Vi ricordate quando ha iniziato a circolare il video di George Floyd? Quando le proteste Black Lives Matter sono scoppiate in tutto il mondo? Quando si è cominciato a parlare anche a livello mainstream e anche qui in Italia di "razzismo sistemico"? Ecco, c'era però sempre la sensazione che si stessa parlando di qualcosa che esisteva negli Stati Uniti e che con l'Italia aveva poco a che fare. "Qui da noi certe cose non succedono", si sentiva (e si sente) dire, ma ne siamo così sicuri? In Italia il razzismo esiste assieme a un passato coloniale che viene spesso dato per scontato e "normalizzato". Il punto è che tendiamo ancora a minimizzare e a silenziare le voci di chi vive ogni giorno discriminazioni sulla propria pelle. Abbiamo provato a fare il punto su cosa si intende per "razzismo sistemico" nel nostro Dizionario dell'Inclusion, ne abbiamo parlato con l'attivista e studentessa di Giurisprudenza Victoria Oluboyo e abbiamo cercato di metterlo in relazione al nostro Paese. Ripartiamo da qui.

Ciao Victoria, ci spieghi che cosa si intende esattamente per razzismo sistemico? Pensi che il concetto stia iniziando a entrare anche nel dibattito italiano?

Per razzismo sistemico s’intende il razzismo istituzionale, un razzismo che è presente a livello normativo all’interno di una società. In Italia il razzismo sistemico si manifesta tramite la negazione del riconoscimento della cittadinanza italiana a figli di immigrati inserendo vincoli difficili da superare, normative migratorie fallaci volte a creare tensioni sociali, rischio di subire gravi abusi di potere nel momento in cui ci si trova di fronte a forze dell’ordine per un controllo di routine e la difficoltà d’accesso a finanziamenti e mutui. Il discorso sul razzismo ha iniziato ed essere affrontato l’anno scorso con la morte di George Floyd negli Stati Uniti e l’inizio delle proteste Black Lives Matter che sono arrivate oltreoceano in tutto il mondo, anche qui in Italia. Le varie manifestazioni sono state partecipate e tante sono state le persone a prendere parola, ma ad un anno da quei fatti purtroppo nulla è cambiato. Un’analisi radicata sulle ragioni che spingono l’Italia ad essere un paese fortemente razzista, sessista, omobilesbotransfobico e islamafobo non viene mai affrontata. Purtroppo è un concetto che fatica ad entrare nel dibattito pubblico perché si tende a semplificare il discorso, non basta chiamare il migrante di turno o la persona nera di turno per parlare di razzismo.

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Courtesy Photo Victoria Oluboyo

È necessario decostruire il fenomeno, capire le sue radici, vedere come sia presente a livello istituzionale e quali siano le persone che continuano a fomentarlo anche inconsciamente. È fondamentale anche inserire all’interno del discorso tutti coloro che si ritengono paladini antirazzisti.

Il privilegio bianco fa credere che un problema non esiste solo perché non tocca le persone in questione

Da anni per combattere il razzismo vige il concetto di dire “SIAMO TUTTI UGUALI”, basandosi sulla classificazione che ogni individuo sia uguale agli altri. Nella lotta al razzismo si tende a semplificare tutte le differenze con un unico filtro, cioè l’ideologia definita "colorblindness", ovvero una forma di razzismo con il quale si negano le differenze culturali che spesso mettono le persone a disagio. Capire di essere in una posizione avvantaggiata e dominante è difficile da accettare per gli italiani. Invece di affrontare il problema, lo si ignora. Il privilegio bianco fa credere che un problema non esiste solo perché non tocca le persone in questione. Di conseguenza affermare che siamo tutti uguali non è assolutamente vero, perché nel corso della vita ogni minoranza si imbatte in problematiche e paure che sono fondamentalmente non conosciute dalle altre persone. Basarsi quindi solamente sulla difesa dei diritti altrui dicendo che apparteniamo tutti alla stessa razza, quella umana, non sono è inutile ma anche deleterio.

Un’analisi radicata sulle ragioni che spingono l’Italia ad essere un paese fortemente razzista, sessista, omobilesbotransfobico e islamafobo non viene mai affrontata

Raccontaci come hai iniziato a fare attivismo online...Cosa significa per te?

E’ importante partire dal presupposto che fare attivismo vuol dire impegnarsi quotidianamente, tutti i giorni per fare un’azione concreta per migliorare alcune situazioni che non ci stanno bene, di conseguenza l’attivismo online non può essere considerato vero attivismo se nella vita “reale”, ovvero fuori dai social non viene strutturato e fatto un piano d’azione per un cambiamento che parta dal basso. Ho iniziato a fare attivismo perché la società nella quale viviamo mi ha portata a non accettare più tutto quello che dovevo subire. Ciò che faccio sui social è divulgazione, far comprendere agli altri non tanto il mio punto di vista, ma le condizioni sociali nelle quali le persone marginalizzate all’interno della nostra società devono vivere.

Perché secondo te gli italiani continuano a sostenere che, a differenza degli Stati Uniti qui “il razzismo non c’è”?

Il razzismo in Italia è presente, è solo difficile da affrontare e da accettare per gli aspiranti antirazzisti. Il fatto che non uccidano una persona razzializzata ogni giorno e costantemente, non vuol dire che non sia presente. Ogni Paese eurocentrico ha forme discriminatorie diversificate, per questo motivo il razzismo statunitense può considerarsi diverso. In Italia è fondamentale unire il concetto di razzismo e quello di classismo perché forme oppressive vengono spesso esercitate su chi si trova in una condizione sociale ed economica debole. I media fomentano questo odio verso determinate persone, facendole considerare il capro espiatorio di tutti i problemi del Paese senza capire che in realtà sono pedine di un sistema più grande di loro.

A questo proposito cosa ne pensi della polemica sugli Europei di calcio?

Solidarizzare con il movimento “Black Lives Matter” e affermare che queste vite contano significa combattere per i diritti umani e difendere le persone, non capirlo e ribadire che è una lotta che non appartiene alla Nazionale significa ribadire quanto non si capisca la gravità del problema. Non basta inginocchiarsi certo, quello è un simbolo, ma significherebbe manifestare interesse verso italiani neri e non che subiscono gravi forme discriminatorie e micro-aggressioni in Italia quotidianamente.

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Che cosa si intende invece per “razzismo interiorizzato”? Come possiamo combatterlo?

Il razzismo interiorizzato è una forma di oppressione interiorizzata, la sua definizione si è avuta grazie alla sociologa Karen D. Pyke. Nei suoi studi sulla psicologia del razzismo ha sempre sottolineato come il razzismo interiorizzato sia l’accettazione conscia e inconscia di una gerarchia razziale nella quale le persone bianche vengono considerate superiori o migliori alle persone nere. Questo razzismo è fortemente deleterio per la propria persona perché non solo porta ad odiare il proprio colore di pelle ma anche a credere e supportare i costrutti sociali e stereotipi negativi che generalmente riguardano le persone razzializzate, inoltre porta a supportare e negare l’esistenza del razzismo.

Le cause di questa forma di razzismo sono dovute principalmente alle società europee in cui è fortemente presente un pregiudizio razziale all’interno della politica, delle istituzioni e nella cultura popolare. Pertanto è difficile per le minoranze evitare di assorbire i messaggi razzisti che li bombardano costantemente - per essere accettati assumono un comportamento e un ideologia da suprematista bianco che si traduce in un vero senso di odio verso il proprio gruppo etnico. Le minoranze che soffrono di razzismo interiorizzato, ad esempio, possono detestare le caratteristiche fisiche che le rendono razzialmente distinte come il colore della pelle, la struttura dei capelli o la forma degli occhi. Altri possono stereotipare quelli del loro gruppo razziale e rifiutarsi di associarsi a loro, alcuni ancora si identificano come persone bianche. Nel complesso, le minoranze che soffrono di razzismo interiorizzato credono che le persone bianche siano superiori. Combatterlo è possibile ma penso sia un viaggio personale. È necessario fare i conti con quello che la società vuole che tu sia e quello che vuoi essere tu.

Secondo la tua esperienza, in che modo sessismo e razzismo sono collegati? Questo in che modo influenza il tuo essere femminista?

Sessismo e razzismo sono strettamente collegati quando si tratta di una donna nera, come omofobia, razzismo e sessismo sono strettamente collegati quando si parla di una donna nera facente parte della comunità LGBTQIA+. L’attivista e avvocata per i diritti civili Kimberlè Crenshaw in un articolo denominato: “Demarginalizing the intersection of race and sex: a black critique of antidiscrimination doctrine, feminist theory, and antiracst politics”, ha mostrato come la discriminazione venga considerata in compartimenti stagni: se sei donna subisci sessismo, se sei una persona nera razzismo, ma cosa succede se sei donna e nera? Subirai un intersezione oppressiva, una violenza binaria che fa vivere al crocevia tra razzismo e violenza di genere.

È difficile per le minoranze evitare di assorbire i messaggi razzisti che li bombardano costantemente

Violenza e discriminazione che non trova tutele nel movimento femminista puramente bianco e neanche nella lotta per i diritti civile che troppo spesso non prende in considerazione i problemi legati al genere. L'intersezionalità afferma che le concettualizzazioni classiche dell'oppressione nella società – come il razzismo, il sessismo, l'abilismo, l’omobilesbotransfobia, la xenofobia e tutti i pregiudizi basati sull'intolleranza – non agiscono in modo indipendente, bensì che queste forme di esclusione sono interconnesse e creano un sistema di oppressione che rispecchia l'intersezione di molteplici forme di discriminazione. È importante pertanto che sia presente un femminismo intersezionale che tuteli realmente tutte le donne e non semplicemente le istanze di alcune, che porti a livello istituzionale e a livello normativo tutte avanti. Un femminismo pertanto realmente inclusvio, un femminismo di cui io faccio parte.

A tuo avviso di cosa avremmo bisogno in questo momento in Italia per combattere meglio il razzismo?

Coinvolgere le minoranze nei processi decisionali, economici e istituzionali. La parola d’ordine è il coinvolgimento.

È importante pertanto che sia presente un femminismo intersezionale che tuteli realmente tutte le donne e non semplicemente le istanze di alcune, che porti a livello istituzionale e a livello normativo tutte avanti