Camminiamo ogni giorno al fianco di centinaia di sconosciuti. Ci si passa affianco, ci si sfiora il braccio, alcune volte, nei momenti di massima distrazione, ci si scontra involontariamente. Di quelle persone non sappiamo nulla, non sappiamo cosa facciano nella vita, i loro gusti, le loro credenze. Lo stesso, però, non accade quando si incrocia per strada una donna musulmana praticante. La si riconosce subito per un semplice motivo: indossa l’hijab (il più delle volte). Qua tutto cambia: di quella persona che incrociamo sappiamo qualcosa, conosciamo il Dio in cui crede, sappiamo quale sia la sua religione. Tutto questo dà il diritto ad alcun* di avere un giudizio e di esprimere, di conseguenza, un pregiudizio. Le persone di religione musulmana più attaccate nei paesi occidentali sono le donne; loro, che manifestano il loro credo ogni giorno, rischiano di ricevere insulti e offese ingiustificatamente, ma non solo... davanti a questioni come il diritto al lavoro vengono messe davanti a una scelta: adeguarsi al mondo occidentale o non lavorare.

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Ecco, durante questo 2021 molti eventi in molte parti del mondo ci hanno fatto parlare di islamofobia: dalle leggi in Svizzera a quelle richieste in Francia fino alla tragedia che minuto dopo minuto scuote l’Afghanistan. Queste tematiche ci hanno posto davanti a una marea di quesiti e molte narrazioni nocive non hanno fatto che incrementare un livello di ignoranza islamofoba sempre maggiore. Per il nostro Dizionario dell’Inclusion non potevamo che parlare proprio di questo e lo abbiamo fatto con Aya Mohamed che su Instagram si chiama Milan Pyramid affianca la sua passione per la moda alla sua missione sociale: aumentare l’inclusività delle donne musulmane, informare e spiegare perché, provare compassione pensando che ci sia un obbligo dietro la scelta dell'uso dell'hijab, faccia parte di un tipo di narrazione tossica ed errata.

Aya, AKA Milan Pyramid, oltre a essere nostra ospite per il Dizionario dell'Inclusion, ha partecipato a una nostra diretta live su Instagram per ampliare ulteriormente una tematica che ha bisogno di sempre più spazio. La sua eleganza, la sua pacatezza e la sua totale disponibilità nel parlarci del suo credo, sono stati i punti chiave necessari per tentare di distruggere tutti quei pregiudizi che, negli anni, si sono creati attorno all'Islam. Perché una donna che porta il velo deve essere per forza simbolo di oppressione? "La pratica di portare il velo è di tipo spirituale e si vede in più religioni - ci racconta Aya - Spetta alla persona scegliere se intraprendere una decisione. Il Corano ci dice che non esiste nessun obbligo nella nostra religione, quindi è sbagliato obbligare una persona a fare qualcosa contro la propria volontà se si parla di religione".

La nostra discussione sull'Islam e sui tipi di violenze islamofobe sono proseguiti, non solo abbiamo raccontato cosa voglia dire scegliere di indossare il velo in Italia, ma anche come la religione islamica venga rappresentata attraverso la televisione. Aya ci ha esposto la sua visione riguardo a serie come Elite e Skam; ci ha raccontato del suo stupore davanti alla scoperta di come una produzione televisiva italiana si sia informata e abbia studiato una cultura diversa dalla classica occidentale per creare il personaggio di Sama (Skam Italia, ndr.), per esempio.

Aya ci ha aiutat* nel tentativo di abbattere molti stereotipi e forme di violenza; una discussione super stimolante che vi consigliamo di seguire. 🌸