A vent’anni si è pieni di sogni, aspettative, progetti. È quel periodo della vita in cui ci si sente padroni di un’enorme responsabilità: quella di cercare e scovare il proprio domani. Un giorno si termina il liceo, il giorno dopo si è già tra i banchi di un’immensa aula universitaria che provoca un po’ di timore. Il percorso universitario scandito tra lezioni, consegne, date di scadenza, deve essere anche quel periodo della vita in cui l’ansia e lo stress da esame deve essere intervallato da giornate dove poter vivere la vera libertà. Perché è questo ciò di cui a vent’anni si ha bisogno.

Vivere a contatto con centinaia di coetanei e confrontarsi ogni giorno sul percorso universitario altrui può essere nocivo; talvolta sembra si debba sopravvivere in un mare pieno di enfant prodige che nuotano sempre meglio e più velocemente di te. Non soccombere può essere tremendamente difficile, ma non per questo bisogna farsi sottomettere da una retorica del merito e dal criterio del merito per vivere con ansia e frustrazione una carriera universitaria che, a nostro avviso, può sembrare meno brillante di quella del nostro compagno di corso (arrivato a fine del primo anno con tutti gli esami eccellentemente superati).

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La società impone degli ideali tossici, letali: come quello di dover assolutamente terminare gli studi in tempo. Non è così. L’università è un percorso individuale che ognuno deve cogliere come la migliore possibilità concessa per trovare e scoprire se stess*. Ognuno ha una storia diversa, e nessuna è "più giusta di un'altra". E a proposito di questo, la storia di Antonio, ci ha fatto molto riflettere.

Antonio aveva 25 anni e qualche giorno fa ha deciso di togliersi la vita lanciandosi dalle scale dell’Università di Napoli cui era iscritto. Il motivo di questo gesto così drastico e triste sembrerebbe essere il seguente: iscritto alla triennale di Lettere, aveva iniziato a mentire ai famigliari riguardo agli esami sostenuti. Se, da una parte, i genitori pensavano che Antonio fosse vicino alla laurea, dall’altra, nella vita reale, gli esami sostenuti erano circa una decina.

La retorica tossica del merito mette in ginocchio chi ha bisogno di più tempo

Per timore di un giudizio, per paura di dare una delusione alla propria famiglia, Antonio ha deciso di mentire. Un peso diventato letale. La retorica tossica del merito può mettere in ginocchio chi ha bisogno di più tempo (per qualsivoglia motivo: un cambio di facoltà, necessità di lavorare part time, problemi personali, per esempio) distoglie l’attenzione sulla qualità di un proprio personale percorso, puntando sull’attenzione della quantità degli altri. È dannoso, nocivo, letale. Tutto questo non solo è determinato da idee sviluppate dalla nostra società, ma anche dalle stesse politiche universitarie che puntano a punire gli studenti fuori corso perdendo, ad esempio, il diritto di pagare le tasse secondo il reddito del proprio nucleo famigliare. Parliamo di continue pressioni psicologiche che si trovano in numerosi contesti, talvolta anche tra le mura di casa propria. Ricordiamoci che iscriversi all’università non equivale all'inizio di una staffetta, ma a un percorso fondamentale per la propria carriera il cui focus principale deve essere trovarsi e non perdersi. Per favore siate gentili con voi stessi e ricordatevi che il vostro percorso universitario è sempre valido, non perché perfetto, ma perché vostro.