In Italia se ne parla poco, ma è iniziato il Ramadan, il mese in cui le persone di fede musulmana osservano un periodo di intensa preghiera, riflessione e digiuno. È uno dei momenti sacri più importanti dell'anno: i fedeli sono chiamati a non assumere né acqua né cibo – serviti quotidianamente invece prima dell'alba e dopo il tramonto, in pasti chiamati rispettivamente suḥūr e ifṭār – per circa 16 ore al giorno; fatta eccezione per le persone malate (anche di Dca), gli anziani, i bambini fino a una certa età, le persone in gravidanza e le persone con le mestruazioni. Dal momento che c'è molta poca informazione ed educazione sul tema, è bene sottolinearlo: se una persona ha le mestruazioni durante il Ramadan può non digiunare o pregare e partecipare al tempo di spiritualità in altri modi, o recuperarlo successivamente.

«Le mestruazioni – spiega a Cosmopolitan Uk l'educatrice sessuale musulmana Angelica Lindsey-Ali – possono essere un momento di disagio, sia fisico che mentale. Pertanto, è visto come un'esenzione e una forma di misericordia da parte di Allah poter evitare il digiuno in un momento in cui il corpo sta già attraversando un processo di rinnovamento». Le ragazze e le donne, tuttavia, potrebbero risentire comunque dei tabù o degli stigma legati alle mestruazioni e ancora presenti nella maggior parte delle culture, a partire proprio da quella occidentale, e vivere il momento del ciclo durante il Ramadan come l'ennesimo ingombrante peso sulle spalle, che invece non dovrebbero portare.

Mestruazioni e Ramadan

Non è chiaramente una condizione universale, ma come racconta la giornalista Salma El-Wardany a i-D sembrerebbe essere abbastanza diffusa: «Conosco donne che durante il ciclo non frequentano gli spazi religiosi perché sanno che se qualcuno le vedesse evitare la preghiera, saprebbe che hanno le mestruazioni». Yasmin di Manchester, 24 anni, dice sempre a Cosmopolitan: «Se qualcuno della comunità mi chiede perché non sto digiunando, rispondo semplicemente: "Non posso". Se me lo chiedono di nuovo, rispondo: "Ho il ciclo"». Humaira, 26enne di Birmingham, racconta: «Abbiamo escogitato modi educati per affrontare l'argomento per rispettare i costumi delle persone e far sentire tutti a proprio agio. Con mio padre e mio fratello posso dire apertamente che ho il ciclo, mentre con mio zio potrei semplicemente dire: "Non sto pregando"». Lindsey-Ali spiega quindi: «Le donne musulmane hanno spesso paura di parlare apertamente delle loro mestruazioni perché è stato insegnato loro che sono sporche durante questo periodo. Questo rende difficile discuterne, anche in presenza di altre donne, perché sentono che le mestruazioni le rendono delle escluse in questo periodo. Ma si tratta di un insegnamento culturale e non dell'Islam». I tabù che circondano le mestruazioni non sono infatti un precetto religioso, hanno poco a che vedere con il Ramadan o con l'Islam e molto, invece, con la cultura patriarcale. Non è un caso, infatti, che ci ritroviamo tutte e indipendentemente dal credo in queste parole parole dell'educatrice.

I tabù sulle mestruazioni sono una questione patriarcale

Anche se siamo nel 2024, le parole mestruazioni, o sangue, quando questo è concettualmente legato al ciclo mestruale, non si possono ancora pronunciare senza provocare il più delle volte nell'interlocutore una repulsione (figurarsi mostrare mutande e indumenti macchiati, assorbenti con o senza ali). Le smorfie delle persone, il loro imbarazzo, talvolta le loro richieste: «Per piacere, puoi non parlarne in mia presenza?» (giuro, mi è stato chiesto), sono reazioni purtroppo ancora costanti nell'esperienza di ciascuna ragazza; che sia questa musulmana, cristiana, buddista, atea o di qualsiasi altra fede. Le domande inopportune, i comportamenti sessisti consolidati culturalmente obbligano le donne a confrontarsi con lo stigma che circonda ancora le mestruazioni, generando in loro (quantomeno) frustrazione. Come se il racconto della riproduzione, e quindi della vita stessa, diventasse attraverso il sangue qualcosa di inenarrabile (che però tale non è quando si sente l'esigenza di rimettere le donne al loro posto, ricordandogli che devono essere, e pure con gioia, solamente delle madri).

Lo viviamo qui e lo viviamo là. La tendenza che si ha in Occidente è quella di spiegarsi le culture differenti e ciò che non si conosce attraverso una loro svalutazione, principalmente per paura. Ma informarsi e comprendere le dinamiche che opprimono le donne è un'urgenza, soprattutto dal momento in cui, a volte anche senza conoscere, si criticano aspetti di una (o un'altra) religione, senza accorgersi di aver aderito per anni alle stesse identiche dinamiche, ma con la pelle bianca. Che sì, si chiamano patriarcato e si intersecano tanto con l'Islam quanto con il Cattolicesimo: proprio per questo hanno una matrice culturale ampia che non è possibile ricondurre a un'unica religione.

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Elena Quadrio

Mi piace ricercare e sperimentare, lo faccio da sempre attraverso il beauty, ma soprattutto la scrittura. Di solito per descrivermi lascio parlare la mia carta astrale: sole in Capricorno, luna e ascendente in Aquario. Tre cose su di me: sono cresciuta innamorandomi della letteratura, ma sogno ancora di fare l’attrice e ogni tanto dico in giro di esserlo. Persona preferita: Audre Lorde.