Per chi ha visto La primavera della mia vita, debutto al cinema di Colapesce Dimartino, chiacchierare con Lorenzo Urciullo (Colapesce) e Antonio Di Martino (Dimartino) è esattamente come salire a bordo della loro auto arancione ribattezzata Lazzaro. È impossibile prevedere dove andranno a parare. Tra Eugenio Montale, un costume di Carnevale da loro stessi, come dev'essere una litigata per sembrare vera e il peso delle aspettative da sostenere. Il tutto mentre Colapesce prepara il nero di seppia per pranzo «anche se siamo a Milano». Siciliani entrambi, musicisti, reduci dal successo della seconda volta a Sanremo (con Splash) e pronti per andare in tour insieme. Perché insieme stanno bene: «Prima di tutto siamo amici».

Come sarà il vostro tour?

Dimartino: «Ce lo immaginiamo molto suonato. La prima cosa che ci siamo detti è che questa volta ci volevamo proprio divertire, fare un tour con tanti musicisti, sul palco saremo in tanti. Con il disco nuovo, la colonna sonora, abbiamo un repertorio nostro abbastanza importante, tanto repertorio per fare un concerto suonato ci piaceva tanto. Non vediamo l’ora di suonare nei club, insieme non l’abbiamo mai fatto con un repertorio così ampio, se non durante la pandemia quando era obbligatorio rimanere seduti. Invece adesso l’idea di entrare in un club, trovare tutti in piedi ci piace tanto come idea.

State pensando anche voi di portare dei sosia, come quelli di Jim Morrison nel film?

Colapesce: «Sai che durante quest’ultimo Carnevale ci hanno taggato tantissime persone vestite da Colapesce Dimartino. Evidentemente siamo facilmente replicabili (ride, ndr)».
Dimartino: «Basta che metti i baffi a uno, la barba a un altro…».

A parte barba e baffi, come raccontereste voi stessi?

Colapesce: «Antonio è un grande amico, un bravissimo musicista e un bravo paroliere, quindi posso solo parlarne bene. Certo, qualche difetto ce l’ha, ma di sicuro è un piacere collaborare con lui».
Dimartino: «Anch’io stimavo Lorenzo prima di fare qualcosa insieme. E forse sai cosa ha tirato fuori lui da me? Di prestare attenzione ai particolari. Io sono molto naif nell’approccio alle cose, lui invece tiene molto ai dettagli».

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La nuova cover digitale di Cosmopolitan. Foto: Simone Biavati Location: Grand hotel Londra, Sanremo Styling: Giuseppe Magistro

Come siete diventati amici?

Colapesce: «Io e Antonio ci siamo conosciuti 12-13 anni fa, a un Festival a Mazzara del Vallo. Suonavamo entrambi lì, ci siamo presentati e siamo subito entrati in sintonia».

Oggi come definireste la vostra collaborazione?

Dimartino: «Musicalmente siamo più una band, ci piace definirci band. Entrambi siamo musicisti, io suono il basso, Lorenzo suona la chitarra, e appena aggiungi un batterista in realtà puoi andare già a suonare».

In La primavera della mia vita non è facile da distinguere quando recitate e quando siete davvero voi stessi.

Colapesce: «Chiaramente abbiamo scritto un film stando attenti a non interpretare troppo qualcosa che non potevamo sostenere, siamo molto aderenti alla realtà, talmente tanto che non abbiamo cambiato nemmeno i nomi dei personaggi. Non siamo proprio così nella vita, ma ci sono molte cose che coincidono. Nel personaggio di Antonio c’è del mio e viceversa, è stato bello anche mischiare i due livelli ed esasperare alcune delle nostre caratteristiche, per quanto riguarda soprattutto le riflessioni sulla vita, sulla morte, sull’essere artisti oggi. Il film è un lungo ragionamento tra due amici veri, un viaggio sull’amicizia».
Dimartino: «A livello attoriale, però, ci siamo preparati un po’. Per esempio ci hanno spiegato come litigare, perché se litighi male al cinema si capisce».

Come si litiga al cinema?

Dimartino: «Devi essere credibile. Quando abbiamo studiato le parti del litigio ci siamo detti delle cose pesanti, personali, orribili».
Colapesce: «Conoscendoci molto bene siamo entrati proprio nell’intimo dell’altro, tirando fuori il peggio».
Dimartino: «Ho dei video in cui ci diciamo queste cose e li conservo (ride, ndr)».

Lorenzo sullo schermo ha una pillola per qualsiasi cosa. Vi piacerebbe che fosse davvero così?

Colapesce: «Sarebbe un sogno per me, avere l’armadietto così organizzato. Sono molto preciso. Antonio, invece, non credo».
Dimartino: «A me non interessa molto, però direi che ci stiamo arrivando ad avere una pillola quasi per tutto».

Come dovrebbe essere un artista oggi?

Colapesce: «Oggi un’artista se lo vuole fare come professione deve avere una parte più concreta. Forse si è un po’ sfrangiata l’idea dell’artista naif, fine solo a se stesso, che vive di arte e di tramonti. Da un punto di vista strettamente creativo, però, uno deve continuare a potere essere libero, deve avere la possibilità di comunicare quello che sente, a prescindere se aderente con i gusti del pubblico o meno».
Dimartino: «Io ho sempre difficoltà quando mi dicono se sono un’artista, un po’ anche per pudore nei confronti di certi giganti. Mi piace di più la parola musicista».

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Colapesce Dimartino Foto: Simone Biavati Location: Grand hotel Londra, Sanremo Styling: Giuseppe Magistro

Bilancio del ritorno a Sanremo?

Colapesce: «È stato bello».
Dimartino: «Sono uscite anche delle cose che non erano uscite lo scorso Sanremo, soprattutto sul lato autoriale, come il Premio della critica, un riconoscimento importante per uno che scrive oggi canzoni in Italia».

Che Sicilia volevate raccontare con La primavera della mia vita?

Colapesce: «Il film vuole raccontare una Sicilia inedita, che spesso non viene fuori dal cinema siciliano, spesso si predilige la parte più legata alla mafia, al malaffare, alle brutture o quella da cartolina delle serie americane come White Lotus. Noi volevamo un po’ allontanarci e raccontare una Sicilia diversa, più fantastica ma forse più reale».

Cosa rappresenta per voi la Sicilia?

Colapesce: «Tantissimo. Ci influenza nella scrittura di sicuro anche se viviamo a Milano, il pensiero è sempre tra Misilmeri e Solarino, i nostri due paesini di origine. Per uno scrittore, un musicista o un artista siciliano è inevitabile fuoriuscire dall’isola, è davvero un grembo, non riesci a non inserirla».
Dimartino: «Sì, ci siamo ispirati anche all’idea di Bufalino che la Sicilia soffre di un eccesso di identità, ha tante identità e noi nel film abbiamo voluto raccontare tanti personaggi e le loro verità che è sempre qualcosa di verosimile, basato su una leggenda, su un detto, e questa cosa come diceva Sciascia prova nei siciliani la sicilitudine, cioè un senso di solitudine, di non appartenenza. Credo che anche da questo film esca questa cosa, nel senso che tutti questi personaggi sono in Sicilia ma in realtà nessuno le appartiene realmente.

Quanto pesano realmente le aspettative oggi?

Colapesce: «Sicuramente è una società che si basa sulle aspettative, soprattutto negli ultimi anni. Personalmente sia come musicisti che come persone stiamo cercando di rifuggire le aspettative, o almeno riconoscere che potrebbero essere un problema è già un primo passo. Una cosa è certa, tutti ci creiamo delle aspettative. E andare a Sanremo e cantare quella canzone lì “per non sentire il peso delle aspettative” ci è sembrato un messaggio forte da dare».
Dimartino: «Quando hai successo con una canzone tutti quelli intorno a te, parenti compresi, si aspettano che tu faccia un altro successo, quindi le aspettative sono un qualcosa molto familiare in Italia secondo me. Noi nel video l’abbiamo un po’ raccontata questa cosa, c’è questo personaggio con la spada di Damocle sulla testa che vive sempre pensando di soddisfare le aspettative dei suoi genitori, ossia un lavoro e una famiglia. È un momento in cui sta venendo meno tanto la vita personale rispetto a quella pubblica, si è accentuata tantissimo l’idea di soddisfare le aspettative pubbliche».
Colapesce: «Forse più che soddisfare, fare vedere agli altri che hai soddisfatto le tue aspettative. È tutta una continua pubblicità dei propri successi».

L’ironia salverà il mondo?

Colapesce: «La leggerezza è un modo per veicolare dei contenuti anche profondi. E la leggerezza permette anche che alcuni contenuti pesanti diventino più trasversali. Se noi in musica non avessimo scelto la formula della leggerezza per dire quello che diciamo rischiavamo di diventare dei cantautori pesanti e pallosi (ride, ndr)».
Dimartino: «Beh, un po’ pesanti lo siamo (ride, ndr)».

Chi è il più leggero tra i due?

Dimartino: «Nessuno (ride, ndr)».

Riformulo: chi è il meno pesante?

Colapesce: «È una gara difficile perché alla fine siamo diventati conosciuti al pubblico con una hit che di base parla di depressione».
Dimartino: «Forse insieme affrontiamo i problemi con più leggerezza perché sdrammatizziamo, c’è questo rifugio nell’altro, nell’amico. Abbiamo affrontato Sanremo due volte perché eravamo insieme. Essere insieme ci ha dato molta forza. In realtà insieme viene fuori una certa leggerezza, ma di base le nostre due personalità sono molto pesanti».
Colapesce: «Profondi, dai diciamo profondi».

Ritirando fuori una citazione di uno dei Jim Morrison del vostro film: la vita fa molto più male della morte?

Dimartino: «In realtà la frase era “Non avere paura della morte, fa meno male della vita”. Siamo d’accordo su una cosa, per rimanere pesanti, ossia che l’essere umano non è abituato alla morte. Abbiamo fatto anche un disco su questo concetto. Non significa che bisogna essere lugubri, ma negli anni bisognerebbe preparare l’essere umano a quello che comunque accadrà inevitabilmente a tutti, quindi se si riuscisse ad avere un rapporto un po’ più tranquillo con questa fase della vita sarebbe più facile poi accettare la fine delle cose in generale. Se ci fosse un modo per educare la gente ad affrontare tutto questo, ci sarebbe più consapevolezza. Sotto questo aspetto la frase di Jim Morrison non è più solo da diario».

A dover invece scegliere una frase per il vostro diario, quale sarebbe?

Colapesce: «A me viene subito in mente il nostro brano, Majorana. Un brano che parla di scomparire, gioca sul fatto che Majorana è scomparso e non si sa più nulla di lui e ci sono due amici che si perdono».
Dimartino: «Direi la frase, “siamo scomparsi troppo presto/due lettere nell'universo”. Mi torna in mente anche un’altra frase, di Montale, che ho letto proprio stamattina, ossia che Milano è un enorme conglomerato di eremiti. La trovo verissima».

Calendario «CLUB TOUR 2023»:

Giovedì 23 novembre 2023 | Bologna @ Estragon
Giovedì 30 novembre 2023 | Napoli @ Casa della Musica
Venerdì 1° dicembre 2023 | Roma @ Atlantico
Lunedì 4 dicembre 2023 | Venaria Reale (TO) @ Teatro della Concordia
Martedì 5 dicembre 2023 | Milano @ Alcatraz

I biglietti online su vivoconcerti.com e in tutti i punti vendita autorizzati dalle 16 di lunedì 13 marzo 2023.