La nuova trasformazione di Michael Fassbender arriva con il film Chi segna vince, in sala dall’11 gennaio, diretto da Taika Waititi, sì, il marito di Rita Ora (regista camaleontico che spazia da Thor a quel gioiellino JoJo Rabbit, da rispolverare su Disney+ non solo per la Giornata della Memoria).

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Nelle prime immagini colpisce immediatamente la chioma bionda e somiglia incredibilmente a Matt Damon nel film Invictus (disponibile su Sky e in streaming su NOW), con cui ha più di una similitudine perché entrambi parlano di sport e raccontano storie vere di squadre date per spacciate, ma poi arriva il miracolo, o meglio il frutto di fatica e coscienza di sé.

Si sa che al cinema la metafora dello sport piace moltissimo, soprattutto perché il risultato di una partita – così come nella vita – si decide all’ultimo.

Chi segna vince parte da una partita di calcio clamorosa, che avrebbe garantito un posto nel Campionato del mondo del 2002 la squadra del Samoa 31 a 0 con l’Australia, un vero e proprio record in negativo. Per qualificarsi la volta successiva vengono allenati dall’olandese Thomas Rongen (Fassbender). Riusciranno a conquistarsi un posto? Sono passati 13anni e sembra che tutto giochi a loro sfavore. La rivincita degli svantaggiati permette sempre allo spettatore una profonda immedesimazione, sottolineando quanto ci vogliano buona volontà e impegno, non solo talento naturale.

Lo ha dimostrato di recente – semmai ce ne fosse bisogno – il successo mondiale di Ted Lasso (la serie-fenomeno su AppleTV+): persino il più strampalato tra gli allenatori e la meno agguerrita tra le squadre possono ottenere un risultato che si basa sull’umanità prima che sulle tecniche di gioco.

Ecco perché – a parte il discutibile look platino – Chi segna vince merita una chance: la resilienza, la voglia di riscatto e l’autodeterminazione sono oggi più importanti che mai, in un mondo che cade a pezzi, mapuò ancora avere una chance di essere salvato.