Rocco Hunt ha provato tante volte la sensazione di essere lontano da casa, dal suo paese, in questi anni viaggi all’estero, complici i successi in Spagna di brani come “Caramelo” con Elettra Lamborghini o “A un paso de la luna” con Ana Mena e le hit di casa nostra “Ti volevo dedicare” o “Non litighiamo più”. Era il 2014 quando vinceva Sanremo Giovani con “Nu juorno buono”, quando tutto è iniziato, quando la scena napoletana non era così presente come oggi in classifica ma lui ne era un esponente giovanissimo pronto a portare la sua lingua nel mainstream, dieci anni prima del secondo posto al Festival di Geolier, come un precursore. Torna in italiano con “Musica Italiana” proprio per celebrare quella sensazione, quel senso di orgoglio che si prova quando una canzone italiana passa alla radio, in un bar, in un ristorante di un altro paese e raccontare nel video la sua storia d’amore con Ada, con cui ha avuto sette anni fa il piccolo Giovanni. Oggi ha 29 anni, grande testa sulle spalle, crede nel valore della famiglia, e ha una continua voglia di migliorarsi per continuare a crescere, con la certezza di essere felice e pronto a cantare per tutta l'estate (anche con J-Ax).

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Come sta la musica italiana oggi?

«Cresce. C’è molta attenzione sui numeri, Sanremo ha aiutato tanto in questi anni. Alla nostra musica è riconosciuto un valore importante. Mi fa felice che ogni artista, chi con un genere chi con un altro, trovi spazio all’interno dell’industria. La mia carriera mi ha portato all’estero, ho un disco di diamante in Francia, un disco di platino in Spagna. La musica italiana è una delle più ascoltate al mondo, dalla classica alla napoletana. La presentiamo molto bene. Volevo rendere omaggio».

Nel video reciti con Ada, la madre di tuo figlio.

«La canzone è dedicata alla musica, ma nel video c’è un po’ anche la mia storia, la storia di tanti che sono cresciuti insieme in una relazione che dura da tanto. Volevo coronare questa storia d’amore anche con l’ascolto di questa canzone all’estero. C’è anche una foto di 15 anni fa, c’è il nostro sogno di vivere a New York».

C'è un segreto nel vostro rapporto?

«Io penso che l’amore debba sempre vincere a prescindere da ogni condizione avversa. È importante trovare un giusto equilibrio, che poi è importante in ogni ambito della vita».

Dove ti senti a casa?

«A Salerno. Lì è veramente casa. Ho girato tanto, sono andato a vivere a Milano che mi ha dato tante opportunità, ma cerco di tornarci almeno una volta ogni dieci giorni. Con mia mamma, mio papà, i miei fratelli. Ho poi avuto la fortuna di costruirmi anche una casa mia ed è una delle conquiste più importanti della mia vita. La casa è una conquista, intesa non come immobile ma come serenità, come luogo dove trascorrere la vita con la propria famiglia. Per me è sempre stato un obiettivo».

Nella canzone parli anche di infanzia, quando eri piccolo sognavi una tua famiglia?

«I valori che ho fin da piccolo, avendo avuto genitori molto giovani, con un padre che era quasi un fratello, mi hanno sempre portato a immaginare di mettere su famiglia presto. E così è stato. Ho avuto la fortuna di trovare una persona con la quale condividere questo bellissimo viaggio e mi ritengo fortunato perché sto riuscendo a realizzare i miei sogni e allo stesso tempo aver messo su un equilibrio familiare che mi rende sereno».

Stai replicando il rapporto che avevi con tuo papà?

«Non è stata una scelta, ma il destino ha voluto che capitasse e poter essere un papà giovane per me è una fortuna. Ci sono tanti benefici, come possono non esserci. Ogni vita ha una sua storia, ogni destino una sua strada, ma io cerco l’equilibrio e sono soddisfatto».

La soddisfazione comprende anche l’ambito lavorativo?

«C’è chi ha più e chi ha meno, io nella mia vita so di avere abbastanza e questo mi fa sentire molto fortunato, ho avuto tante opportunità, ho saputo sfruttarle e mi rende ottimista anche per quello che arriverà poi».

Cosa ti tiene così ancorato alla realtà e ai valori?

«Il fatto che mio nonno Rocco sia ancora sul mercato rionale di Salerno a vendere la frutta alle persone, che mio padre faccia ancora l’operatore ecologico, che i miei fratelli la mattina si sveglino e vadano a lavorare. Sono cose che mi insegnano quotidianamente l’umiltà. Mi sento responsabile, mi fa venire voglia di migliorarmi. Studio, leggo, pratico lo strumento, ho ripreso lezioni di canto, non ho mai voluto perdere il senso di tutto. Avrò smesso di imparare quando farò l’ultimo respiro. Lo devo all’educazione che ho ricevuto dai miei genitori che è quella che cerco di trasmettere a mio figlio».

In un momento in cui la musica napoletana ha il suo momento d’oro come mai scegli di cantare solo in italiano?

«Sinceramente sento di non dover dimostrare più niente a nessuno. Dieci anni fa il napoletano era ancora vittima di discriminazione, non era cool come adesso. Sento di aver già fatto quel percorso. Poi non vuol dire che io lo abbia lasciato. A novembre sono usciti de brani, uno è finito nella colonna sonora del film di Alessandro Siani, l’altra l’ho pubblicata sui social dedicandola ai ragazzi nelle carceri e nel prossimo album ci saranno sicuramente tante cose in napoletano. Ma l’italiano per me è stata una conquista, il dialetto è stata la prima lingua che ho parlato, aver raggiunto enormi traguardi con la lingua italiana per me è una grande soddisfazione».

Vedere Geolier a Sanremo che effetto ti ha fatto?

«Ho provato orgoglio. Con Manu ho un rapporto di amicizia che va oltre la muscia, abbiamo collaborato tanto insieme, lo conosco dagli inizi. Sono stato uno dei suoi riferimenti musicali e lui lo ha sempre detto pubblicamente, questa cosa mi ha sempre riempito il cuore di gioia. I sacrifici che ho fatto all’iterno della scena rap nei primi anni finalmente servono, sono semi che vengono raccolti dalle nuove generazioni. Ovviamente ho tifato per lui!».

Prossimi obiettivi?

«Quest’estate uscirà un featuring con gli Articolo 31, poi avrò una collaborazione con Baby Gang, nel frattempo mi concentro nella chiusura del mio album. Per me è come ripartire ogni volta».