Vi avevamo già parlato di schwa, così come dell’utilizzo del genere neutro e dell’importanza dei pronomi, questo è vero, ma la lotta a un linguaggio più inclusivo è ancora aperta e c’è chi, invece che sostenerla o trovare nuove soluzione, la distrugge e deride il pensiero di chi ha voglia di includere, in ogni discorso, tutte, ma proprio tutte, le persone. Vedo già dei sorrisi maliziosi, sì, proprio vostri, propri di coloro che di una rivoluzione linguistica non ne vogliono sentir parlare. Ma, armi a terra, proviamo a ragionare insieme su questa questione, proviamo a parlarne seriamente, senza farne dell’insulso umorismo.

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I media e tutt* coloro che si dedicano all’informazione hanno una grande responsabilità: informare, raccontare, ma soprattutto far sentire chiunque incluso in qualsiasi argomento. Nella scrittura è stata trovata una soluzione, prima veniva largamente utilizzato l’asterisco, ora lo schwa che, anche se vi pare ridicolo, vi spieghiamo perché dovrebbe essere preso in considerazione almeno da coloro che si dedicano a tematiche sociali e, appunto, inclusive. Qualche giorno fa, sulla prima pagina del Corriere della Sera, Aldo Grasso ha parlato proprio di schwa, ritenendola una soluzione poco forte dal punto di vista verbale e orale. “La schwa - scrive - non si trova nella testina del computer né rientra nei suoni dell’italiano, è un artificio. E come tale sarà sottoposto alla dura legge dell'uso”.

La lingua italiana è meravigliosa, ci delizia della sua grammatica, delle sue regole e del suo rigoglioso dizionario e vi chiederete, perché modificarla? All’interno della nostra lingua manca l’uso del genere neutro, di un neutro proprio del termine che possa indicare persone di cui non ci dovrebbe importare l’identità di genere. C’è chi è scettico perché chi ha deciso di parlare - o almeno scrivere - in modo inclusivo ha optato per una misura tronca delle parole declinate per evitare che prevaricasse il maschile plurale. La parola tronca è stata completata, negli anni, da diversi simboli, i più usati: l’asterisco e, appunto, lo schwa, la “e” rovesciata.

Quello che si chiede non è un nuovo alfabeto con l’ingresso ufficiale dello schwa tra le lettere ufficiali utilizzate dagli italiani, ma una riflessione alla consapevolezza della nostra lingua. Senza farne dell’umorismo. Ricordiamo che la lingua italiana, nella storia, ha subito numerose evoluzioni: per esempio risale alla terza edizione del vocabolario della Crusca, del 1961, la legittimazione dell’”h”. Tra coloro che sostenevano la tesi vi era anche Ariosto: “Chi leva la H all'huomo non si conosce huomo, e chi la leva all'honore non è degno di honore".

Un'evoluzione non è impensabile, ma prima che la lingua si modifichi, è necessaria l’evoluzione della società stessa. Un’evoluzione concreta e coerente. Quindi, quale nesso avranno secondo voi le notizie di omofobia sulla modifica della lingua italiana? Immense. Quando si arriverà a vivere in un paese privo di attacchi di questo tipo, si arriverà anche a una consapevolezza della necessità di una lingua inclusiva. Così è stato anche per la declinazione al femminile di alcune professioni, cosa che alcuni anni fa sarebbe stata improbabile e impensabile. Oggi la donna, in Italia, è emancipata e, per lo più, consapevole dei propri diritti. Il tempo è prezioso per comprendere e far proprio un mondo migliore.