Hai mai pensato di correre in montagna? Giulia Saggin, 25 anni di Varese, veterinaria, ha iniziato da qualche corsetta campestre e nel tempo si è appassionata a questa disciplina al punto di vincere la Bettelmatt Ultra Trail, un'ultramarathon che si tiene ogni anno sulle Alpi Lepontine in Piemonte e prende il nome dal formaggio che si produce negli alpeggi lungo il percorso. Per affrontarla serve un minimo di preparazione fisica, ma se ami la montagna puoi sperimentare la sua versione light (si fa per dire), la Bettelmatt Mini Trail La Stampa da 8 km, che ci assicurano sia adatta davvero a tutti. Quest'anno si disputa sabato 14 luglio e in questi giorni sono aperte le iscrizioni.

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Sei tentata? Lanciati! Anche Giulia ha iniziato con la versione corta, per poi piazzarsi terza tra le donne qualche anno dopo, su quella più lunga: 52 km che arrivano a quota 3000 metri di altezza.

La sua passione è travolgente, per questo le abbiamo chiesto di raccontarci le emozioni incredibili della corsa in montagna, non solo dal punto di vista atletico, ma anche rispetto ai valori che ti trasmette, all’empowerment e alla crescita personale.

Come una seduta di lifecoach, con la differenza che seduta non ci stai mai, anzi devi sgambettare di buona lena tra simpatici scoiattoli, laghetti, salite impervie con cui sfidare te stessa.

Come hai iniziato a correre?

"Ho iniziato ai tempi delle medie: un mio professore mi consigliò una squadra di atletica nelle vicinanze. A quei tempi già mi piaceva la corsa campestre, ma non conoscevo l'esistenza degli altri mille tipo di corsa che ho scoperto pian piano grazie al Friesian Team, la mia attuale squadra. Avevo già iniziato a partecipare a piccole gare su strada e fuori strada per conto mio, quando gli allenamenti di atletica non mi bastavano più, e intanto conobbi il fondatore della squadra per caso: durante le superiori feci uno stage indirizzato alla preparazione dei bovini da latte per le sfilate zootecniche, cosa che poi non ho più smesso di fare e conobbi questo strano tosatore che praticava Triathlon, in apparenza burbero, ma che si fa voler bene facilmente. Qualche anno dopo organizzò un'ultramarathon di 150 km a Capo Verde: partecipai come volontaria, tifando di cuore chiunque fosse stato così folle da iscriversi. L'esperienza fu talmente emozionante che volli iniziare a provarci anche io. Pian piano iniziai ad allenarmi nei boschi vicino a casa mia, allungando gradualmente le distanze, poi aggiungendo le salite e infine cercando dei luoghi di montagna adatti a correre. In quel periodo iniziai l'università e gli orari non mi permisero più di seguire gli allenamenti con la squadra, e dovetti lasciarla. "

Come hai fatto a continuare ad allenarti mentre studiavi?

"Iniziai a improvvisare percorsi nei boschi e a fare esercizi che in realtà avevano solo il fine di sciogliere la mente dalla tensione degli studi e dalle mie preoccupazioni. Mi accorsi subito che correndo riuscivo a reagire più lucidamente nelle condizioni di disagio e probabilmente devo ringraziare questo sport per essere arrivata mentalmente sana (per quanto possibile!) alla laurea."

Raccontaci la tua prima Bettelmatt Trail!

"Ho disputato la Bettelmatt Trail due volte: la prima volta fu anche la mia prima gara in montagna, in assoluto. Ai tempi ero una siepista dell'atletica leggera, ma la pista rossa, che mi ha sempre regalato tante emozione, inziava a farmi sentire una via di mezzo tra un cavallo da corsa e un criceto che gira nella sua ruotina. Per il mio diciannovesimo compleanno, che cade intorno a metà luglio proprio come la Bettelmatt Trail, decisi di regalarmi quella corsa e devo dire che ne rimasi davvero stupita: per la prima volta ho visto le montagne come un'avventura, un modo di mettermi alla prova."

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Cosa ti ha colpito di più di quel primo impatto con la corsa in montagna?

"Sono rimasta molto meravigliata da come, nel mezzo di questi grandi spazi, in solitudine con queste condizioni variabili, instabili, mi sentissi a casa.
Mi iscrissi alla gara da 21 Km: partimmo dalla valle con circa 20-25 gradi e arrivammo in cima dove ci aspettava la neve, alta una quindicina di centimetri, e una bella nevicata mista a pioggia, da affrontare in maglietta e pantaloncini. Passato un brutto quarto d'ora a cercare di non scivolare sul nevaio in pendenza e cercando di mettere a fuoco i miei piedi, d’improvviso sono riuscita a passare il peggio e ho scollinato, dove si apre un enorme lago davanti agli occhi."

Che sensazioni hai provato dopo aver superato una prova così difficile?

"Ho sentito di avercela fatta con le mie forze e di essermi guadagnata quel magico momento di libertà. Lì ho capito che quella sensazione indescrivibile mi avrebbe presto dato dipendenza!"

Infatti hai continuato, allungando sempre di più il percorso...

Esatto! Lo scorso anno ho gareggiato di nuovo, questa volta sul percorso da 50 km. Anche le gare a cui mi sono iscritta negli ultimi anni sono state via via più lunghe: dopo aver provato la prima ultratrail, non sono più riuscita a smettere. Si tratta di intraprendere un viaggio, un'avventura, un'esperienza per la quale vale la pena allenarsi un anno intero.

Come si svolge, nella pratica, la Bettelmatt? Raccontaci come l'hai vissuta tu!

La sera prima avevo staccato dal lavoro verso mezzanotte: mi sono svegliata alle 4 di mattina e sono partita! Ricordo che quella mattina un cervo, era una femmina, mi attraversò la strada mentre cercavo di arrivare a Riale: ricordo di essermi presentata al countdown trafelata, con il pettorale ancora in mano e le spille da balia in bocca cercando di fissarlo. Speravo che sorgesse presto il sole, avevo la pelle d'oca per il freddo e per la visione di quelle valli, che si mostrano al meglio con la luce dell'alba. L'odore del vento quella mattina, o il colore celeste-verde del lago visto dalla cima, le genziane lungo il percorso o la marmotta che lanciava il suo fischio d'allarme mentre passavo… Tutte queste cose sono scolpite nella mia mente! Quell'anno conobbi per la prima volta una top runner, che fino a quel momento avevo solo sentito nominare per i suoi risultati. La immaginavo serissima e super concentrata sui suoi obbiettivi, invece mi colpì il suo sorriso, che ritrovai poi in tante persone che corrono in montagna, e non solo. È il sorriso che accomuna chi sta facendo ciò che ama.

Nella corsa in montagna c'è molta competizione?

Dipende, ci sono persone che gareggiano per un podio, per una squadra, per uno sponsor, allora in quel caso devono cercare di fare buoni risultati, quindi credo abbiano anche tattiche di gara.

Qual è il rapporto con gli altri gareggianti, c'è solidarietà dovuta a questa passione comune o ognuno va per conto suo?

"Credo che la maggior parte delle persone che corrono in montagna sfidi prima di tutto se stessa e i propri limiti, quindi la classifica passa un po' in secondo piano. Oppure ci si gioca la posizione, specialmente noi donne che in questa disciplina siamo poche, ma passato il traguardo ci stringiamo la mano, ci abbracciamo e andiamo a mangiare assieme. Credo che la vera competizione stia nel dare il proprio meglio e sperare che l'avversario sia in forma e faccia lo stesso: se quest'ultimo è in difficoltà o svantaggiato, non ci si merita appieno la vittoria e si sminuisce la soddisfazione della vittoria. La montagna mette in difficoltà tutti prima o poi, e tira fuori la semplice umanità. Spesso se gli altri corridori ti vedono in affanno ti affiancano con un “Tutto ok? Hai bisogno di qualcosa?" , se ci si trova in difficoltà ci si ferma a darsi una mano, ci si aiuta a rialzarsi o ci si incita a vicenda a non mollare. Parlo di chi ti si affianca camminando su una salita durissima, che magari non ti ha mai visto prima e ti offre un orsetto gommoso dalla sua scorta. O due corridori che si accorgono che non hai più acqua, che sei a terra, che svuotano un quarto della loro borraccia per riempirne metà della tua… Per me sono gesti che non hanno prezzo. A volte, mentre si sale, si finisce per raccontarsi storie personali e a condividere qualcosa che crea un legame forte come una fratellanza."

Qual è la motivazione più forte che ti spinge a correre?

"La mia è sempre stata quella di sfidarmi e meritarmi di poter gironzolare per giorni tra i monti, in mezzo al nulla. Sento che mi fa proprio bene! La corsa in montagna necessita, e porta ad avere, una grande resistenza fisica e mentale. Spesso servono momenti di puro autotraining, di autoincoraggiamento per poter passare momenti difficili, dolori o anche solo per convincersi ad uscire ad allenarsi, anche il giorno no o quando le energie sono a zero.Credo sia però importante sottolineare che un empowerment dovrebbe intendersi appunto come "autoincoraggiamento a non arrendersi" e non come "esaltazione“: vedo troppa gente montarsi la testa, quando invece la montagna ha la capacità di mettere ognuno al proprio posto. Con il tempo ho imparato ad avere profondo rispetto per questo habitat, che non fa sconti a nessuno. Ho visto persone rinascere con la corsa, combattere la depressione o anche solo riacquistare la fiducia in se stesse. Anche io ne ho profondamente beneficiato in momenti difficili."

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Incontri ravvicinati interessanti che hai fatto in montagna?

"Con questo sport praticamente ti tuffi dentro alla natura. Se giri da sola, in silenzio e senza quintali di profumo addosso, hai l'opportunità di incontrare molti animali, però per individuarli bisogno avere occhio e orecchio. Nei boschi vicino casa mi capita di incontrare le poiane, rapaci di medie dimensioni che ogni tanto sorprendo sui sentieri e che mi volano davanti per qualche battito d'ali, prima di trovare una via d'uscita tra i rami. Anche aironi, picchi e ghiandaie spesso mi attraversano il sentiero in volo. Quando piove ogni tanto escono le salamandre, le adoro. Un proverbio dice che se escono le salamandre ci sarà pioggia per qualche giorno. Se posso le sposto a lato del sentiero usando delle foglie umide, per non toccarle direttamente: sono lente a reagire ed è facile calpestarle, se non le si vede in tempo. Ho incontrato marmotte, caprioli, una famiglia cinghiali composta dalla mamma con sei piccoli: quel giorno ero sola su un sentiero con poche vie d'uscita, ho avuto davvero paura, ma poi la madre scappò nonostante le distanze ravvicinate e i cuccioli la seguirono a ruota. Forse davvero hanno avuto più paura loro di me, che viceversa! I cervi li si vede o sente abbastanza spesso. Una sera, in un boschetto poco frequentato vicino a casa, ho incontrato due maschi adulti con un notevole palco di corna. Mi fermai, ci guardammo nelle palle degli occhi e loro si allontanarono in tutta calma. Nello stesso punto, qualche giorno dopo incontrai una volpe con due cuccioli: anche in quel caso non fui tanto serena, ma dopo qualche attimo di titubanza, anche mamma volpe e prole si dettero alla fuga come i cinghiali. I maschi di volpe ormai li riconosco anche dal loro inconfondibile odore selvatico. Spesso incontro i simpatici scoiattoli rossi e nelle gare notturne a volte sento i ghiri. Un giorno inciampai letteralmente in un enorme biacco, un serpente lungo un metro e mezzo che spesso viene confuso con le vipere: forse dormicchiava al sole sul sentiero prima che arrivassi: lo vidi all'ultimo e si diede alla fuga senza a riserve, mentre saltellavo in punta di piedi tra le anse create dal suo corpo."

In montagna si può ammirare anche una flora notevole, perfetta per essere Instagrammata…

"Sì, avvistare specie di fiori e piante rare e protette è sempre un'emozione: mi piace fotografarle e pubblicarle sui social, per sensibilizzare sempre più persone su una cosa che sembra ovvia, ma non per tutti lo è: strappare un fiore, distruggere i "funghi matti", incidere le cortecce degli alberi, abbandonare rifiuti sono comportamenti incivili e irrispettosi della natura, e che spero di aiutare ad estinguere. Spero sinceramente che si diffonda un maggior rispetto verso l'ambiente è che si smetta di sentirsene padroni o così tanto estranei. Ne siamo tutti ospiti in fondo."

Quali sono le tue specie preferite e quelle più fotogeniche?

"Amo il rododendro, che fiorisce d’estate. In agosto e settembre sopra gli 800 metri slm si iniziano a trovare i mirtilli. E vogliamo parlare della fragoline di bosco? Dei lamponi? In quota si vedono spesso le genziane, a giugno i crocus invadono le aree a prato con il loro violetto. A marzo-aprile, ormai rari, puoi trovare i bucaneve, i mughetti. Purtroppo non mi è ancora capitato di vedere le stelle alpine, credo abbiano qualcosa di speciale. Il posto in cui mi alleno più spesso si chiama Campo dei Fiori ed è stato dichiarato riserva naturale: durante la bella stagione è una meraviglia."

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Gaia Giordani
WEB EDITOR
Copywriter e blogger della prima ora, divoro serie TV e nel tempo libero sforno muffin al cioccolato. Ho scritto da poco il mio primo romanzo. Cintura nera di karate. Ho un'insana passione per gli squali, una volta ne ho accarezzato uno. 99% digital, 1% human.