Nel 2020, quando Harry e Meghan hanno lasciato la famiglia reale puntando tutto sulla propria immagine e sulla possibilità di monetizzarla, in tanti avevano lodato la scelta di una coppia evidentemente capace di scegliere la propria strada con consapevolezza, senza costrizioni o forzature. Tre anni dopo, al giro di boa di un periodo parecchio complicato, i duchi di Sussex stanno facendo i conti con l'accusa di essere stati troppo arroganti e di aver venduto competenze che in effetti non possiedono.

Un articolo comparso sul Wall Street Journal, che da settimane sta passando al setaccio i progetti saltati e i contratti rescissi (l'ultimo, quello milionario con Spotify) dei Sussex, ha chiamato questa impasse in un modo preciso: flop. Un fallimento almeno delle intenzioni, generato dall'idea di Harry e Meghan di potersi vendere come produttori di serie tv e podcast di successo, nonostante la totale inesperienza nel settore di entrambi. Il nodo della questione è che un nome o un titolo altisonante, com'è nel caso del principe Harry, non implicano necessariamente talento: anche tra chi ha sempre sostenuto i duchi di Sussex sta cominciando a serpeggiare l'idea che la coppia abbia peccato di troppa presunzione e che, epurata la loro narrazione dalle accuse e dalle recriminazioni alla famiglia d'origine del principe, l'interesse nei loro confronti da parte del pubblico mondiale non può reggere il colpo.

Una lunga lista di errori

In questi tre anni i Sussex si sono circondati di una squadra di professionisti in diversi ambiti, così da rendersi inattaccabili soprattutto dopo la firma dei contratti più ambiziosi, quelli con Netflix e Spotify. Tolto dall'equazione il secondo - la coppia, tra le altre cose, è stata accusata dai vertici dell'azienda di poca creatività, di non riuscire a proporre idee davvero valide per podcast di successo - rimane Netflix: l'accordo scadrà nel 2024 e pare non ci sia, da parte dell'azienda, alcuna intenzione di rinnovarlo. Anche perché tra progetti tagliati sul nascere (Pearl, la serie animata di Meghan) e altri che non hanno mai visto la luce (Heart of Invictus, ideato da Harry), della coppia il mondo ha visto solo la docuserie uscita a dicembre, focus sulla loro vita, sull'addio alla famiglia reale e sui drammi ad esso legati. In tanti, oggi, pensano che il piano di Netflix sia sempre stato quello di far entrare Harry e Meghan nella propria scuderia di produttori principalmente per realizzare la docuserie, non per permettere ai duchi di Sussex di mostrare le proprie capacità editoriali con altri progetti e contenuti. Insomma, Harry e Meghan credevano di poter dettare le regole in virtù della loro posizione, invece si sono dovuti adeguare a un sistema che ne ha sfruttato la popolarità.

Avere un nome importante non implica avere talento (o idee)

Vale per Harry e Meghan, che sono volati a Hollywood sperando di fare la storia - in quanto reali scampati alle regole della monarchia, pronti a investire sulla propria immagine per dimostrare che fuori da quell'istituzione c'è parecchia opportunità - ma vale per chiunque: non sempre condizioni di vita privilegiate, che garantiscono acceso a scuole incredibili e a possibilità e contatti sensazionali, implicano talento. Basta guardare com'è andata ai Sussex: in questi tre anni, sotto il cappello della Archewell, la fondazione grazie alla quale smistano progetti in ambiti differenti, hanno assunto grossi nomi del marketing per far sì che le loro idee prendessero una forma vera e propria. Il problema, così hanno riferito delle persone a loro vicine al WSJ, è che di idee sostanziose non ne sono mai venute fuori. I dipendenti di Archewell hanno raccontato di quanto i loro capi fossero stupiti dalla quantità di lavoro effettivo nascosto dietro ai progetti in essere. Questa mancanza di direzione e soprattutto la volontà di delegare continuamente ad altri il lavoro "vero" dietro alle (poche, stando ai report) idee partorite Sussex, avrebbe fatto deflagrare in diverse occasioni accordi e rapporti lavorativi. Nel 2022, diverse risorse importanti della Archewell, chiamate da Harry e Meghan per ristrutturare il loro business, hanno mollato l'azienda per mancanza di coerenza. Parecchie celeb che Meghan avrebbe voluto coinvolgere come voce nel suo podcast femminista Archetypes, hanno preferito declinare l'invito: Taylor Swift sarebbe tra queste. Ancora una volta, il nome dei Sussex non è bastato a garantire qualità a chi sa come si porta avanti un business (vedi Swift, che è nota a tutti per la sua infaticabile voglia di fare): di no illustri come questo, pare che i Sussex, negli ultimi due anni, ne abbiano ricevuto parecchi.

La competenza non si improvvisa

Cosa rimane in mano ai Sussex, sviscerati tutti i segreti dei rapporti con la famiglia reale in Spare e in Harry&Meghan su Netflix, ora che hanno finito di monetizzare i loro legami privati? Una domanda, questa, che ricorre a Hollywood e sulle prime pagine dei quotidiani più importanti, e che si fa sempre più insistente. Se i duchi di Sussex riusciranno a recuperare la loro credibilità in un modo o nell'altro (e in virtù delle enormi risorse di cui dispongono) è ancora presto per dirlo. Le anticipazioni parlano di un contratto esclusivo di Meghan con Dior e di un rilancio del suo blog The Tig, che la porterebbe al livello successivo da un punto di vista dell'immagine. Harry, invece, sembra alla deriva, sia da un punto di vista umano che professionale. Rimane il nodo più controverso, ovvero il fatto che non abbiano semplicemente fallito (eventualità che implica il fatto che a un certo punto possano rialzarsi), ma che Harry e Meghan siano un fiasco bello e buono, che siano stati per tutti, anche per quelli che li sostenevano, un abbaglio. E per questo non c'è riparo: una volta che il velo è caduto, rimane ben poco da fare se non ammettere di essere arrivati troppo vicino al sole senza avere un paio d'ali abbastanza solide per rimanere in alto.