"Esprimo poco delle emozioni, ma con la musica riesco a sublimarle. Faccio un piccolo escamotage e sfrutto questo che può sembrare un limite (forse lo è) per fare una canzone. Delle volte vorresti lasciarti andare di più, invece quello che alla fine succede è che rimani nella tua area". Il 29 marzo è uscito Togliatti Boulevard, il nuovo album di Clavdio, arrivato a qualche mese di distanza da Cuore, il singolo che come per magia ha fatto da magico spaccaclassifica suscitando curiosità del nuovo cucciolo di drago di Bomba Dischi, la stessa etichetta discografica di Calcutta e Franco126.

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Noi di Cosmo abbiamo incontrato Clavdio a Milano, per un pranzo-intervista, in cui il cantante, da Roma con furore, ci ha raccontato qualcosa di lui, che non riguarda solo la sua musica, ma anche la sua famiglia, la madre, il padre, la musica che ascoltava da adolescente e come l'amore sia un modo per parlare di disillusione. Quella che vale in generale nella vita. In Togliatti Boulevard c'è tutto questo, e va dalla geografia della città a quella del cuore "Sono nato a Centocelle, però ho vissuto ad Alessandrino, che è un quartiere confinante con Centocelle. C’è la Togliatti che divide: da una parte è Centocelle, dall’altra Alessandrino. Ho vissuto in mezzo tra le due zone: abitavo ad Alessandrino, ma le scuole le ho fatte a Centocelle, perché lì c’era tutto".

Claudio è un bellone: alto, slanciato, le gambe sottili di un fenicottero, con gli occhi sfuggenti di chi diffida, ma con quella carica di chi, quando comincia a raccontare qualcosa, ci prende gusto. Lo fa con una tranquillità scettica, di chi crede in quello che fa, e un po' ci scherza, quasi per paura che portando le illusioni in orbita, poi tutto si infranga sulla barriera dell'atmosfera terrestre. Del resto in Cuore alla fine la risata te la strappa con un verso di canzone e già lì gli vuoi bene.

E un cinese mi ha detto che sono un glande
Io mi sento più un coglione onestamente

Quando ascolti le canzoni del nuovo album di Clavdio, è come se una ventata dal passato ti afferrasse e ti trascinasse in un vortice di un tempo che però ti appartiene: ha una voce che sa di antico, c'è l'aria del cantautorato vecchio stile e parole che evocano immagini comuni per chi di anni ne ha poco più di 30 "Mio papà non c’è più dal 2014, era del 1934. Era di un’altra epoca. Mi ha raccontato, anche se io non l’ho mai visto, che suonava la fisarmonica nella banda del paese. Gli piaceva il liscio, andava per balere. Erano altri tempi. Lui ha sempre fatto l’operaio edile. Era un muratore e amava il suo lavoro. Mi raccontava che lo sognava quando si doveva fermare per problemi fisici. Mi diceva 'Stanotte facevo 2.000 metri quadrati de' pavimento'".

La prima musica che hai ascoltato da dove veniva? I tuoi genitori? La scuola?

"Non ti saprei dire da dove abbia preso le prime canzoni e i primi gruppi, e come mi sia capitato di sentirli. Ero io che portavo la musica a casa. Mio fratello e mia sorella sentivano altre cose. Di mia sorella ricordo i Cure, i The Cranberries. Forse da lì piano piano mi sono incuriosito e ho cominciato a sentire punk, punk- rock. Adesso sento di tutto, dagli Antony and the Johnsons agli Interpol. A scuola non circolava granché. Gli amici ascoltavano metal, anche pesante. Io al massimo i Metallica. La televisione, forse. Quando facevo le medie, c’era MTV, passavano anche le cose particolari, come i Blue Vertigo. Giravano ancora i Nirvana. A casa mia la musica si è sempre ascoltata. Mia madre, da Capo Verde, è sempre stata molto legata a quella, era il legame al posto in cui era nata".

A Capo Verde sei mai stato?

"No. L’anno in cui ho deciso che ci volevo andare, ci sono stati problemi lì. Sarei dovuto atterrare a Praia, che è la capitale, e da lì avrei dovuto fare degli spostamenti per arrivare dove c’era mia nonna, São Nicolau. Quell’anno c’erano problemi di collegamento tra le isole, ed è saltato tutto. Ho fatto altri viaggi, ma voglio andare. Sono rimasti lì parenti che non ho mai visto né conosciuto. Mi piacerebbe andare con mamma: devo ancora organizzare, ma vorrei farlo con lei. Lei ci è tornata 4 anni fa, dopo 31 anni. Ha qualche fratello e sorella, i genitori non ci sono più. I nonni alla fine non li ho mai conosciuti".

Intanto c'è la tua musica: come è nata Cuore?

"Cuore è nata su ispirazione, è stato il flash di un momento. Quando stavo spedendo i pezzi a Bomba Dischi, facevo l’elettricista e lavoravo di notte per sostituire gli impianti elettrici in una catena di negozi. Ero sempre in giro. Avevo mandato Cuore attraverso Facebook. Con loro che erano di Roma mi sentivo più tranquillo. Ho pensato: stanno qui, magari ci capiamo meglio. Era un modo per essere più a mio agio. E poi sapevo che erano bravi, che seguivano cantanti bravi".

Facevi l'elettricista quando hai mandato Cuore e ora fai l'operaio. Quanti lavori hai fatto mentre sognavi la musica?

"Adesso lavoro come metalmeccanico. Quando ho finito le superiori (NdR. ha fatto l’istituto d’arte sezione stampa, serigrafia e litografia), ho fatto 6 mesi di studi orientali in università e poi ho trovato lavoro in tipografia. Mi serviva un lavoro per pagarmi gli studi a Roma, soltanto che non riuscivo a fare tutto: musica, studiare, lavorare. Ho deciso di lasciare gli studi e ho continuato a lavorare per pagarmi la musica. Ho cominciato con la tipografia, è durata 7 anni, poi ha chiuso. Lì avevo fatto il primo disco da cantautore. Allora ho continuato con dei lavori da agenzia interinale. Poi ho fatto il trasportatore: viaggiavo con il mio furgone per portare imballaggi in giro per l'Italia. Ho anche lavorato nei call center, era comodo per suonare la sera. In generale ho sempre lavorato in funzione della musica. Avevo un obiettivo, e quindi non è mai stato così pesante".

Parliamo di Togliatti Boulevard: il pezzo a cui sei più affezionato?

Ogni pezzo ha un motivo diverso. A Cuore sono legato perché quell'ispirazione è stata una cosa forte. È stato come se fossi riuscito a trasmettere in musica quello che ho sentito la prima volta. Non era successo niente di particolare: ti balena qualche pensiero, magari malinconico, qualcosa che ti dà una scossa, non definita".

E poi?

"Sono affezionato anche a Suriname, perché mi rappresenta in breve: è sintetica, è ironica, quando canticchiavo il motivetto, mi divertivo. Il testo è nato perché mi immaginavo un dialogo con un po' di ignoranza di mezzo, quello in cui devi spiegare che in Suriname sono neri, ma sono olandesi. Fa ridere, ma c’è anche un significato".

In Serpenti sembra che tu abbia raccontato della tue paure. Quali sono?

Più che paure sono ostacoli, delle cose che devi superare di te stesso. Per me fare un’intervista, è superare qualcosa che non mi piace fare. Ma è giusto così. Serpenti è come se fosse la descrizione di un sogno, che non capisci neanche quando comincia, e tutto in questa canzone funziona per simboli".

I tuoi testi sono pieni di un amore malinconico.

"Quelle canzoni sembra che parlino d’amore, ma parlano di disillusione. Non ho pensato a un rapporto in cui io sono stato lasciato. Sono disilluso in generale, forse anche socialmente. Poi uso una metafora per parlarne, e qualche volta è una storia d'amore".

Come in Nacchere?

"Sì, mi sono ricordato di queste nacchere che erano appese a casa mia e mi chiedevo sempre perché fossero lì da così tanto tempo. Le aveva portate mia sorella di ritorno da un viaggio in Spagna con la scuola. Quella cosa mi ha ispirato una storia malinconica".

E, no, te lo diciamo a fine intervista, se pensi che queste storie d'amore malinconico abbiamo un appiglio biografico, sappi che Clavdio sul tema non ha sganciato parole. È uno che non ama esporsi troppo su certi temi, del resto, lo ha detto lui stesso "Esprimo poco delle emozioni". Tranne che in musica. E va benissimo così.

Togliatti Boulevard di Clavdio, la tracklist dell'album:

  1. Cuore
  2. Foto
  3. Le tue gambe
  4. Serpenti
  5. Tedesca
  6. Nacchere
  7. Suriname
  8. Amazon
  9. Ricordi