dal vivo in palestra a Milano. Io lavoro sulle esigenze specifiche di ogni forma, creando un’armonia nel corpo che originariamente ognuno di noi possiede, come conformazione biologica. Volevo un allenamento che aiutasse le persone ad avvicinarsi all'immagine migliore di sé stesse».

Il mio concetto di bellezza esula dal peso sulla bilancia. È invece un equilibrio di proporzioni
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Prima di aprire la tua palestra, eri una tennista professionista. In che modo questa tua formazione e carriera influisce sul tuo lavoro e il tuo metodo oggi?

«Ritengo fondamentale tre aspetti nella mia vita e nel mio essere coach. Come prima cosa, la carriera da tennista. Il tennis è stata la mia vita per anni. Mi ha cresciuto, formato e dato la forza mentale per reggere le pressioni che il vivere quotidiano ci impone. Devo molto a questo sport. Seconda cosa, la mia formazione tecnica: ho fatto veramente tanti corsi di formazione in diverse discipline. Non smetterò mai di “studiare” e sperimentare su me stessa, prima di tutto, tecniche nuove, ritengo questo aspetto fondamentale. Ultima cosa, ma non ultima certamente, l’importanza della salute mentale. Ho fatto analisi per anni ad intervalli nella mia vita e ancora la faccio. L’essere coach ora, e tennista professionista prima, richiedono un lavoro su sé stessi costante.

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È necessario arrivare puliti, neutri, davanti ad ogni situazione. Questo aspetto viene a volte trascurato, si pensa che essere dei buoni atleti o dei dei tecnici esemplari ci renda dei bravi coach. In realtà questo non è sufficiente. Nel fitness moderno dobbiamo dare spazio all’integrazione come individuo nella sua totalità prima ancora di avvicinarci al concetto di “prestazione” o meglio di forma fisica. Chi mi sceglie e sceglierà questo percorso insieme, dovrebbe sapere che la mia filosofia porta con sé un’altra grande passione: l’arte. “Il corpo come forma d’arte” sarà la narrazione culturale di questo percorso insieme. C’è bisogno di introdurre temi più complessi nel mondo del fitness che uniscano e vedano il corpo non come parti separate, ma come un tutt’uno con la nostra interiorità. A parer mio solo attraverso questa visione possiamo realizzare la versione migliore di noi».

"Valorizzare l'unicità di ognuno e rifiutare gli standard omologanti": come hai raggiunto questa consapevolezza e in che modo questa vive nella realtà che hai costruito con il tuo spazio polifunzionale?

«Il fitness femminile ha bisogno di una nuova filosofia. Dovremmo uscire da vecchi schemi prestabiliti dove l’idea di utilizzare pesi per una donna, è associata al diventare grossa. Bisogna riscrivere quella che è la grammatica allenante, dove invece valori come la qualità dei movimenti, il cambiamento continuo e l’intensità del lavoro siano i fattori essenziali del nostro programma. Non ci sono solo allenamenti ad intervalli, oppure obiettivi come la velocità di esecuzione, c’è un mondo dietro ad esercizi ogni volta diversi, cambi di prese, posizioni, attrezzi ed impugnature. Non bisogna mai finire di sperimentare nuovi linguaggi fisici. Io voglio fare questo. Le donne devono sapere che il loro allenamento non dovrebbe essere necessariamente più leggero rispetto agli uomini, ma semplicemente differente. Siamo noi le prime che dobbiamo iniziare a crederci».

Che consigli dai a chi da sempre lotta con il suo corpo e le sue particolarità?

«La voglia di fare progressi è lecita in ogni aspetto della nostra esistenza. La differenza la fanno il giudizio oppure le aspettative che ci imponiamo. Il rispetto per il nostro corpo può coesistere con qualsiasi scelta facciamo nella nostra vita, se i valori che ci portano a quella scelta sono sani e benefici. Credo molto nello sport come “scelta di vita” e non come meccanismo giudicante o distruttivo. Dovremmo saper scegliere ambienti e persone che ci facciano sentire in uno spazio sicuro, dove ogni corpo riesca a trovare la sua dimensione.

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Una frase che mi ha dato sempre grande motivazione nella vita è: “Fare è l’unico modo per cambiare”. Quindi, iniziamo insieme».




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Alice Nardiotti

Non credo negli astri, eppure sono dannatamente Gemelli. Se chiedete alle amiche, mi definiscono saggia, io preferisco coi piedi per terra. Amo esplorare e viaggiare con le parole, le emozioni e i sensi, per questo scrivo anche di beauty.

Il mio passatempo preferito? Fermarmi a osservare quello che mi circonda e captarne l'essenza.