Abbiamo parlato della possibilità di aiutare il popolo attraverso le donazioni, delle iniziative del mondo della moda a sostegno della comunità colpita e dei brand da conoscere e sostenere. Questa volta la parola va a due designer e una responsabile delle iniziative commerciali, tutte e tre ucraine. Attraverso la loro testimonianza di creative e founder di brand di moda, ci raccontano come la tragedia guerra ha influito sulle loro attività e vite, che cosa è cambiato e come stanno affrontando un presente difficile. Marianna e Natalia, due sorelle ucraine fondatrici del brand Marianna Senchina, mentre Julie Yarmoliuk é la designer del brand ucraino J’amemme.

instagramView full post on Instagram

Il marchio Marianna Senchina è stato fondato nel 2015, partendo dall'ispirazione romantica per i capi ideati. La banalità non è contemplata nella restituzione di una figura femminile sofisticata, per questo l'evoluzione nel design ha individuato degli elementi caratteristici con cui giocare. Pois, fiocchi e volant sono solo alcuni particolari che propongono look divertenti e insoliti, ma comunque semplici da indossare. Il mix di dettagli caratteristici mutuati dal modo di vestire di diverse epoche ha permesso al brand di raggiungere la fama tra celebrità, come Rihanna e Dua Lipa, e pubblicazioni editoriali. Gli articoli vengono ideati e disegnati a Milano, per poi essere prodotti dagli artigiani in Ucraina.

J’amemme nasce nel 2018 come marchio di couture indossabile. I suoi tratti distintivi derivano dalla commistione di arte e design, creando attraverso gli abiti delle figure architettoniche. Lo scopo del marchio è provare a ridefinire il concetto di couture attraverso la propria interpretazione di colori e forme. La combinazione dei tessuti e delle tinte permette di fornire una visione contemporanea della femminilità. L'elemento caratterizzante è la piega d'autore, che tempesta i pezzi prodotti e viene realizzata a mano dagli artigiani. Oltre ad essersi fatto notare dalle principali testate di settore, il brand ha presentato la sua collezione alla settimana della moda di New York.

Il giorno dell’invasione

Ognuno, tra le intervistate, ha un suo ricordo di quel 24 febbraio.

Marianna e Natalia sono in due realtà completamente diverse: la prima è in Italia, dove vive da alcuni anni, mentre la seconda al centro di Kyiv. Natalia racconta di essere riuscita a scappare dal Paese con sua figlia dopo 42 ore di viaggio in auto, e Marianna della preoccupazione per il loro team costretto a rimanere in Ucraina e a rifugiarsi nei sotterranei della città. Julie si trovava a Kyiv e si è svegliata per le esplosioni. Spiega come abbia realizzato che quello era l'inizio della guerra, nonostante fino alla sera prima fosse tranquilla. «Dato che vivo in un piano alto, ho anche visto il bagliore delle esplosioni», continua.

Emozioni e paure di quel momento

«Nessuno si aspettava la guerra», racconta Julie, descrivendo la paura più forte che abbia mai provato. I nove giorni trascorsi a Kyiv in un rifugio, prima di poter scappare, erano scanditi dai suoni delle sirene e dai rumori degli elicotteri e delle esplosioni. L'unico pensiero fisso era la sopravvivenza. Rivivendo le emozioni di quei giorni, la designer afferma: «La guerra è la cosa peggiore che possa accadere, porta via senza pietà tutto ciò che ami e apprezzi. Avevo una vita felice, un lavoro che amavo, un marchio fiorente, i russi sono arrivati con la loro "pace" e hanno brutalmente portato via tutto». Una situazione che somigliava a un sogno orribile e surreale la definiscono le sorelle Marianna e Natalia: «Il suono delle sirene, le bombe volavano e facevano esplodere gli edifici, qualcuno del nostro team è stato testimone di sparatorie nei confronti dei civili». E continuano: «Non augurereste al vostro peggior nemico nulla di ciò che i nostri dipendenti hanno vissuto».

La volontà di portare avanti i progetti

Sebbene in questo momento molti brand si siano completamenti fermati, vista la presenza di un’area importante della logistica in Ucraina, molti designer cercano di portare avanti il loro lavoro. Con le campagne vendite per la stagione autunno inverno, per esempio, come spiega Marianna, mantenendo sempre i contatti con gli impiegati ucraini nel Paese e provando a fornirgli sostegno su tutti i fronti. Precisa: «Al momento, siamo in contatto con tutti i nostri dipendenti, assicurandoci che le loro esigenze di base siano soddisfatte. Stiamo anche cercando di prevedere come sviluppare la nostra attività una volta finita la guerra». J’amemme ha riaperto il suo shop online, trasferendo la sua sede a Ovest, in una posizione relativamente più sicura, e grazie alla copertura ricevuta durante la New York Fashion Week, una parte del campionario si trova in USA e verrà reso disponibile per le pubblicazioni.

Come mantenere la creatività in questo periodo?

«La creatività è essenziale ancor di più in questo momento, spiega Marianna, per dimostrare di essere coinvolti e capaci di combattere per la propria libertà, come sta facendo l’Ucraina». Al momento il brand Marianna Senchina ha creato una collezione digitale, acquistabile in NFT, che permetterà di inviare aiuti umanitari; i clienti riceveranno i loro ordini fisicamente non appena sarà possibile riprendere a lavorare. Continua Julie a ricordare la quantità di creativi impegnati nell'industria della moda che popolano il Paese, «oltre agli aiuti umanitari, i nostri designer, fotografi, redattori e stilisti stanno lanciando tante attività di supporto per permettere di effettuare donazioni nei confronti della popolazione ucraina». Le iniziative di charity e la consapevolezza di far conoscere al mondo quello che sta accadendo sono sicuramente fattori trainanti. Le sorelle Senchina inoltre affermano: «Siamo un esempio vivente di coraggio per tutto il mondo, proclamando la nostra libertà. Le nostre azioni dimostrano che stiamo combattendo per la libertà non solo per noi stessi, ma per tutta l'Europa, perché l'Ucraina è il cuore dell'Europa».