Camminare nell'universo di Sofia Coppola è un bel viaggio, anche se non tutti potrebbero gradire. Tra lunghe distese di asfalto in mezzo alle praterie della provincia americana, vecchie macchine con sporchi tubi di scappamento, boschi fitti, adolescenti annoiate con i capelli legati con del nastro rosa, turbe giovanili che definirle così non rende minimamente l'idea, il mondo della regista de Il giardino delle vergini suicide potrebbe tentare, se non poi spaventarci poco dopo.

Artefice di un'estetica estremamente riconoscibile, Sofia Coppola oggi la ricordiamo per ogni singolo dettaglio che rende ogni suo progetto un film in concorso, ma c'è dell'altro. Uno degli elementi cardine della sua forma registica è sempre stato rappresentato dalla funzione quasi scientifica che la musica svolge nel raccontare il percorso di crescita delle sue protagoniste.

Ce lo ricorda anche Priscilla, l'ultimo film della regista americana figlia di Francis Ford Coppola, in Italia al cinema dal 27 marzo. Acclamato dalla critica all'80esima Mostra del Cinema di Venezia, è la storia della giovanissima Priscilla Presley (in origine Wagner Beaulieu, interpretata da Cailee Spaeny) e della storia d'amore, e manipolazione, avuta con il Re del Rock and Roll (interpretato da Jacob Elordi).

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The Apartment, American Zoetrope, Standalone Pictures

Il ruolo della musica nei film di Sofia Coppola

Ogni elemento sonoro che Coppola conferisce alle sue storie amplia letteralmente lo spettro narrativo del film. Basta ricordarsi l’introduzione di Lost in Translation, la cui colonna sonora è diventata nel tempo un vero cult generazionale. Davanti alle luci al neon di Tokyo, la composizione sonora del sound designer premio oscar Richard Beggs definisce l’attimo in cui i due protagonisti, generazionalmente opposti (Scarlett Johansson e Bill Murray), sono persi nella traduzione di ciò che la loro vita gli sta presentando. La nuova comprensione della loro esistenza arriva con "Just Like Honey" dei The Jesus and Mary Chain, a rivelare ciò che l’attore in crisi Bob Harris (Bill Murray) sta esprimendo all’orecchio di Charlotte (Scarlett Johansson) nella possibilità di un nuovo incontro al di fuori di quel mondo estraneo che li ha così uniti.

La colonna sonora già ottempera alla sua funzione esplicativa.

Come analizza Arved Ashby, docente di musica presso la Facoltà di Musicologia dell’Ohio State University e autore del saggio Popular Music and the New Auteur: Visionary Filmmakers after MTV, Sofia Coppola «genera momenti che espongono stati d’animo e temperamenti mutevoli in cui la musica popolare viene mobilitata come elemento essenziale per illustrare questi momenti di rituale, transizione e divenire. Ciò è particolarmente vero per quei momenti di esperienza cruciali per lo sviluppo dell'adolescenza femminile».

Il giardino delle vergini suicide e la musica del sogno

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Paramount

Sin dal suo primo lungometraggio Il giardino delle vergini suicide, Coppola sfrutta l’elemento musicale, in questo caso anche grazie alla bellissima musica originale composta degli Air con cui collaborerà anche in Lost in Translation, come funzione esplicativa del turbinio adolescenziale, del processo di crescita che avviene all’interno delle sue protagoniste, degli amori non corrisposti e della libertà emotiva che si cerca in quel dato periodo evolutivo. Le sorelle Lisbon sognano recluse nelle proprie stanze alla ricerca di una propria identità che solo attraverso la musica: le canzoni sono l'unico modo con cui le giovani provano a scoprire se stesse, nella villetta bifamiliare da cui i ragazzi della zona le osservano come figure eteree, quasi celestiali. Non casualmente la regista affida la voce narrante ad uno dei ragazzi del quartiere che cercò di avvicinarsi e salvare le cinque sorelle dalla reclusione perpetrata dalla madre e che ancora dopo tanti anni da quel periodo sognante chiamato adolescenza, ne ricorda l’emozione di poterci conversare solo attraverso alcune canzoni come "Hello it’s Me" di Todd Rundgren, "Alone Again (Naturally)" di Gilbert O’Sullivan e "So Far Away" di Carole King.

Marie Antoinette, la prigione dorata

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Sony Pictures

I suoi personaggi sembrano perennemente reclusi e ingabbiati in uno stato che non li rappresenta e come analizza la giornalista del New Yorker, Rachel Syme, godono di enormi privilegi ma pochissima autonomia di scelta. La stessa Maria Antonietta, regina di Francia a soli 14 anni, si ritrova rinchiusa nella prigione dorata di Versailles dove secondo la visione di Sofia Coppola assume i panni di una giovane punk rocker che si fa sposare sotto le note di "Plainsong" dei Cure e mostra la sua rivoluzione nobiliare non curandosi di ciò che sono i dogmi a cui dovrebbe attenersi un regnante.

Come racconta il giornalista Nick Dawson, Coppola era un'adolescente quando il post-punk e la New Wave le diedero un primo assaggio del mondo di Maria Antonietta. Da lì decise che la musica di quell'epoca sarebbe stata il punto di partenza ideale per la colonna sonora del film, facendosi ispirare dalla conformazione estetica e musicale delle Bow Wow Wow, una band fondata dall'impresario dei Sex Pistols Malcolm McLaren per promuovere gli abiti New Romantic di Vivienne Westwood.

«Oltre alle tre canzoni dei Bow Wow Wow usate nel film, Coppola trovò un fondamentale elemento di connessione con Maria Antonietta nella cantante della band Annabella Lwin, scelta da McLaren quando aveva solo 14 anni, fornendo un perfetto parallelo punk con la stessa Regina di Francia che aveva la sua stessa età quando venne incoronata».

Le eroine adolescenti di Sofia Coppola

Dal torpore delle sorelle Lisbon, vergini suicide, sino a Priscilla Presley, ogni sua eroina ha nascosto dentro di sé una linea musicale tale da spiegarne l’evoluzione e la crescita, definendo un genere che ancora oggi risulta difficile da eguagliare. I suoi film colgono le particolarità dell'essere un adolescente: frustrato e in attesa che la vita finalmente inizi, spaventato da ciò che potrebbe riservare il domani, pieno di struggimento non corrisposto e di romanticismo confuso, spesso privo di vera intimità, ma ben consapevole che questi anni nodosi sono un'esperienza condivisa da tutti. La stessa Coppola ha osservato: «Hai presente quando entri in una canzone e la ascolti ancora e ancora? Quando scrivo, mi sento in un certo stato d'animo e le canzoni che ascolto di solito si riferiscono alla storia o finiscono per essere direttamente parte integrante nel film».

I suoi film colgono le particolarità dell'essere un adolescente: frustrato e in attesa che la vita finalmente inizi, spaventato da ciò che potrebbe riservare il domani, pieno di struggimento non corrisposto e di romanticismo confuso, spesso privo di vera intimità, ma ben consapevole che questi anni nodosi sono un'esperienza condivisa da tutti.

La struttura musicale e sonora della sua cifra registica è stata accompagnata fin dal 1990 dal fido music supervisor Brian Reitzell che nel tempo le ha lasciato sempre più spazio. Ecco che Coppola ha deciso di coinvolgere nel tempo moltissimi artisti come gli Air e i Phoenix, a partire da Somewhere. E sono proprio loro gli artisti presenti (sotto mentite spoglie) anche ne Il giardino delle vergini suicide in cui Thomas Mars aveva prestato la propria voce, sotto lo pseudonimo di Gordon Tracks, per il singolo "Playground Love".

Priscilla, Elvis, e la musica della manipolazione

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Ken Woroner

Nonostante, come visto, nel tempo si sia costruita un’autentica immagine di master of sound proprio perPriscilla ha dovuto superare una delle prove sicuramente più complicate della sua carriera. Tratto dal romanzo autobiografico Elvis and Me di Priscilla Presley, il film non ha mai ricevuto l’autorizzazione da parte della Elvis Presley Enterprises ad utilizzare brani composti da Elvis perché secondo la loro analisi la narrazione metterebbe in discussione la figura dello stesso Re del Rock, denigrandolo da un punto di vista sia umano che sociale.

Se non altro questa scialba polemica è diventata per la Coppola il modo per mettere realmente in risalto il processo di crescita di Priscilla Presley a partire dalla desolata caserma della Germania Ovest, dove il padre e lo stesso Elvis prestavano servizio e la radio del finto diner passavano Venus di Franky Avalon, sino alla prigione dorata, anche in questo caso, di Graceland come unica protagonista del “sogno” adolescenziale per antonomasia nell’America degli Anni '60.

La musica in Priscilla definisce il tempo e lo spazio in cui si caratterizza dapprima la sua innocenza adolescenziale persa nelle attenzioni apparenti di Elvis, la cui prostrazione viene evidenziata dalla cover dei Ramones, "Baby, I Love You" delle Ronettes, nella routine di bellezza che Priscilla ottempera ai gusti del suo amato, fino all’affermazione della sua identità come donna indipendente che lasciando il cancello opprimente di Graceland non ha più voglia legarsi al suo passato e si lascia accompagnare unicamente da "I Will Always Love You" di Dolly Parton.

Come spiega Mars, in questo caso anche nelle vesti di music supervisor insieme a Randall Poster, il resto delle armonie del film sono ugualmente debitrici al gusto di Elvis. «Osservando l'elenco della collezione di dischi che Elvis aveva a Graceland, sapevamo che gli piacevano il gospel, la musica hawaiana e i canti natalizi. Così abbiamo fuso quei generi con il motivo ricorrente di "Venus" di Frankie Avalon, la canzone che il ristorante della base della Marina stava trasmettendo quando uno degli amici di Elvis invitò Priscilla ad incontrarlo nella sua dimora tedesca dove intratteneva i suoi compagni di reggimento con alcuni concerti privati. Alcune canzoni sono così. Hanno il potere di catturare un momento della storia così da mantenerlo per sempre intatto e inamovibile nel proprio vissuto personale».

Il modo in cui Sofia Coppola definisce così dettagliatamente ogni elemento artistico e visivo della sua narrazione personale, fa sì che la musica si dimostri nel tempo il fondamentale valore aggiunto alla conformazione evolutiva delle sue protagoniste. I silenzi, l’isolamento, non sono altro che attimi emotivi per lasciare effettivo spazio alla composizione sonora in cui la forma canzone non solo mostra ciò che i personaggi avrebbero potuto effettivamente ascoltare, come nei casi di Somewhere o Bling Ring, ma porta effettivamente alla creazione di nuove atmosfere e dialoghi che definiscono i suoi film più delle storie stesse.

Infatti, per Coppola, la musica viene prima di tutto.