Guido Senia, in arte Il Tre, classe 1997, arriva per la prima volta all’Ariston per cantare la fragilità. “Fragili” (Warner Music) è dedicato a chi ascolta. Ognuno di noi è fragile e cantarlo fa sentire meno soli. Lo fa tra pop e rap, mettendo in gioco la sua capacità di cantare al doppio della velocità della base e farsi conoscere da quella parte di pubblico che non lo ha mai sentito in playlist o visto su Tik Tok e che non conosce i suoi precedenti lavori. L'ultimo album Invisibili è stato al primo posto della classifica Fimi. Aspettava questo momento da tanto, non nasconde di aver presentato più volte brani per il Festival e finalmente Amadeus lo ha scelto. È la sua grande occasione per arrivare al maggior numero di persone possibili, è la sua occasione per raccontare di sé e della sua musica, che il 9 novembre suonerà per la prima volta in un palazzetto, a Roma, la sua città.

Cosa vuoi raccontare con “Fragili”?

«Qualcosa che mi è successo di recente. Ognuno di noi è fragile a modo suo, per me è importante convivere con i propri demoni interiori. Cantarli all’Ariston sarà molto importante per me».

Che cosa è successo?

«Alla base c’è sempre l’amore che muove il mondo. Ho vissuto una relazione che non è finita bene. Ho fatto molti errori. Mi prendo la responsabilità di non essermi comportato bene. Credo sia colpa dei miei traumi del passato, ma ho cercato di capire dove ho sbagliato. E qui racconto cosa è successo. Chiedo scusa nel ritornello. Bisogna saper riconoscere l’amore, ma anche saper chiedere scusa».

Ascoltando la canzone lei capirà?

«Sì, non sa che l’ho scritta e non l’ha ancora sentita. Non era una persona che avrei voluto perdere. Ho sempre combattuto con i miei tormenti interiori ma crescere significa anche riflettere su se stessi e capire dove si è sbagliato».

Tornerete insieme?

«Nulla è impossibile… Sono arrivato alla consapevolezza che forse è meglio così. Non sono la persona che vorrei essere, ci sto lavorando. Lei merita di meglio… Però sì, forse ci spero. Quel che conta è che senta quello che ho scritto».

Parli di demoni, quali sono?

«Se lo sapessi sarebbe più facile affrontarli. Sono tormentato, a volte triste, senza motivo. Non faccio uso di droghe, sono astemio, al massimo bevo un succo di ananas. Prima davo colpa all’adolescenza… ma ora ho quasi trent’anni. Non lo so qual è il problema».

Come affronti la tua fragilità?

«Non ho un metodo preciso, se lo avessi ne abuserei. Cerco di domarla, a volte contemplarla. Mi piace molto andare al mare di inverno, quando è deserto e non c’è nessuno. Ascolto musica, passeggio con il cane. Mi dà pace».

Hai desiderato tanto il palco di Sanremo?

«Sì, ci ho provato negli anni, sono contento di esserci riuscito. Per me è un momento talmente bello che potrebbe non ripetersi più. Voglio godermelo. Ho ansia, ma punto a godermelo».

Porti l’extrabeat sul palco dell’Ariston.

«Volevo dare un segnale a chi mi segue, far capire che sono sempre io. Ma non potevo fare Cracovia sul palco, ho scelto il giusto compromesso».

Nel pezzo citi Battisti, con "Mare Nero".

«Io ascolto tantissima musica, anche molto datata, fin da quando ero piccolo. Bennato con mio padre, Guccini con mia madre. Per Zucchero sto in fissa. A volte chi sale nella mia macchina si stupisce di Tiziano Ferro. Ma la musica è di tutti, perché non dovrei ascoltare il pop?»

A chi chiedi consigli?

«Non seguo molto i consigli, purtroppo. Non ho idoli o mentori. Mi piace sbagliare con la mia testa. Spesso chiacchiero con i miei genitori, dipende da che mood ho».

Verranno a Sanremo?

«Sì, saranno in platea. E questo mi rassicura. È vero che mi guarderanno milioni di persone, ma sapendoli là sarà come essere a casa».

Che effetto fa stare tra i Big?

«Mi sento tra i 30 prescelti. Alcuni sono amici, Geolier, Mr Rain, Alfa, La Sad. Altri non li ho ancora conosciuti. In generale non vivo la competizione. È già figo essere lì».

Hai paura di qualcosa?

«Di non dormire! Il sonno è fondamentale. Scherzi a parte, quello è un palco che fa tremare gambe e voce, ma non vedo l’ora di salirci»