Shakespeare e le sue allegorie non smettono di essere attuali, così la storia passata, in cui continuare a ritrovarsi. L’occasione la fornisce The KingIl Re (dal 1° novembre su Netflix), pellicola presentata alla Mostra del Cinema di Venezia 2019, dove torna protagonista il personaggio di Enrico V, il giovane primogenito senza esperienza, lontano dalla corte, che d’un tratto dovette, però, assumere il ruolo di Re d’Inghilterra, sconfiggendo il delfino di Francia. Riflessivo, tattico, eppure combattivo al punto giusto, seppe così iscriversi nell'Olimpo dei grandi.

"The King" Red Carpet - The 76th Venice Film Festivalpinterest
Stephane Cardinale - Corbis//Getty Images

Nella parte, a ricalcare le sue gesta, Timothée Chalamet, vero enfant prodige del cinema mondiale, capace già a 21 anni di ricevere la prima nomination agli Oscar nel 2017 (per Chiamami col tuo nome), ma che da allora non smette di bruciare le tappe, lo vedremo a breve in Un giorno di pioggia firmato da Woody Allen, nel remake di Piccole Donne (uscirà a Natale) e quello di Dune, diretto da Denis Villenueve, previsto nel 2020.

A questo si aggiungono caratteristiche e sensibilità d’altri tempi, mixate ad una maturità e talento, ma il cui cuore, sull'argomento entrambi tacciono, adesso appartiene solamente a Lily-Rose Depp, nel cast pure lei, nei panni di Caterina di Valoir, regina consorte d’Inghilterra.

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Alessandra Benedetti - Corbis//Getty Images

Cosa ti ha spinto ad accettare?

"Amo i grandi progetti, quelli sfidanti, particolare, tuttavia sento di essere ancora nella fase di apprendimento, sto cercando costantemente di trovare la mia versione migliore come attore. Ci sono delle cose che impari, che puoi descrivere, altre succedono inconsapevolmente, da bambino sognavo di arrivare ad una cosa del genere, ci sono riuscito, la considero una bellissima esperienza, soprattutto istruttiva".

Enrico V lottò per un mondo di pace, senza guerra, è un messaggio più che mai attuale, non credi?

"Per questo è importante, abbiamo bisogno di ricercare momenti di tranquillità nella nostra quotidianità. Se da una parte il tema del potere è cruciale, alla fine ciò che emerge è la sua umanità, crede in ideali precisi e cerca la propria identità, molti giovani provano a fare lo stesso".

La tua strada, a differenza di altri, l’hai trovata subito però.

"Inizialmente, lavorando in pellicole indipendenti, nessuno si interessava in maniera significativa a ciò che provavo a fare, poi è arrivata appunto l’occasione di Chiamami col tuo nome, grazie a Luca Guadagnino, un film puro nella sua essenza, e lì l’ho finalmente ottenuta. Non voglio essere cinico, ma è vero il fatto che la notorietà ti permette fare luce, richiamare attenzione su determinate cause che ti stanno a cuore, ed è sorprendente proprio come questo potere sia stato dato alla mia generazione, è la voglia di difendere i nostri principi, portandoli avanti".

Il film tratteggia una figura molto atipica, la sfida stava anche in quello

"L'eroe, qui, non è un gladiatore. In un mondo odierno, purtroppo machista, dove siamo circondati da persone che tirano fuori i muscoli, e la mascolinità è piuttosto tossica, era interessante un ruolo che non fosse la caricatura di un uomo, ma che nello stesso momento potesse mantenere il controllo e diventare d’esempio".

Se parliamo di riferimenti, i tuoi quali sono?

"Heath Ledger. E poi Joaquin Phoenix, non vedo l’ora di vedere il 'suo' Joker, ci siamo incrociati qui, ma purtroppo non mi ha per niente filato (sorride, ndr)".