Sono le donne a patire di più lo stress sul lavoro, secondo una ricerca britannica portata avanti su un massivo campione di persone per indagare lo stato della salute mentale e del benessere individuale quando le condizioni di lavoro cambiano nel tempo. Lo studio, pubblicato su Labour Economics, si intitola The impact of working conditions on mental health: Novel evidence from the UK ed è stato portato avanti da un gruppo di ricercatori italiani (il docente di Economia Politica Michele Belloni dell’Università di Torino, Elena Meschi dell’Università Milano Bicocca e da Ludovico Carrino, ricercatore dell’Università di Trieste e del King’s College di Londra) che hanno cercato di capire cosa modifica la percezione di un lavoratore rispetto alla qualità del lavoro che svolge e come queste variazioni impattano sulla sua serenità.

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Bleecker Street

26 mila persone che hanno lavorato nella stessa azienda dal 2010 al 2015 sono state coinvolte nel sondaggio: dai risultati si può leggere chiaramente che, tra le condizioni che maggiormente impattano sulla salute mentale dei dipendenti in positivo, ci sono la possibilità di mettere in campo le competenze e le esperienze acquisite; e la flessibilità nella gestione di task e orari. Quando queste due variabili cambiano (in peggio) hanno grosse ripercussioni sulla serenità individuale in termini di ansia, depressione e burnout.

I ricercatori hanno specificato che sono soprattutto le donne a patire maggiormente questo cambio di condizioni, come si evince dalle risposte al sondaggio, in particolare per i soggetti nella fascia d'età tra i 35 e i 50 anni. I ricercatori hanno puntualizzato che le donne over 35 sentono più forte il desiderio di flessibilità e riscontrano maggiore soddisfazione sul posto di lavoro se questa viene concessa. Le over 50 invece apprezzano quando la loro creatività e ed esperienza viene apprezzata.

I motivi sono per di più sociali: sulle donne pesa, in modo sproporzionato, la responsabilità di accudire e curare i figli, un minore riconoscimento di competenze anche, ma non solo, in termini economici (lo dicono le ricerche sul gender gap e i numeri, dopo il periodo pandemico, sono ancora più allarmanti) e in generale un trattamento diverso dai parte dei propri responsabili. Non è una regola fissa, ma le stime su licenziamenti, dimissioni volontarie e richieste di ridimensionamenti orari e demansionamenti in epoca Covid la dicono lunga su quanto questa situazione sia parecchio diffusa. Questo comporta una gestione diversa delle ore di lavoro, oppure la necessità di modificare ritmi e flussi per far combaciare esigenze familiari e lavorative. Laddove le due cose non comunicano tra di loro, le soglie di stress, quelli di ansia e persino i fenomeni depressivi dilagano.

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Giovanna Gallo

Da un decennio, per lavoro, scrivo di famiglie reali, psicologia, attualità e cultura pop, oscillando tra il web e la carta stampata. Il destino vuole che la mia professione coincida con una passione, quella per il giornalismo di costume, nata quando avevo sei anni, che male non fa. Quando non scrivo chiacchiero molto, guardo serie tv, mi sposto tra la Calabria (dove sono nata) e Torino (dove vivo) e ripenso nostalgica agli anni Novanta.