È iniziata la stagione autunnale di RDS Showcase, il format musicale di RDS 100% Grandi Successi che celebra la musica e i grandi artisti del panorama italiano, quest'anno anche in tv. Marco Mengoni sarà il protagonista del primo concerto, che REAL TIME trasmetterà in prima serata mercoledì 13 dicembre alle 21:20. lI live sarà disponibile anche su RDS Social TV, canale 265.

Insieme a lui Anna Pettinelli, nome di punta dell'emittente, che sul palco intratterrà il pubblico e gli artisti prima e durante il concerto. Cosmopolitan l'ha intervistata per portarvi a pochi passi dagli artisti, negli studi di RDS a Roma, sottopalco. Ecco cosa ci ha raccontato, tra uno show e l'altro, parlando della radio, e della musica, che era e di quella che sarà.

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Come nascono gli RDS Showcase?

«È un format consolidato, un momento davvero speciale per noi e per il nostro pubblico. Siamo abituati a vedere questi cantanti in grandi scenari, come i palazzetti dello sport o addirittura stadi. Qui hanno cantato da Shakira, ai Maroon Five, stiamo parlando di cantanti internazionali oltre che italiani, come la Pausini e Tiziano Ferro. Il pubblico vive un'esperienza unica dal vivo, in una dimensione molto intima e unica nel suo genere in tutta Italia: un po' più di un unplugged e un po' meno di un concerto».

L'auditorium è unico nel suo genere, un'esperienza anche per l'artista.

«È molto particolare perché è l'unico al mondo in cui i pannelli che riflettono il suono sono in alluminio. Generalmente tutti gli auditorium sono fatti in legno per una questione qualitativa del suono. Questo invece è fatto in alluminio ed è un progetto speciale de La Sapienza che è stato fatto apposta per noi. Quando sei lì, sotto palco, ascolti come non l'hai mai sentita ed è veramente un'esperienza devastante. Sei talmente vicino al protagonista, all'artista, che potresti veramente toccarlo».

Avete deciso di invitare tre artisti italiani. Rispetto a qualche anno fa, ora la musica nazionale è tornata in cima alle nostre classifiche. come sta cambiando la musica italiana anche per i giovani?

«Diciamo che da un lato c'è un discorso di piattaforme, di com'è cambiato il modo di fruire della musica. C'è una quantità infinita di prodotti che trovano accesso in maniera molto più facile rispetto ad anni fa. Prima andavi in un negozio di dischi, li ascoltavi tutto il pomeriggio, poi te ne tornavi a casa con il disco sotto il braccio. Questo non avviene più, sul tuo telefonino hai accesso a una quantità di prodotti infinita. Sta scomparendo l'album se non per i grandi artisti che pubblicano il disco, che oggi non è altro che una raccolta dei vari singoli che hanno snocciolato nel corso dell'anno. Questo è cambiato, è diversa la fruizione della musica, ma anche la creazione della musica stessa. Poi, non meno importante, il fatto che forse proprio per la competizione che c'è tra artisti si vede un'enorme collaborazione tra tutti. I featuring oggi sono all'ordine del giorno. Se vuoi fare un pezzo pop che abbia però una parte con barra e rap, devi chiamare un altro. C'è una grande comunione in questo momento nel mondo della musica italiana, questo ha favorito lo sviluppo di tanti prodotti che potevano essere una volta di nicchia e che invece adesso trovano il loro spazio».

I più giovani hanno trovato spazio nel vostro canale RDSNext. Cosa vi ha fatto venire questa intuizione?

«L'intuizione nasce da un bisogno stesso dei ragazzi che non si riconoscono tutti nel mainstream, ma che hanno bisogno di un canale dove trovano esclusivamente i prodotti che a loro piacciono, che sconfinano anche in RDS che è la radio generalista del gruppo. Ma RDSNext è la radio che è stata fatta apposta per loro, con un linguaggio loro, quindi con i ragazzi giovanissimi che fanno i conduttori e che si formeranno e che forse un giorno saranno bravi e verranno nella radio generalista, RDS, ascoltata dal 15enne come dall'ottantenne che vuole rimanere un po' al passo con i tempi».

Lavorando con i più giovani di cosa vi siete accorti?

«Sono ragazzi senza rete, senza mediazioni, quello che pensano dicono, certe volte dicono anche delle s*******e perché è normale, perché sono veramente molto giovani, però questo è il bello di RDSNext, avere delle persone che non hanno l'impostazione né l'esperienza del conduttore ventennale. Sono tranquilli, sereni, quello che pensano dicono e sì, ovviamente i ragazzi si riconoscono in loro. RDSNext parla, suona esattamente come vorrebbero i ragazzi».

Poi rapportarsi con conduttori del mestiere da vent'anni magari farebbe anche un po' paura.

«Si, si è vero, però io proprio forte dell'esperienza che ho da Amici mi rendo conto che c'è un riconoscimento da parte dei ragazzi, un rapporto di grande stima. Sono sempre molto carini, sono sempre molto attenti a quello che dici poi fanno le loro considerazioni. Ma non ho mai visto l'atteggiamento di chi dice "questo ha fatto il suo tempo". No, questo atteggiamento non c'è, c'è più un approccio di studio, di accettazione di quello che dici e, giustamente, di valutazione».

Anche tu hai iniziato molto giovane, un po' per caso..

«Quando ho iniziato facevo anche io una radio per giovani, quella era RDSNext, nel senso che venivamo da un monopolio della RAI, quindi con conduttori veramente datati, che non si erano aggiornati. E quindi i ragazzi non potevano riconoscersi in quelli che erano programmi molto parlati, giornalistici, volevamo fare una radio diversa, all'epoca c'erano soltanto pochissimi programmi dedicati ai giovani ed erano solo le classifiche, non c'era altro. Quindi questa è stata la spinta di tanti come me, pionieri di quel mondo, parliamo del lontano 1975, quando sono nate le radio in Italia, che all'epoca si chiamavano "libere". Libere perché erano liberi dal monopolio della Rai, era un'altra cosa, era un altro mondo, ti portavi i tuoi dischi da casa, te li mettevi sotto braccio, parlavi a microfono e non l'avevi mai visto prima. Eravamo tutti amici, eravamo pochi, ispirati solo dai modelli americani che era la radio in cui ci riconoscevamo. Non esisteva internet quindi attingevamo all'amico, allo steward, all'hostess che andava in America, registrava o comprava una cassetta della radio americana e noi ci scopiazzavamo. Poi è nato l'Italian Style».

Tre consigli ai giovani che vogliono fare radio?

«Sicuramente consiglio di partire dalle web radio, per farsi le ossa, come noi ci siamo fatti le ossa nelle radio di quartiere. Imparate a parlare e a osservare il mondo, perché questo mestiere lo può fare solo chi è veramente curioso. Se tu non sei curioso, non cresci. La radio racconta quotidianamente il mondo a milioni di persone in Italia. Se tu non sei curioso, se ad esempio non hai il dono della sintesi e non sai capire che cosa i tuoi vogliono ascoltare, è un lavoro che non puoi fare. È un po' come un giornalista, è la stessa identica cosa, soltanto che parlato è molto diverso, perché un giornalista ha dei tempi di riflessione, scrive, cancella, ri-impagina, smonta e rimonta un pezzo cento volte. Noi siamo in diretta e quindi è un lavoro molto diverso ma costante. E poi devono avere l'entusiasmo. L'entusiasmo e capire che questa è una missione. Perché tu racconti il mondo alla gente, se non è una missione questa!».