Qualche tempo fa, durante un pranzo a base di salmone scotto e patatine fritte non croccanti (e il posto l'avevo scelto io), Francesca, che oltre a essere mia omonima è anche una delle mie donne preferite al mondo, mi ha detto: «Mi è venuta in mente una coppia per la tua rubrica: che ne dici di Emily Blunt e John Krasinski? Non sono adorabili?»

Ora. Io sono, è vero, la perfetta portinaia 2.0: una che sa tutto di tutte le sciocchezzuole che accadono a Hollywood e dintorni, e ai reali inglesi, e a questo e quello, e che peraltro vede anche un sacco di film, ma per un attimo ho avuto un black out neuronale: chi diamine è John Krasinski? Di Emily, che ho sempre amato molto come attrice, avevo perso le tracce sentimentali quando si era lasciata con Michael Bublé, cioè una vita fa. Avevo nel frattempo letto che era stata il Cupido di sua sorella Felicity (agente letterario) e Stanley Tucci, che grazie a lei si erano conosciuti e poi anche innamorati e sposati. Ma di lei, di quello che stesse accadendo al suo cuore e nella sua vita, non sapevo più nulla.

Così, dopo l'illuminante consiglio di Francesca, sono andata a cercare John Krasinski, di cui, in quel momento, non avevo neanche un'immagine archiviata nel cervello.

«Ah, sì», mi son detta appena l'ho visto (senza grandi entusiasmi, dato che non lo trovo per niente bello). Il caso, che non agisce mai a caso, qualche sera dopo mi ha fatto trovare in tv un film in cui recitava indovinate chi? Proprio lui. Che ha iniziato a uscire con Emily nel novembre del 2008 e nel 2010 l'ha sposata in Italia, sul lago di Como.

E no, continua a non sembrarmi né bello né altro, ma c'è chi giura che sia simpaticissimo. Di una cosa, però, sono certa, per quella convinzione stupida che ti porta a credere che tutte le persone che stimi per qualche motivo (recitativamente parlando, in questo caso): se Emily Blunt se l'è sposato, qualcosa di speciale deve avercelo per forza.

C'è un articolo carino che ho trovato online in cui raccolgono cinque cose tenere che lui ha detto, negli anni, sulla moglie: che cos'ha pensato la prima volta che l'ha vista («Era uno di quei momenti in cui non stai davvero cercando una storia, e pensi che ti prenderai il tuo tempo, per uscire, eccetera. Poi l'ho incontrata. E mi sono sentito subito nervoso. Pensavo "Ossignore, sto per innamorarmi di lei". E così, non appena le ho stretto la mano, le ho detto che mi piaceva»), che cosa lo spaventava prima del primo appuntamento, e via così.

Emily, come sa chiunque l'abbia vista recitare, sia nel suo film più famoso (Il diavolo veste Prada), sia nell'ultimo che è uscito (Il mondo di Arthur Newman, con Colin Firth, molto bizzarro, molto delicato, molto bello), è un'attrice speciale, piena di talento. Così brava che persino Meryl Streep, quando uscì Il diavolo veste Prada, anziché lodare la protagonista Anne Hathaway, si sperticava in lodi per la bravura della Blunt. Così brava, ma così brava, che, quando a diciotto anni recitò in uno spettacolo nel prestigiosissimo Theatre Royal Haymarket del West End (il West End è la Broadway di Londra, per dirla in spiccioli), la sua coprotagonista Judi Dench (ripetilo con me, sgraniamo gli occhi e sospiriamo di meraviglia insieme: Judi Dench) le disse «Senti cara, tu un giorno sarai una grandissima attrice. E se qualcuno dovesse mai darti dei problemi, o darti noia, vieni dritta da me» (potete leggere l'intero racconto in un bell'articolo uscito l'anno scorso sul magazine Manhattan).

Darei qualsiasi cosa per poter chiedere a John ed Emily come si sono innamorati esattamente, per fare cioè la domanda che amo fare a chiunque, ovunque, in qualsiasi momento: «Come vi siete conosciuti?». Non per sapere le storie ufficiali raccontate alla stampa, ma la loro storia personale, che è quel mix di emozione e goffaggine che si sperimenta solo quando ci s'innamora. Quel credere all'improvviso che nulla accada a caso (infatti è così, peraltro: nulla succede per caso), che sia tutto collegato, e che il destino ci voleva lì, proprio lì, in quella piazza, o al bancone di quel bar, o a quella cena da amici di amici, per conoscere quel tale.

Com'è, come non è, nel frattempo, dopo tre anni di nozze e cinque di relazione, Emily Blunt e John Krasinski aspettano il loro primo figlio. L'anno scorso, in quell'intervista al magazine Manhattan di cui ti ho messo il link quassù, Emily ha detto: «Ecco, questa è la principale difficoltà che incontro nel parlare del mio matrimonio: non è facile riassumere in una frase qualcosa di così vitale, e che significa tutto per me. Capite che cosa intendo? Posso solo dire che è una fottuta meraviglia. É fantastico. E sono felice, tanto felice».

Credo non siano necessari altri commenti o altri blabla. Chiunque riesca a farti dire che il tuo matrimonio è una fottuta meraviglia (o anche solo a pronunciare l'accoppiata verbale "fottuta meraviglia") è un genio dell'amore, che saresti pazza a non sposare. Perciò auguri, ragazzi, a voi e al piccolo Krasinski in arrivo.