Signore e signori abbiamo l'assegno unico universale per i figli a carico. Detta così può sembrare qualcosa di completamente astratto, lo so, ma si tratta in realtà di un provvedimento concreto e fondamentale per le famiglie. Ecco perché è davvero importante fare chiarezza. Iniziamo col dire che il Senato ha approvato ieri una legge che delega il governo italiano a istituire questa forma di sostegno alle famiglie e che il premier Mario Draghi aveva promesso che gli assegni sarebbero stati erogati già dal prossimo luglio. Sarà così? Non è facile dirlo visto che, anche se ora che abbiamo la legge, sono comunque necessari dei passaggi ulteriori, dai decreti attuativi allo stanziamento dei fondi. L'assegno però arriverà ed è questo l'importante. Ma proviamo a capire di cosa si tratta più nel dettaglio.

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In base a questa legge le famiglie riceveranno dallo Stato un assegno il cui valore, secondo le stime, dovrebbe variare tra i 50 e i 250 euro mensili per ciascun figlio a partire dal settimo mese di gravidanza fino ai 18 anni di età (ma con proroga fino ai 21). Per ottenerlo, come spiega Il Post, sarà necessario avere la cittadinanza italiana o essere cittadini extracomunitari dotati di permesso di soggiorno, oltre che risiedere in Italia e pagare le tasse nel Paese. Il pagamento avverrà sotto forma di credito d’imposta o di denaro e sono previste delle maggiorazioni per chi ha figli con disabilità. Fin qui tutto chiaro, ma perché si chiama assegno "unico" e "universale"? In effetti non si tratta di dettagli da poco: l'assegno è chiamato "unico" perché andrà a sostituire tutte le attuali forme di sostegno riconosciute alle famiglie con figli (ad esempio le detrazioni IRPEF, il cosiddetto "bonus bebè" e l’assegno per il terzo figlio) ed è definito "universale" perché sarà valido per tutti a prescindere dal reddito (anche se, in realtà, l’importo varierà in base alle dichiarazioni ISEE), e dalla condizione lavorativa (andrà ai lavoratori dipendenti, autonomi e disoccupati).

Qualche perplessità finora è stata sollevata sui fondi per sostenere l'iniziativa. Il nuovo assegno, infatti, dovrebbe essere garantito da un fondo di 15 miliardi stanziato nel 2019 e rifinanziato dall’ultima legge di bilancio con 3 miliardi di euro per il 2021 e con 5 miliardi per il 2022. Secondo una simulazione del Gruppo di lavoro Arel/Feg/Alleanza per l’infanzia, però, occorrerebbero almeno 800 milioni in più per non penalizzare nessuno altrimenti, con le cifre attuali, finirebbero per essere sfavoriti i lavoratori dipendenti che perderebbero in media 381 euro all’anno rispetto a oggi. "È chiaro che dovremo aggiungerli", ha fortunatamente rassicurato il deputato PD Stefano Lepri, "nessuno deve rimetterci, mentre la grandissima parte delle famiglie avrà vantaggi".

La ministra delle Pari Opportunità Bonetti ha accolto con grande ottimismo questo provvedimento spiegando a Repubblica che "Uno degli elementi chiave della denatalità nel nostro Paese è la correlazione tra la libertà delle donne di poter progettare la loro vita e il pieno accesso al mondo del lavoro, anche integrandolo con l'esperienza della maternità". L'assegno unico, secondo la ministra, servirà, tra le altre cose, a migliorare la condizione lavorativa delle donne, ma il problema della disoccupazione femminile (acuito dalla pandemia) non esiste - come sappiamo - solo in relazione alla famiglia. Certo, un sistema di welfare funzionante a sostegno del lavoro di cura, così come una migliore distribuzione delle responsabilità familiari (ad esempio tramite il congedo parentale paritario) sono cruciali, ma si tratta di un problema pervasivo che deve includere politiche ad ampio raggio che vadano ad agire sul mercato del lavoro. Bonetti comunque sembra consapevole della gravità della situazione: "Se ci limitassimo solo all'assegno sbaglieremmo di nuovo strategia", ha spiegato infatti, "Nel Family Act sono previste la revisione dei congedi parentali per garantirli a tutti i lavoratori, autonomi inclusi; incentivi al lavoro femminile; decontribuzione di quello domestico; possibilità di rendere meno costoso per le imprese assumere le donne". Speriamo si stia finalmente prendendo la direzione giusta.