«La rivoluzione che canto in questo album è la mia rivoluzione personale, la mia crescita sociale. Mi sono guardato indietro, ho analizzato i cambiamenti di questi ultimi dieci anni tra quello che avevo e quello che ho».

Per Rocco Hunt è una giornata importante: a distanza di due anni il suo nuovo album, Rivoluzione, un disco che contiene tutto il suo riscatto sociale cercato, trovato e raggiunto, è in vetta alle hit-parade.

Ci micofonano, Rocco si siede su un divanetto e, dietro di lui, una gigantografia della copertina del suo album mi fa riflettere: le cicatrici di quell’immagine - realizzata da Jorit, street artist conosciuto in tutto il mondo per i suoi murales rivoluzionari - le ha sempre indossate portandole con sé in modo molto più labile. Oggi sono lì, visibili, presenti. Sono le cicatrici di una vita piena di amore, ma priva di privilegi, sono i segni di un’infanzia serena, ma stimolata dall’importanza di imparare il vero significato di rispetto. Dove non c’è giustizia sociale, la giustizia la si crea, oppure, si cercano strade diverse per un nuovo riscatto, un riscatto sociale in vista di un futuro senza più ostacoli ingiusti.

rivoluzione, il nuovo album di rocco huntpinterest
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La periferia, una realtà concreta, un punto di partenza

«Sono nato in periferia, questo è stato il mio primo approccio alla vita. Tutta la mia musica nasce da un piccolo spiraglio di luce che intravedevo tra i palazzi del mio quartiere, popolare, ma modesto, non pericoloso. Si viveva in maniera tranquilla, tutti si aiutavano. Non lo rimpiango, il mio passato ha segnato il mio futuro e la mia rivoluzione»

Le cicatrici, quelle che rimangono per sempre

«Le cicatrici sono molte, ognuno per realizzare i propri sogni ha dovuto rincorrere speranze e sacrifici. Una delle cicatrici che porto è quella della mia adolescenza, sicuramente diversa da quella dei miei coetanei. All’età di sedici anni ho iniziato a viaggiare per l'Italia, ho lasciato la mia famiglia e questo mi ha fatto responsabilizzare presto. All’inizio in pochi credevano in me, per questo ho sempre vissuto con una forte voglia di riscatto».

L’etichetta del ragazzo di periferia

«In generale, quando nasci in periferia, cresci già con un taglio sulla faccia, tutti ti guardano come se dalla vita non potessi avere nulla. Chi nasce in periferia è segnato ad avere un lavoro umile e onesto. Poi, per me, è arrivata la musica: io ho colto questa occasione, sono riuscito a cambiare la mia situazione, il mio finale che per molti era già scritto. Indossavo un’etichetta perché venivo da un quartiere periferico, ma quando nasci con fame e ambizione e hai poche opportunità… puoi solo creartele. Mi ritengo fortunato perché comunque se non fossi nato lì non avrei avuto questo epilogo».

Come rivoluzionare la propria vita

«Ognuno deve cercare di trovare la propria direzione nella vita. Io cerco di crescere mio figlio in modo sano e coretto, per esempio cerco di insegnargli che lo studio può offrirgli una sorta di emancipazione sociale, questo è l’obiettivo che cerco di prefissargli. Deve investire su se stesso, sulla sua conoscenza, deve saper stare al mondo. Ad oggi è facile dire “non ho i mezzi”, bisogna trovarli, rimboccarsi le maniche e crescere. Se avessi studiato di più, ad esempio le lingue, magari sarei stato più avvantaggiato, invece ho dovuto imparare prima l’italiano poi tutte le altre lingue da autodidatta».

«Fiocco azzurro», da padre a figlio

«Ho scritto questo brano di getto, ci sono parole sentite, sincere. La classica canzone che si dedica a proprio figlio solitamente è pop, molto commerciale, scritta per le radio. Io ho deciso di dedicargli una canzone hip hop a tutti gli effetti perché vengo da questo mondo, dal rap. Il mio sogno è crescere mio figlio, portarlo dal mio stesso barbiere, vestirlo con le mie stesse scarpe. Ma non solo crescerlo, ma crescere insieme a lui, non solo come padre, ma anche come fratello. Vorrei poter diventare un suo mito. Ci tenevo a descrivere questi primi momenti vissuti con lui così che quando sarà grande possa comprendere il brano e capire cos’ho provato. Per il lavoro che faccio sono un padre atipico, ma nonostante tutto non ci sono grandissime assenze, vivo quotidianamente mio figlio. Non sarò un padre come gli altri, ma spero che lui possa vedere tutto questo non come un difetto, ma come un pregio».

«Rivoluzione», una cruda confessione

«Il singolo è tra una confessione e un’impersonificazione di persone a me molto vicine. Lo sfondo principale della canzone è la fede, parlo di Dio, della sua esistenza, dei dubbi e dell’esigenza, di ogni uomo, di credere in qualcosa. Nello sconforto le persone abbracciano la croce così in questo brano ho cercato di cogliere questo momento molto intimo: mi inginocchio davanti a Dio, lo invoco e, quindi, confermo il mio credo. Ma, dall’altra parte, mi domando perché esistano tante ingiustificate sofferenze come quella di mia madre per aver vissuto la sua infanzia in orfanotrofio, per esempio, o come quella di un ragazzo ucciso ingiustamente in una sparatoria. Metto a nudo le mie debolezze, mostro tanti interrogativi».

La fede, una costante presente con un forte spaccato

«Non sono praticante, ma ho ricevuto un’educazione cattolica e sono felice di offrire lo stesso a mio figlio. Per me la religione è educazione, tutto ciò con cui sono cresciuto è qualcosa che ritrovo nella vita di ogni giorno. Ma sono un credente con forti dubbi. Non credo in tutto ciò che è collegato alla Chiesa, per me Dio e la Chiesa non vanno di pari passo. C’è uno spaccato incomprensibile: la Chiesa porta in giro la parola di Dio addobbata da cupole d’oro (e non solo) e, intanto, molte persone soffrono la fame. Dio il pane lo moltiplicava, non lo teneva per sé».

La perdita di un amico

«Durante il lockdown abbiamo perso molte persone, tutti in generale. È stato un periodo che mi ha ispirato tanto. Ho amici che non ci sono più da anni, ma il loro ricordo resta vivo in me. In Te penso ancora racconto questo sentimento perché nessuno si dimentica delle persone care. Questa è la canzone a cui tengo di più di tutto l’intero album: ci sono frasi importanti che rivolgo a un mio amico, è una storia in cui tutti possono rispecchiarsi. Molte frasi che canto mi emozionano molto: “Una stella non muore, se la fai vivere nel tuo cuore può vivere per sempre”».