Ha ancora senso parlare di #frethenipple? Il movimento che nel 2013 chiedeva a gran voce la fine della censura dei capezzoli femminili (tuttora imposta dai social) oggi sembra più lontano che mai e i seni molto più liberi, almeno in apparenza. «Seni, seni ovunque» così Vanessa Friedman ha commentato sul New York Times la sfilata F/W 2024 di Saint Laurent notando che, di 48 look, solo 12 non avevano i capezzoli in bella vista tra veli e trasparenze. In un modo o nell'altro si continua a parlare di seno femminile nella moda, ma c'è da domandarsi se il valore che attribuiamo a un capezzolo in vista non sia cambiato nel tempo o se, a cambiare, è quello che oggi chiediamo alla moda.

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Marc Piasecki//Getty Images
Yves Saint Laurent F/W 2024

«In questa fase del 21° secolo, tanta trasparenza sembra la forma più banale di provocazione misogina di finta moda», scrive piuttosto duramente Firedmann, eppure questo trend era già in ascesa da un po'. Pensiamo a Florence Pugh con il suo sheer pink dress di Valentino nel 2023, ai i top a rete di Tory Burch, ai capezzoli scolpiti in oro di Schiaparelli. A furia di vedere capezzoli in mostra, la cosa è ormai ben lontana dal fare scandalo come era ai tempi della prima camicetta trasparente in passerella (sempre YSL nel 1966). Se a Pugh l'anno scorso era stato chiesto conto del suo mostrare il seno (e lei aveva risposto a tono), oggi non ci stupiamo certo nel vedere Amelia Gray sfilare con un dolcevita nero sheer per Max Mara e nemmeno di fronte ai top minimali o alle trasparenze dell'ultima sfilata di Mugler. Lo slogan «If you can see my nipples it's because I have them» si è condensato nelle passerelle e non solo.


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Se vediamo «seni ovunque» è anche perché corsetti e trasparenze sembrano trascendere i perimetri delle fashion week. Anche se Friedman si chiede chi davvero vorrebbe indossare gli abiti trasparenti di Saint Laurent, ormai siamo abituati alle celebrità che mostrano i loro capezzoli, come gesto politico o come moda (e spesso la distinzione finisce per sfumare istantaneamente). Kim Kardashian mostra il suo Nipple Bra di Skims con dei perfetti capezzoli finti incorporati, Emily Ratajkowski indossa un abito in rete di Loewe, Mia Khalifa alla sfilata di Ester Manas sfoggia un look tutto rouche e trasparenze, Bianca Censori ormai ci ha abituati al suo seno mostrato quasi integralmente in ogni occasione.




Potremmo cantare vittoria e decretare la normalizzazione del seno femminile: i capezzoli sono finalmente stati liberati? Si dice che persino Meta stia per eliminare il divieto. Eppure permangono i doppi standard: sui social c'è chi sottolinea come le modelle di YSL abbiano tutte seni estremamente piccoli mentre su TikTok l'hashtag #bigchestproblems ha milioni di visualizzazioni e video di ragazze che mostrano quanto sia complicato seguire i fashion trend se si ha una taglia dalla terza in su. I seni grandi fanno fatica a essere mostrati, sia perché necessitano di maggiore sostegno, sia perché vengono ancora ipersessualizzati. Sono pochi i brand che li includono nelle loro creazioni e ancora meno quelli che hanno l'ardire di mostrarli in trasparenza. Un seno grande in vista viene ancora definito volgare e si parla più facilmente di oggettificazione. Forse se Bianca Censori avesse il seno delle modelle di Saint Laurent, il web non starebbe dibattendo sul suo essere vittima di manipolazione.

Ma allora perché riaprire il dibattito sul seno? Visto il controllo sempre più stringente sui corpi femminili, oggi la rinnovata centralità del seno più che simbolo di trasgressione sembra un diversivo. Mentre i corpi delle donne continuano a venire catalogati, questi seni nudi (magri e poco dirompenti) paiono distogliere l'attenzione dai corpi che davvero, se mostrati, risulterebbero sovversivi. Corpi trans, corpi con disabilità, corpi grassi, corpi non conformi agli standard estetici. L'asticella di ciò che va celato si è spostata, ma sembra che la moda stia facendo passi indietro.