Quello di Tedua è un viaggio. Il suo, dall’Inferno al Paradiso, da Cogoleto al tetto del mondo, primo artista italiano headliner dei prossimi i Days il 29 giugno, all'Ippodromo Snai di Milano, con Il Paradiso – Atto finale. E un viaggio anche dei suoi fan, un popolo di ragazzi che vivono guidati dalle sue poesie a colpi di rap. Una scaletta fittissima, due ore abbondanti di concerto, per ripercorrere le origini, dalla trilogia di Orange County, passando per Mowgli fino a La Divina Commedia. Abbiamo sentito l’Inferno e il Purgatorio, aspettiamo Il Paradiso: «La deluxe esce prima di giugno. Conto a gennaio. Se no sarà comunque entro il 21 febbraio, il giorno in cui faccio trent’anni. Voglio poter dire che ho compiuto tutto questo prima di allora».

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Visual futuristici di Marco Giacobbe e Davide Spazzadeschi e scenografie mastodontiche, come quadri pittorici che si ispirano allo stile di Alberto Burri, passano dall’ispirazione dantesca a Esher, tra luce e buio, fuochi e illuminazione che rimanda al teatro, protagonista in scena anche grazie ai monologhi dell’attore che Tedua ha conosciuto sul set del suo primo film L'ombra di Caravaggio con Michele Placido. C’è la reintrepretazione della grande porta dell’Inferno di Rodin, trasformata nella sua che si apre solo a show iniziato e da cui esce tutto, il fuoco, la lava, il cielo, la roccia: «Per varcare le soglie dei nostri limiti», ci dice poco prima di salire sul palco, quando lo incontriamo in camerino, impegnato a riscaldarsi.

Si appoggia un asciugamano in testa e sorride, pieno di adrenalina: «Sono come un pugile prima di un incontro». Non vede l’ora di presentarsi di fronte a Milano, l’altra sua città: «Ho fatto qui la materna, le elementari e le medie. Poi ci sono tornato a vent’anni. Questa è anche la mia città. E qui al Forum ho visto Marra, ho visto Gué, ho visto anche gli 883. Ma questo è il mio primo», dice ai suoi fan. E aggiunge: «Ho troppa adrenalina, voglio prendermi una grande rivalsa. Oggi festeggio sette anni di percorso lavorativo, magari sbaglierò, farò errori. Ma sarà una figata. Uno show così non lo avete mai visto».


E non sbaglia, una dietro l’altra canta le sue canzoni, da "Intro La Divina Commedia", a "Athena Beat", da "Diluvio a Luglio" a "Red Light", "Scala di Milano", "Sangue Misto", "Lingerie", "Hoe" fino al gran finale di "Bagagli", "Wasabi 2.0" e "Vertigini", accompagnato dalla band composta dagli amici di sempre, la sua gente, Dibla, Shune, Vaz: «Senza di loro non ci sarebbero i miei dischi», dice.

È consapevole della sua forza, del suo essere seguito da così tanti fan che ripetono ogni sua singola parola e quando gli si chiede che cos’ha in più degli altri riprende le parole della sua coach vocale Danila Satragno, la stessa di De André: «Io sono nato per dare, mio malgrado».

È la voce di una generazione che ha voglia di raccontarsi e viversi attraverso le sue frasi, è il portavoce del nuovo cantautorato genovese che si prende la scena.
È il simbolo di chi vuole arrivare, consapevole del suo non essere speciale, ma certo da sempre di poterlo diventare: «Quando ho scelto "La Divina Commedia" non ho pensato di fare il passo più lungo della gamba, lo hanno pensato gli haters, ma ho tre dischi di platino e un tour sold out come risposta. Io sono un pressapochista, uno che ha fatto l’alberghiero, cresciuto con un fratello classicista che faceva le versioni. Qui non si tratta di fare una tesina scolastica ma di metterci la mia visione. E forse ora chi a scuola si troverà a studiare la vera Divina Commedia lo farà meglio».

Gli piace lanciare messaggi, smuovere coscienze. E solo così potrebbe andare a Sanremo «Ma non ci vado. Se andassi lo farei contro l’ipocrisia della politica estera. Sarebbe un perfetto esploit di marketing, ma non è l’artista a decide di andarci, è la canzone, serve la canzone giusta. Ci andrei suonando il pianoforte, ma sono altre le mie priorità. Là vengono messe in gara le emozioni, in un contesto televisivo. Io invece mi scateno con i sold out». La sua espressione artistica per ora è solo qui, nel suo live che prosegue fino al 13 dicembre, con chiusura di nuovo a Milano, tra santi e diavoli e le immagini che scorrono sullo schermo dove Mario Molinari torna ragazzino, bambino: c’è la sua mamma, c’è il calcetto, la strada, l’inizio del sogno.

Tanti gli ospiti sul palco: Federica abbate, Kid Yugi, Bnkr44, Bresh, Capo Plaza, Vazte e Disme e Paky. Con quest'ultimo dedica un pensiero a Shiva, arrestato per tentato omicidio: «So che divide la piazza, ma non siamo qui a fare i giudici, voglio solo il calore per un ragazzo che sta passando un brutto momento perché noi veniamo tutti dalla strada e non giudichiamo».
Tanti i suoi momenti preferiti, dal tributo a Witney Houston al ritornello di "Malamente", o "Buste della Spesa". Eppure se lo chiedessimo ai fan, se lo chiedeste a noi, sarebbero molti di più.

La scaletta del concerto:

"Intro LDC"
"Angelo All'Inferno" feat Federica Abbate
"Lo sai"
"Athena Beat"
"Inferno" + "Lo-Fi Drill"
"Volgare"
"Mancanze affettive"
"Diluvio a Luglio"
Mash up
"Red Light"
"Soffierà"
"OC California" - acoustic
"3 chances"
"Chiavi"
"Intro OC"
Houston Cover
"Scala di Milano"
"Sangue Misto"
"La legge del più forte"
"Buste della spesa"
"Rari" feat Paky
"Blue Face" feat Vazte & Disme
Mash up 2
"Purple"
"Acqua (Malpensandoti)"
"Step by Step" feat Bresh
"Anime libere" feat Bresh
"Dimmi che c'è"
"La verità" feat Bnkr44
"Polvere" feat Capo Plaza
"Lingerie"
"Hoe"
"Malamente"
"Bagagli"
"Wasabi 2.0"
"Vertigini"
"Outro LDC"