Il nuovo disco di Vasco Brondi, il cantautore raffinato che dà peso a ogni sua parola, si intitola Un segno di vita ed esce il 15 marzo. Dieci tracce piene di luce che illumina i dubbi del presente, registrate a contatto con la natura in uno studio organizzato a più di 2500 metri, tra le mura del rifugio di Paolo Cognetti: «Amo scrivere da solo ma seguo il consiglio di lavorare solo con gli amici. Ci siamo caricati gli strumenti in spalla e li abbiamo portati al rifugio di Paolo. Il disco lo ha prodotto Federico Dragogna dei Ministri. Ci svegliavamo lì, andavamo a camminare al mattino, guardavamo il bosco davanti alla finestra. Credo che questa atmosfera si senta all’interno dei brani».

instagramView full post on Instagram

Il cantautore ferrarese che nel 2018 chiudeva il progetto Le luci della centrale elettrica, toglie ora un’ulteriore strato di sé per arrivare ancora più nel profondo: «Avvicinarmi al nucelo di me stesso, al nucelo incandescente della terra». Brani che dicono tutti in faccia, la voce è davanti, per misurarsi con se stesso raccontandosi a fondo, utilizzando anche la forma scritta grazie al libro che accompagna il disco nel suo formato fisico. Un "Piccolo manuale di pop impopolare”, per raccontare la genesi dell'album, per parlare del suo pop impopolare, perché in fondo è quello che fa. Scrive canzoni per tutti che escono dagli standard del momento. E lui nello standard non si è mai riconosciuto: «Ho avuto come stella polare tutti quegli artisti che hanno seguito una strada che nessuno gli indicava, una strada profonda, molto personale, ma allo stesso tempo attenti a raggiungere gli altri. Mi sono misurato con la forma canzone». In “Illumina tutto”, il brano che ha fatto da apripista a questo nuovo lavoro, c’è la frase “non decidi tu i tuoi desideri” e Brondi ne riconosce il valore riconoscendo quello di cui scrive, solo dopo che lo ha fatto: «Non ho il controllo delle canzoni che escono, è qualcosa di molto istintivo che lavora nel subconscio. Dopo guardo quello che è successo e mi rendo conto di quello che avevo bisogno di dire». Sono quasi tutte canzoni d’amore: «Ma sono sempre collocate nel mondo contemporaneo, come se ci fosse una colonna sonora che è un telegiornale e anche se è una storia intima, anche se sono miei racconti, ci sono sempre attorno gli anni che stiamo vivendo». Osserva il mondo, riesce a raccontarlo, tra le leggi della città e le leggi dell’universo, parlando di cose minuscole che diventano universali: «È una lezione di Mario Monicelli, bisogna parlare di quello che si conosce molto bene, guardando alle cose minuscole, per riuscire a parlare a tutti. Io mi sono guardato dentro e attorno». Va a un ritmo diverso dagli altri, ha bisogno di vivere fuori dalla città e rientrarci per brevi periodi, in cui recupera tutto il “rumore” di feste, eventi, attività, per poi tornarne fuori a leggere, meditare, osservare. Senza stare in silenzio. Non ha paura di esporsi e ,a partire da “Un segno di vita”, Vasco prende le sue posizioni e non gli sembra strano farlo: «Sono cresciuto suonando e ascoltando il punk, la sua musica è sempre stata collegata a qualcosa di politico. Non serve essere attivisti, ma l’attitudine è chiara e si capisce quali sono i miei valori, quello in cui credo. È sempre stato chiaro dai dischi che ho fato, dalle canzoni che ho cantato». E se Ghali in questi giorni ha attaccato i colleghi che rimangono in silenzio, che non si espongono, per Brondi la libertà di ogni individuo è da difendere sempre: «Non so perché gli altri non si espongano, ma non mi torna il discorso che se non prendi posizione sei complice. Non è vero, ci sarà un altro modo per farlo. Imporre agli altri di dire qualcosa che tu vuoi che venga detto è comunque una forma di violenza. Fare il moralizzatore è pericoloso, io non mi permetto di dire agli altri come vivere, cosa fare». Si esprime per sé: «Sono libero e rispondo a me stesso. Non mi torna neanche quando i fan mi dicono che non mi sto esponendo abbastanza. Ognuno pensi al suo, non accetto che qualcuno mi dica cosa devo fare, che sia una persona o un artista o un giornalista». Il rispetto per gli altri, la cura dell’ambiente, l’amore per la natura, la speranza di una nuova generazione che riuscirà a invertire la rotta, l’analisi di un tempo difficile che però non è di certo il peggiore: «L’essere umano ha sempre vissuto in epoche di transizione, la sofferenza è parte della vita sulla terra». Canta così il suo ottimismo, la capacità di riconoscere che cosa c’è di buono in mezzo all’inferno e aggrapparsi a quello, il segno di vita di cui abbiamo bisogno: «Nei tempi oscuri dobbiamo andare proprio lì, a far luce, schiarire e portarci dentro qualcosa di buono». Vasco parla del mondo che abbiamo intorno, ma in fondo parla anche di sé. Nei tempi di rincorsa alle hit, tra beat, mainstream e hit, “Un segno di vita” è il suo modo di portare un po' di luce di cui, va detto, a volte abbiamo bisogno.