Di origine contadina e rurale, la tipica cucina romana è frutto di una tradizione preziosa, costituita da ricette tramandate di generazione in generazione, che segue il principio fondamentale dell’esplosione dei sapori. I menù dei ristoranti che popolano luoghi splendidi come Trastevere, Prati e Rione Monti sono costellati da ottime proposte che spaziano dai fritti misti come antipasto ai saltimbocca come secondo. Rivisitare la ricetta inserendo un tocco innovativo è ormai all’ordine del giorno ma ciò che lega tutte le portate romane sono la storia, gli ingredienti genuini e l’accostamento di sapori decisi.

Un classico intramontabile: la pasta alla carbonara

Non c’è bisogno di alcuna presentazione, la carbonara la conoscono tutti. Il popolo romano è molto orgoglioso di questo primo piatto che lotta infinite battaglie per il gradino più alto del podio culinario insieme ad altri primi piatti tipici romani come cacio e pepe, amatriciana e gricia.

Per realizzare una buona carbonara bastano tre semplici ingredienti ma non bisogna prendere sottogamba il procedimento necessario per creare l’equilibrio gastronomico perfetto: gli ingredienti devono essere ben legati tra loro (senza creare il temuto “effetto frittata”) così da ottenere un’omogenea crema di tuorli, formaggio e acqua di cottura della pasta.

Come in ogni ricetta, esistono diverse versioni della carbonara ma ci teniamo a sottolineare che quella vera e autentica richiede il guanciale (e non la pancetta come erroneamente molti credono), uova, pecorino romano. Per un risultato a regola d’arte bisogna seguire scrupolosamente i pochi passaggi chiave mentre sul formato di pasta non ci sono regole, solo scuole di pensiero.
Se siete curiosi di conoscere le sue origini sappiate che la nascita della carbonara risale al 1944 quando gli americani, arrivati in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, per prepararsi da mangiare, reperirono gli ingredienti a loro più familiari quali guanciale (che rievoca il bacon), uova e formaggio e si rivolsero all’estro di un cuoco romano che creò il primo piatto di spaghetti alla carbonara. Sembra dunque che siano stati gli americani a dare l’idea agli esperti italiani che perfezioneranno la ricetta originale solo più tardi.

Saltimbocca alla romana, il secondo dalle origini bresciane

Tra le innumerevoli proposte tipiche locali non possiamo che nominare i saltimbocca. Le ricette dei secondi piatti romani sono spesso a base di carne di manzo o maiale, ma anche di selvaggina e cacciagione, anche se non mancano pietanze a base di pesce come il baccalà fritto. I saltimbocca sono fette di carne di vitello giovane stese, condite con farina, prosciutto crudo e salvia ottime se accompagnate da un contorno di carciofi oppure cicoria ripassata.

Questo piatto popolare che continua a conquistare i palati degli italiani nasconde un segreto ai più: la paternità non è di facile attribuzione. Molti scrittori e cultori della materia riconoscono la provenienza bresciana e la conseguente adozione romana. Se è dunque vero che le origini del piatto risalgono alla città di Brescia, è altrettanto vero che nei secoli scorsi la bontà si diffuse in altri territori italiani raggiungendo anche Roma, la città che in assoluto fece suoi i saltimbocca, tanto che ancora oggi viene attribuito al piatto il nome di saltimbocca alla romana.

Assaggiare la tradizione con i carciofi alla giudìa

Quando si parla di tipicità, loro non li possiamo dimenticare. Una delle prelibatezze più famose della gastronomia laziale sono i carciofi alla giudia ossia un piatto tipico della tradizione giudaico-romanesca. Si tratta di una frittura di carciofi la cui preparazione sembra estremamente semplice ma è bene tenere a mente diverse accortezze per ottenere un risultato ottimale.

Il primo passo consiste nel procurarsi i carciofi giusti chiamati “mammole” ossia grandi, tondi e senza spine, tipici del Lazio. La frittura è duplice e il tegame da utilizzare dev’essere di terraglia, un tipo di ceramica che impedisce al carciofo di annerirsi in fase di cottura. Per una croccantezza perfetta il tocco da maestro è dato da una spruzzata finale di acqua fredda sui carciofi dopo la cottura, quando sono ancora immersi in olio bollente.
La storia dei carciofi alla giudia è molto interessante. Si racconta infatti che Papa Paolo IV nel 1555 impose limitazioni e obblighi di diverso tipo a tutti gli ebrei tra cui quello di vivere in luoghi separati da chi professava la religione cattolica. Nacque così il ghetto di Roma, uno dei quartieri più affascinanti della capitale, dove le massaie ebree diedero origine a questa specialità apprezzata anche dai romani che si recavano nel ghetto appositamente per mangiarla. Furono proprio i romani ad attribuire il nome “alla giudia” e cioè “alla giudea” e a diffondere la voce su questa bontà per le vie capitoline.