Che poi il futuro non serve a niente. Che ce ne facciamo, del futuro? Lo possiamo forse toccare, prevedere, tenere? Nulla di tutto questo. Lo possiamo decidere, dirigere, virare? Forse, salvo imprevisti, ma succede quando abbiamo già iniziato la manovra, scegliendo, a seconda dei favori del vento, su quale bolina o lasco metterci per solo immaginare di poter raggiungere quella che presumiamo essere la nostra Itaca. Ma quando approderemo, lì non ci sarà già più il futuro, saremo nel nostro presente nuovo che tanto sarà autentico quanto più somiglierà al sogno che avevamo di noi. Così, ha senso fare di queste pagine il luogo in cui - sapendo che solo il presente conta - impariamo a starci dentro, e ci fermiamo a deciderci, per quanto nelle nostre facoltà, sul dove vogliamo andare. Nel lavoro, a cui, dopo averlo fatto con le relazioni, dedichiamo la nostra grande inchiesta di questo numero. Il lavoro che non abbiamo, quello che vorremmo. Il lavoro quando ci esalta, quando ci consuma. Il lavoro che è desiderio, che è tossico, che è identità, frustrazione, scalata, e stare scomodi, e cosa ci aspettiamo, e poi la società, e adesso basta davvero, e ancora tentativi.

Trovare la propria voce incisiva e decisa quando ne abbiamo un filo appena: quello è importante. Avere la pazienza di ascoltarsi e lasciarsi baciare dalla fortuna quando passa, non aspettarsi tutto subito, essere coraggiosi, amare il viaggio, che la vita è prima di ogni altra cosa dove vuoi portarti e con te portala, a partire da un sogno. E i sogni nascono anche dalla noia, dice Angelina Mango a Sara Verde nell’incontro di copertina, e credo abbia ragione lei.

Nel mezzo c’è sempre la musica (anche dal Festival di Sanremo, dove Cosmopolitan si è trasferito istituendo il suo The Place), e onoriamo l’arte (alla mostra #CosmoIAm, dove alla Casa degli Artisti di Milano dal 15 al 17 marzo esponiamo le opere visive, scritte, materiche di 250 allievi di oltre 15 università e accademie a tema proprio futuro, nel presente). Se sfogliate, trovate poi uno sguardo stupendo, femminile e caldo, delle scrittrici e fotografe più sensibili di questo tratto, un portfolio sulle nostre Intimità Provvisorie: proprio quella piega della pelle, al mattino; la luce che entra nella stanza con una riga sottile che poi scompare, è continuato il suo giro nel tempo. È il suo invito gentile a coglierlo. Ed è solo umana, e non artificiale, l’intelligenza che può vederlo.