Come se non fossimo già abbastanza stressate tra lockdown, regali di Natale e gestione delle feste in versione Covid-19. E come se non fossimo già decisamente preoccupate dello stato dei diritti femminili ultimamente: vedi violenza domestica, femminicidi in aumento, minore tutela della salute riproduttiva e tutte le problematiche che conosciamo bene e che il coronavirus ha solo esacerbato. No, evidentemente ci voleva anche un manifesto dalle dimensioni spropositate che sentenziasse a caratteri cubitali che "la pillola abortiva è come un veleno". Così, tanto per ricordarci che il diritto all'aborto legale non può mai essere dato per scontato. L'avete visto? Con tanto di hashtag #dallapartedelledonne? Sui social è scoppiato giustamente lo scandalo perché l'associazione Pro Vita e Famiglia ha pensato bene di affiggere i suddetti maxi manifesti su decine di camion tra Roma, Milano, Verona e altre città italiane scagliandosi contro la pillola abortiva RU486 e propagandando una serie di fake news che di scientifico non hanno nulla. Poi è logico che perdiamo la pazienza, no? Ma andiamo con ordine.

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I soliti paladini della "famiglia naturale" ci hanno provato e riprovato (lo fanno sempre) e la crisi sanitaria è diventata il pretesto perfetto per rendere ancora più difficile richiedere un'interruzione volontaria di gravidanza, basti pensare al caso a dell'Umbria che a giugno ha reintrodotto l'obbligo di ricovero in caso di aborto farmacologico. C'è da dire, però, che per ora non ci sono riusciti dato che ad agosto il Ministero della Salute ha deciso di chiarire la faccenda una volta per tutte conformandosi alle direttive dell'OMS e emettendo delle linee guida - uguali per tutte le regioni d'Italia - che stabiliscono che la pillola RU486 può essere prescritta senza obbligo di ricovero. Ma ecco quindi che i pro-life tornano all'attacco con lo slogan "Prenderesti mai del veleno?", una grafica di dubbio gusto e la pretesa (del tutto insensata) di stare "dalla parte delle donne" perché, secondo le loro dichiarazioni, la pillola abortiva causerebbe dolore, emorragie, gravidanze extra uterine, infezioni, setticemie e addirittura la morte. Peccato che l'Organizzazione Mondiale della Sanità non la veda così.

La comunità scientifica, infatti, è concorde nel sostenere che la pillola abortiva, non solo è più pratica e accessibile, ma è anche una procedura sicura ed efficace in una percentuale tra il 92 e il 98% dei casi. In Italia al momento, salvo controindicazioni specifiche, chi voglia ricorrere a un'IVG entro i 90 giorni di gravidanza può scegliere liberamente (con il supporto dei medici) tra aborto chirurgico e farmacologico. L'IVG chirurgica comporta l'anestesia (locale o totale) e un intervento di circa 10-20 minuti svolto in day hospital. L'IVG farmacologica, invece, è meno invasiva e avviene in due fasi: nella prima si assume un farmaco (il Mifepristone, noto appunto come Ru486) che interrompe la gravidanza. A quel punto se i parametri sono nella norma è possibile tornare a casa e, dopo 48 ore, si passa al secondo farmaco (il Misoprostolo) che facilita l'espulsione del prodotto del concepimento. I sintomi solitamente sono simili a quelli di un aborto spontaneo nelle fasi iniziali di gravidanza e i dati del ministero della Salute sull’aborto farmacologico mostrano che in Italia, in oltre il 96,9% dei casi, non è stato riscontrato alcun problema. Ovviamente ogni esperienza è a sé e le complicazioni purtroppo esistono, ma tra questo e fare disinformazione scientifica su un argomento così delicato c'è una bella differenza.

come funziona la pillola abortiva al di là delle polemichepinterest
PORNCHAI SODA//Getty Images

Secondo gli ultimi dati disponibili del ministero della Sanità in Italia ogni anno avvengono ancora tra 10 e i 13 mila aborti clandestini ed è in questi casi che le donne rischiano davvero. Demonizzare l'esperienza dell'aborto legale creando una narrazione volta a terrorizzare le donne che vogliono interrompere la propria gravidanza è pericoloso. La pillola abortiva fornisce alle donne la possibilità di decidere liberamente del proprio corpo e di farlo in modo sicuro e accessibile. E ora vogliamo che i manifesti vengano rimossi.

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Elisabetta Moro

Nata a Padova, vivo tra Londra e Milano. Dopo la laurea in Giurisprudenza, mi sono specializzata in Studi di Genere con un Master in Women’s Studies nel Regno Unito. Oggi scrivo di attualità, costume e pop culture, focalizzandomi in particolare su tematiche legate al femminismo, alle questioni di genere e ai diritti civili.