Non è facile stabilire quale sia stato il ruolo del corsetto nei confronti del corpo femminile durante il lungo corso della sua storia. Spesso gli è stata attribuita la colpa d’essere una tortura, altre volte il merito di essere un prezioso strumento di bellezza. Quella attorno al corsetto è una controversia che lega a doppio filo moda e sessualità, in un’intricata vicenda che riguarda al contempo l’oppressione e la liberazione delle donne.

E proprio per le sue implicazioni sociopolitiche, e perché nessun altro capo d’abbigliamento riesce con tanto successo nell’impresa di rimodellare un corpo, il corsetto è sempre rimasto al centro dell’attenzione: sotto forma di subcultura, come nel punk poi ripreso da Vivienne Westwood, di studio, come quello della critica di moda Valerie Steele, di collezione, come la fall winter 2016/2017 di Prada, di performance, come il costume di Kim Kardashian sul red carpet del MET Gala nel 2019. Mai come nell’ultimo anno, però, il corsetto vive un vero e proprio Rinascimento: dopo averlo avvistato sulle cover delle più influenti riviste e indosso ai più celebri personaggi, la conferma definitiva è arrivata dall’ultima Haute Couture, con Schiaparelli, Jean Paul Gaultier, Alexis Mabille.

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Dalla sfilata Haute Couture ss22 di Schiaparelli

In parte forse come conseguenza al successo di Bridgerton, e al desiderio di un outfit sexy e strutturato dopo due anni in pigiama, la nuova attitudine del corsetto sorprende: tra modelli che scolpiscono forme mascoline – creazioni del genio di Daniel Roseberry – e altri che non stringono più ma anzi si adattano a ogni fisico, è chiaro che la sua storia non è ancora finita.